•Capitolo 39•

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La faccenda di mio padre e del tradimento era passata in secondo piano adesso. Erano trascorsi due giorni da quando la mia vita era cambiata drasticamente. Mi ero chiusa in casa, non volendone sapere di uscire. Ero sicura che la mamma mi avrebbe obbligata a farlo prendendomi anche a calci nel sedere, se solo non stesse uno schifo almeno quanto me. Era incredibile come un bel castello potesse crollare da un momento all'altro, senza alcun preavviso. Continuavo a torturarmi, ripetendo a me stessa che avrei dovuto parlare ad Andrew non appena era successo tutto. La mia mente era piena di se.

Se glielo avessi detto prima, se non fossi stata così stupida, se fossi andata a casa sua?

Papà aveva cercato di telefonarmi, ma io non gli avevo mai risposto. Un parte di me avrebbe voluto farlo. Proprio perché la medesima parte sperava che non fosse vero quello che aveva fatto a noi, alla sua famiglia, invece l'altra sapeva che era proprio così che erano andate le cose e preferiva nascondersi dietro a delle chiamate senza risposta. Adesso rispondergli sarebbe stato come tradire la mamma, quindi era fuori discussione. Maddy sarebbe rimasta dai nonni per un paio di giorni, almeno fino a quando le acque non si sarebbero calmate. Avrei voluto essere piccola anch'io e non sapere. Spesso la consapevolezza colpiva molto più di una verità nascosta. Ad un certo punto, però crescere era necessario. Proprio con quel pensiero mi tirai su svogliatamente dalla sedia di fronte alla mia scrivania e andai al piano di sotto per preparare qualcosa da mangiare, visto che si era fatta ora di cena.

Sia io che mamma stavamo soffrendo, ma nel mio caso era colpa mia, quindi un pochino me lo meritavo. Anche se non avrei mai augurato questo tipo di malessere a nessuno. Mi sentivo persa, in balia di me stessa e dei miei errori stupidi. Perché erano molto stupidi. Come era stato molto stupido da parte mia non spiegare a Andrew che Jebediah mi aveva baciata. Forse negli ultimi due giorni lui aveva fatto un po' di chiarezza e si era reso conto che io non lo avevo realmente baciato. In fondo doveva saperlo, ma lui era così: impulsivo. Proprio come la reazione che aveva avuto. La stessa che mi aveva ferita profondamente.

Anche Jebediah mi aveva telefonata, ma non me l'ero sentita di rispondere. Avrebbe potuto risparmiarsi quel commento, evitando una catastrofe di proporzioni epiche. Magari a breve gliene avrei parlato io a Andrew di quello che era successo. Inoltre, continuavo a chiedermi cosa intendesse Jebediah con le frasi che aveva rivolto a Drew. Sembrava proprio che si conoscessero. Era possibile che Andrew avesse a che fare con il gruppo di bulli di cui mi aveva parlato Jebediah tempo prima? Gli stessi che lo avevano torturato?

Scuotendo il capo affranta, scesi le scale lentamente, con agonia. In cucina si sentiva soltanto lo scoccare delle lancette dell'orologio appeso alla parete. Aprii un cassetto e tirai fuori la tovaglia per apparecchiare.

Anche Savannah era passata a trovarmi. Di Jason e Roy nessuna traccia, invece. Era comprensibile. Roy non viveva bene tutta la situazione da tempo, mentre Jason doveva avercela con me. Quando avevo chiesto sue notizie a Sav, si era convertita fin troppo velocemente al mutismo. Era chiaro che nemmeno Jase mi credesse.

Oh, questo sì che era deprimente.

Anche Raegan aveva cercato di contattarmi. Ma non le avevo risposto. Perché? Perché temevo di avere perso anche la sua fiducia. E questo avrebbe fatto troppo male. Non sarei stata in grado di sopportarlo. Dovevo parlare con Andrew. E in fretta.

Finii di prepare la tavola, cucinai una frittata e andai di sopra per dire a mamma che era pronto. A tavola parlammo di tutto fuorché dei problemi che affliggevano entrambe. Era doloroso vederla stare tanto male. Aveva deciso di lasciare il suo lavoro. Era stata la segretaria di papà per anni e adesso era più che comprensibile che non volesse più vederlo.

The bad boy's loveWhere stories live. Discover now