•Capitolo 52•

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Andrew.

Con il fiato corto attraversai di corsa il corridoio fuori dalla palestra che mi ero appena lasciato alle spalle. La suola delle mie scarpe sportive stridette contro il pavimento quando fermai i miei passi colpo. Il pubblico che mi voleva là dentro, il coach e il talent scout potevano farsi fottere. Spalancai la porta a due battenti, preoccupato come non mi ero mai sentito prima d'ora e uscii all'aria aperta. Ero sudato e senza maglietta, ma avvertii a stento l'aria gelida che mi aveva investito. Tutto quello a cui riuscivo a pensare in quel momento si riduceva a Kimberly e Eliot. Un brutto presentimento aveva cominciato ad annidarsi dentro il mio stomaco da quando per tutto il primo tempo non si era fatta viva sugli spalti e con lei mio nipote. Inizialmente avevo pensato che fosse perché ce l'aveva a morte con me per la faccenda di Maya e non gliene avrei di certo fatto una colpa. Appena avevo scorso Savannah che prendeva l'uscita, infatti mi ero tranquillizzato. Almeno fino a quando non mi aveva guardato scuotendo il capo. Sapevo cosa significasse. Kimberly non era lì. E nemmeno Eliot. E io dovevo trovarli. Feci per dirigermi all'auto, fregandomene del fatto che avessi lasciato le mie cose nello spogliatoio. Mi sarebbero bastate le cazzo di chiavi che avevo in tasca.

"Cosa diamine...?" Mormorai, fermandomi bruscamente nel notare un oggetto metallico dalla forma rettangolare sulla ghiaia ai miei piedi. Mi abbassai a raccoglierlo, la fronte aggrottata e un peso che mi gravava sul petto che non faceva altro che aumentare di secondo in secondo.

Era un cellulare. Il cellulare di... Oh, cazzo no. Deglutendo a vuoto lo voltai e lo sbloccai, pregando con tutto il mio fottuto e schifosissimo cuore che non fosse come pensavo. Invece, mi si bloccò in pieno petto quando vidi una foto di Maddison, sua sorella, sullo sfondo. Barcollai per lo sconcerto. Le mani presero a tremarmi senza freni. Mi venne voglia di scomparire o di prendermi a pugni come un sacco da boxe. Non era un buon segno, affatto. Quante possibilità c'erano che le fosse caduto e avesse semplicemente deciso di andarsene via con Eliot senza dire niente a nessuno? Bassissime, conoscendola. Mi aggrappai comunque a quella possibilità perché non ero in grado di fare altrimenti. Kimberly stava bene e Eliot...Anche lui stava alla grande. La persona che mi minacciava mi aveva detto che se le fossi stata alla larga non sarebbe accaduto niente di male a nessuno. E io mi ero attenuto alle sue istruzioni. Ne avevo parlato soltanto con Laurel, per aiutarmi ad indagare...Ma se chiunque fosse, lo avesse scoperto?

Non volevo neanche pensarci. Scossi il capo, ripetendomi che andava tutto bene. Mi affrettai a cercare nella rubrica del cellulare il numero della madre e le telefonai per accertarmi che fosse a casa e che si fosse portata con sè anche Eliot. Premetti con il dito tremante il tasto di chiamata. Rispose al terzo squillo.

"Pronto, tesoro." Disse, facendomi subito presumere che non fosse con lei.

Poteva essere fuori casa, magari a mangiarsi un gelato. Eliot lo adorava. Quel pensiero mi risollevò un pochino il morale. Il cellulare poteva esserle benissimo caduto dalla tasca, giusto?

Agitato, mi passai una mano tra i capelli umidi, cercando di non fare trapelare la mia voce preoccupata. "Sono Andrew." Pregai che mi dicesse dove potesse essere. "Volevo chiedere se Kimberly si è fatta sentire, non... riesco a trovarla da nessuna parte."

Sentendo dei passi alle mie spalle, mi voltai. Jason, Roy, Savannah e quel tizio che era con lei e che non avevo mai visto prima d'ora mi avevano raggiunto e sembravano stravolti. Quasi quanto me.

"Come?" Ribattè lei, chiaramente preoccupata. "Non..Non mi risponde al cellulare, ma Savannah mi aveva rassicurata dicendomi che sarebbe rimasta con lei in questi giorni e fino a poche ore fa lo era."

Mi accigliai. Perché sarebbe dovuta rimanere da Savannah?

"D'accordo, grazie." Mi mancò l'aria dai polmoni al solo pensiero che potesse seriamente trovarsi in pericolo. Cercai di apparire il più calmo possibile, anche se il panico mi serrava la gola. "Chiederò...A lei, allora." Conclusi con voce gutturale, lo sguardo perso nel vuoto.

The bad boy's loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora