Il Fiore e l'Artiglio + Versi...

CactusdiFuoco द्वारा

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[STORIA COMPLETA] Mark McWoodland è un giovane contadino che per sbarcare il lunario aiuta l'impresario di po... अधिक

Prologo: 1968
PARTE PRIMA
1. 1980 - Città
2. 1980 - Campagna
3. Parlando di cani
4. La maledizione dell'ultimogenito
5. Passi di topo
6. Il mangiacalzini
7. Per noia
8. "Vendrá a ver al hombre muerto"
9. Con i morti e con i tuoi pensieri
10. L'inizio della guerra
11. Con la testa in mano al boss
12. Te ne sei accorto, ragazzo?
13. Il rospo equivoco
14. Scambio epistolare (parte prima)
15. Scambio epistolare (parte seconda)
16. Summer Spring
17. Burubullone
18. La forza di una sanguisuga
PARTE SECONDA
19. Scambio epistolare (parte terza)
20. Una lettera mai spedita
21. Il ritorno
22. Che razza di sogni, bambina mia
23. Denti
25. Istruzioni per contrabbandare droga
26. La scoperta del boss
27. Le aquile
28. Guardare in faccia i problemi
29. Al lavoro in fattoria!
30. Un pericoloso ospite inatteso
31. Mark contro tutti
32. Catturato
33. La tortura
34. Salvataggio
35. Un solo bacio
36. La telefonata
37. Giocare al gioco
38. La notte e l'Italia
39. Le parole dei poliziotti
40. Andrà tutto bene
41. Un accordo oscuro
PARTE TERZA
42. Golden killer
43. Odori
44. Scambio epistolare (parte terza)
45. Lingua ruvida
46. L'ultima lettera
47. Ultimi attimi prima della libertà
48. Belle sorprese
Epilogo
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24. Una piccola rivelazione

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CactusdiFuoco द्वारा

Subito dopo riconobbe che quel pensiero era morboso e stupido, quindi fischiò per fare avvicinare Mr. Jack e Buffette.

«Si torna verso casa!» Gridò, poi si rivolse a Sara «Ma senza fretta».

Sara spronò delicatamente il suo cavallo e lo diresse con una mano alla base del collo, facendo schioccare la lingua. Si era arrotolata le maniche della camicia e Mark non riuscì a fare a meno di ammirare gli avambracci sodi e robusti, asciutti, e il luccichio leggero della pelle sudata. Stare a cavallo non era riposante come molti "profani" credevano, ma richiedeva un uso solido e continuato dei muscoli delle gambe, degli addominali e della schiena, motivo per cui Mark aveva conosciuto ben più d'una persona che iniziava a lamentarsi della scomodità dopo neanche un'ora di cavalcata. E dire che si trattava persino di monta western, con un'ampia sella adatta al lavoro, e non di quella inglese!
Sara, invece, non si era lamentata una sola volta, sorrideva guardandosi intorno, come se il mondo intero fosse fatto di caramelle, e non richiedeva alcun aiuto per far spostare il suo cavallo. Guardava e assimilava, quasi non proferiva parola.

Annusava l'aria, come un animale, e sembrava attenta ad ogni variazione di effluvi e profumi, così come pareva che ciascuno di essi, indipendentemente se fosse il sudore della mandria o la nettarina fragranza dei fiori, la interessasse nello stesso modo.

Quando ritornarono, lei lo aiutò a togliere la bardatura ai cavalli e a riporla, infaticabile, e gli diede anche una mano a preparare da mangiare per i cani.

Rientrarono in casa e Mark fece per posare il cappello sull'appendiabiti, ma lei glielo rubò, veloce come un serpente.

«Mi avevi detto che me ne avresti fatto avere uno uguale» Lo redarguì giocosamente

«Non conosco la misura della tua testa» si difese lui, cercando di riacchiappare il cappello «Come avrei dovuto fare?»

«Me ne farai fare uno?»

«Può darsi...»

«Ma avevi detto che mi av-»

«Tanto rimani solo una settimana» la interruppe lui, burbero, riuscendo finalmente a riacchiappare l'oggetto rubato «A che ti serve?».

Sara stava per ribattere quando sentì qualcuno avvicinarsi.

«Hey! Ciao, cuginetta!» Esclamò Timothy «Che bella sorpresa!».

Al contrario di suo fratello, era diventato un po' più grasso ma sembrava più giovane, come se le rotondità avessero disteso le rughe e allontanato ogni aria di preoccupazione dal suo volto. I capelli rossi erano sempre cortissimi e ordinati, la barba ben rasata: sembrava il fratello minore di Mark, non il maggiore.

Lei lo salutò con la mano, fermando il suo tentativo di abbracciarla.

«Ciao, Tim. Che piacere vederti! Non ti aveva detto niente tuo fratello?»

«Mio fratello non parla quasi mai. Da quando papà se n'è andato è diventato muto come una tomba».
Come a dargli ragione, Mark non replicò, ma rimase immobile come una statua a guardarli dall'alto.

«Lo vedi?» Continuò Timothy «Sta sempre zitto»

«Con me parla. Non molto, devo ammetterlo, ma qualche frase la dice»

«Davvero?»

«Già»

«Beh, magari tu puoi salvarlo. Picchia sul ferro finché è caldo»

«Lo picchierò con un martello da fabbro, allora, appena ne troverò uno».

Mark rise piano e Timothy lo guardò come se fosse impazzito.

«È un po' matto, d'accordo» Commentò Sara, stringendosi nelle spalle «Ma non è colpa sua. E poi qualunque ragazzo vorrebbe essere picchiato da me»

«Beh, non io!» esclamò Timothy, alzando le braccia e scuotendo la testa, divertito

«In fondo in fondo anche tu vorresti»

«Non ci penso neanche! Soprattutto, non con un martello da fabbro! Tu fai queste cose al tuo ragazzo?»

«Una volta gli ho rotto uno zigomo» lei sogghignò «E posso assicurarti che gli è piaciuto».

Timothy si infilò i mignoli nelle orecchie, girò sui tacchi e si allontanò dicendo ad alta voce «Non ho sentito niente e non voglio sentire niente di questa roba».

Mark rise di nuovo, con un timbro vischioso, profondo, in qualche modo oscuro.

«Oh, lo trovi buffo?» Gli domandò Sara, poggiandosi una mano su un fianco

«Pensare che hai spaccato la faccia a Maverick...» mormorò lui, abbassando il testone «... Forse piace più a me che a lui».

Sara lo guardò in faccia, aggrottando le sopracciglia. Mark era un ragazzo eccezionalmente buono, da quello che ricordava lei, ma il compiacimento che sprizzava come scintille dai suoi occhi sembrava quasi inquietante. Voleva che lei facesse del male a Richard?

«Lo sai, Mark» Disse all'improvviso, cambiando discorso «Il mio ragazzo è un licantropo».

McWoodland non disse niente, ma il cupo compiacimento, quasi sanguinario, nel suo sguardo si acuì. Era come se l'idea che lei avesse fatto del male a un uomo lupo lo elettrizzasse.

«Davvero» Continuò Sara «Lo so che sembra assurdo, ma è vero».

Nessuna risposta.

«Può sembrare una cosa pazza, no? I licantropi non esistono, bla bla... tu mi credi, vero?».

Ancora nessuna risposta, solo quello sguardo vischioso, da killer. Sara lo interpretò erroneamente come un'educata incredulità, perché non riusciva a pensare a nessun altro sentimento capace di far tacere in quel modo una persona.

«Lo capisco, Mark. Hai le tue buone ragioni per non credermi, ovviamente, e io non ho le prove per dimostrartelo qui, così su due piedi. Non sto scherzando, comunque. Sai perché te l'ho detto?».

McWoodland scosse lentamente la testa.

«Te l'ho detto perché non voglio che tu provi a fare quello che ho fatto io. Rompergli uno zigomo o qualcosa del genere, intendo... no, perché sembra un sacco che tu lo voglia fare... ma Richard ti spezzerebbe in due come un bastoncino e con le tue ossa si ci pulirebbe i denti. Letteralmente».

Mark distolse lo sguardo, ridendo piano dietro i denti, con le labbra serrate.

«Non mi credi? Bene, non credermi!» Esclamò Sara, incrociando le braccia «Hai il diritto di non credere alle cose assurde che ti dice la gente. Però devi promettermi che non cercherai mai di batterti contro di lui»

«No» mormorò Mark, iniziando a camminare verso la cucina

«No?» Sara lo seguì «Come sarebbe a dire no?»

«Non prometto»

«Non... non prometti? Mark, ascolta, Richard sarebbe già un pericolo enorme se fosse completamente umano, un pericolo come tu non ne hai mai visti. Non ha pietà, non ha un cuore, ma in compenso ha talmente tanti tirapiedi che potrebbero inseguirti fino in cima al mondo e farti a pezzi. Ma non è umano, non puoi farcela contro di lui neanche uno contro uno, neanche se foste soli voi due e lui non fosse armato. L'unica speranza che avresti è quella di ferirlo con l'argento, che è l'unica cosa che impedisce la sua rigenerazione».

In silenzio, Mark si accostò al piano di lavoro della cucina e si lavò le mani, usando abbondante sapone, rimanendo in silenzio a guardare la schiuma che gli ricopriva i calli e i vecchi tagli. Avrebbe voluto rispondere che le credeva, che sapeva tutto sui licantropi, avrebbe voluto raccontarle di chi era davvero, ma non riusciva a permettere che le parole lasciassero le sue labbra. Scosse la testa e iniziò a trafficare con le pentole, riempiendone una d'acqua dopo averla brevemente sciacquata.

«Mark...» Disse dolcemente Sara «Dì qualcosa»

«Cosa vuoi mangiare per pranzo?» chiese lui, in un tono assolutamente normale «Ti andrebbe della pasta?».

Lei sospirò e fece un cenno con la mano, come a liquidare quella domanda.

«Quello che ti pare» Rispose «Tanto sarà tutto buono».

Si voltò e si allontanò lentamente, chiedendosi ancora una volta perché Mark non volesse parlare più. Era davvero traumatizzato da qualcosa? E quel qualcosa poteva essere l'allontanamento di suo padre? Da lui, Sara si era aspettata solo due possibili reazioni alla rivelazione che Richard era un licantropo: la prima era una serie di affermazioni ironiche, di scherzi e prese in giro, e la seconda una curiosità quasi accademica che avrebbe portato il suo cuginone a farle un sacco di domande per capire se davvero Richard potesse, in qualche modo, essere un mutaforma.

Mark non aveva fatto nessuna delle due cose, la aveva liquidata con quell'aria quasi di superiorità, ridendo fra i denti... Sara ovviamente non poteva sapere che quell'aria di superiorità era in realtà dolore, la sofferenza di non riuscire a comunicare, l'agonia di un mutismo forzato.

«E comunque» Sussurrò Mark, quando Sara si fu spostata in un'altra stanza «Se gli schiacci la testa o gli strappi il cuore, un licantropo muore lo stesso. Non c'è bisogno per forza dell'argento, non sono non-morti».

Una minuscola bolla di sapone si alzò dal lavandino, gli volò verso la faccia e si spaccò sotto il suo occhio sinistro. Mark si accorse che invece di cucinare si era messo a ri-lavare la pentola che era già pulita. Sospirò, dicendosi che suo padre aveva ragione: era proprio un buono a nulla.

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