Born to be yours

By _shawnmendess__

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Cris è una ragazza a cui non piace dare a vedere tutto quello che prova: preferisce nascondersi dietro un fas... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30 - Andrew
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Informazione importante
Capitolo 50
Capitolo 51
Epilogo
Curiosità
Sono tornata!!

Capitolo 49

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By _shawnmendess__

"Ti aspettiamo qui." Cher disse, con un piccolo sorriso sulle labbra, afferrando la mano di Carter. "Io non credo di farcela ancora..." mormorò poi, guardandomi dispiaciuta. Scossi la testa, e tirai su un sorriso. "Non preoccuparti, Cher." La rassicurai.

Lei mi sorrise riconoscente in risposta, e così mi avviai verso l'entrata. Il cimitero in cui c'era Carter era molto grande, e sebbene fosse mattina inoltrata, sembrava non esserci nessuno. La calma e il silenzio regnava quel posto, intrisa di malinconia e lacrime perse nel vento.

Sebbene fosse la prima volta che ci mettessi piede dopo il giorno del funerale, ricordavo perfettamente dove andare, e infatti raggiunsi la lapide di mio fratello nell'arco di due minuti. Vedere la sua foto su quel pezzo di marmo fu un duro colpo al cuore, che mi spinse ad inginocchiarmi davanti ad essa e sorridere malinconica. Accarezzai impercettibilmente il volto per sempre giovane di mio fratello, e sentii immediatamente la mancanza del suo sorriso, capace di illuminare l'intera stanza in cui si trovava. Accanto alla lapide, giaceva un vaso con dentro dei fiori ormai rinsecchiti, che mi apprestai a cambiare con quelli che avevo portato. Quella, ormai, era l'unica carineria che potevo permettermi di fare per lui.

"Ehi, fratellone." Sussurrai, con un piccolo sorriso sulle labbra. Lo guardavo negli occhi, consapevole che non si sarebbe mosso di un solo centimetro, ma almeno così non mi sembrava di parlare al vento. "Sono cambiate tante cose in questi sei anni, sai?" Iniziai, inclinando la testa di lato. Gli occhi si inumidirono all'istante, ma mi vietai di piangere ancora. "Ho un figlio, ora. È nato dopo che io e Cher ci siamo trasferite in Italia. È la tua esatta fotocopia, accidenti." Mi lasciai andare ad un sorriso mesto, scuotendo la testa. "Il pensiero che possa essere il figlio di Thomas mi fa venire da vomitare ogni volta che ci penso, ma è mio figlio e gli voglio un bene dell'anima. Gioca anche lui a basket, sai? L'ho detto che è identico a te."

Serrai le labbra tra loro, arrivata al punto di essere incapace di parlare senza scoppiare a piangere. "Mi manchi, Carter." Sussurrai, afferrando tra le mani i fili d'erba ormai cresciuta che circondavano la sua lapide, consapevole che quello fosse il contatto più stretto che potessi avere con lui. "Non c'è giorno in cui io non ti pensi. Ti immagino ormai laureato, a lavorare in ospedale accanto ad Andrew. Vi vedo in competizione per prendere il voto più alto all'esame di tirocinio, e mi consolo così. Immaginando che tu non sia davvero morto e che io non stia davvero parlando ad un pezzo di pietra, con sopra inciso il tuo nome e con la tua foto appesa."

"Da quando sei andato via non siamo più gli stessi, sai? Hai lasciato un vuoto troppo grande, nessuno sa come uscirne. Sono passati sei anni ma io non so ancora come affrontare una vita senza di te. Cerco di convincermi che un giorno mi sveglierò, in una notte di tempesta, e tu sarai lì al mio fianco a stringermi. Ma quel giorno non arriva mai." A quel punto, le lacrime crollarono giù dai miei occhi, così come il mio umore. Quasi sentii il rumore del mio cuore, schiantandosi a terra e distruggendosi in mille pezzi. "Ho provato a far finta che sia tutto apposto, che sia tutto come sei anni fa, ma la tua assenza non passa mai in secondo piano. E se proprio dovessi andare via davvero da noi, vorrei solo un minuto in più per stringerti tra le mie braccia e vederti un'ultima volta. Vorrei che il mio ultimo ricordo di te non sia il tuo volto coperto di sangue, ma il tuo sorriso e la tua voglia di conquistare il mondo."

Ormai senza forze, mi sollevai a fatica da terra, cercando di ottenere un equilibrio già precario di mio. Incrociai le braccia al petto e mi lasciai andare ad un sorriso. "Vorrei che tu fossi qui a dirmi cosa farne della mia vita, perché non so gestirla. E vorrei che Carter conoscesse suo zio e che ti amasse anche il doppio di quanto facevo, e farò per sempre io." Lasciai un'ultima carezza sul volto di mio fratello, con un sorriso mesto. "Sei la mia metà, Carter. Ed ora quel posto resterà vuoto per sempre."

Con difficoltà, mi allontanai dalla lapide e strinsi il mio stesso corpo tra le mie braccia, lasciandomi andare ad un'ultimo pianto.

Carter Dalton Green
1995 - 2014

Non doveva essere questa la data incisa sulla sua lapide. Meritava di vivere, di sposarsi ed avere dei figli. Di conoscere i piaceri della vita e di saperlo distinguere da quelli effimeri. E forse era questa la cosa che più mi distruggeva. Carter meritava il mondo intero.

Sospirai, e dopo aver lanciato un'ultimo sguardo alla sua foto, retrocedetti di un passo e mi voltai. Mi permisi di rallentare al massimo il mio passo, nel tragitto verso l'uscita, per evitare di rendere plateale il mio pianto, soprattutto a mio figlio, che ancora non conosceva un dolore così grande. E sperai con tutta me stessa che non lo avrebbe scoperto mai.

Quando li raggiunsi di nuovo, Cher si guardava intorno malinconica. Non le piaceva stare lì e sapevo che lo avesse fatto solo per tenere a bada Carter nel mentre. Gliene fui eternamente grata.

"Mamma, ora prendiamo il gelato?" Mi chiese Carter, lasciando la mano di Cher per potermi chiudere le gambe tra le sue braccia.

"Possibile che tu non pensi ad altro che al cibo?" Gli chiesi, passando una mano tra i suoi capelli.

"Non sono io quello che la notte va a mangiare in cucina!" Rimbeccò lui, beccandosi una mia occhiataccia. "E tu che ne sai?"

"Ti ho sentita." Scrollò le spalle. Sbuffai, e afferrai la sua mano. "E va bene, andiamo a prendere questo gelato." Cedetti, guardando poi Cher. "Starbucks?"

La ragazza annuì, così tutti e tre ci incamminammo verso il negozio. Nel tragitto, Carter non faceva altro che saltellare e parlare di qualsiasi cosa gli venisse in mente, pur di non abbandonarsi al silenzio. In quel momento gliene fui grata, perché prestare attenzione ai miei pensieri in quel momento non era la cosa più giusta da fare.

Quando entrammo da Starbucks, fui subito investita dal classico odore dolciastro, che immediatamente mi fece brontolare lo stomaco. Dopo anni, ancora non ero riuscita a capire chi tra me e mio figlio mangiasse di più.

"Problemi in vista." Sentii Cher mormorare. Non feci in tempo a capire a cosa si riferisse, perché sentii una mano appoggiarsi sul mio braccio, e quando mi voltai mi ritrovai il grosso - ed ora più che mai fastidioso - sorriso di Skyla.

"Che coincidenza, anche voi qui?" Chiese, euforica.

«Ma va?»

"Così sembra." Cher tirò su un sorriso, parlando tra i denti. Gettai uno sguardo verso la direzione in cui era venuta, e mi resi conto del tavolo a cui erano seduti Andrew e Chase.

«Merda»

"Sedetevi con noi, vi va?" Skyla disse, con un sorriso gentile. "Stavamo giusto per ordinare."

"Non preoccuparti." Dissi subito, cercando una scusa plausibile. L'ultima cosa che volevo era beccarmi le occhiate di Andrew e le battutacce di Chase. "Magari starete facendo una riunione di famiglia." Tentai, ma Skyla scosse la testa e sorrise ancora di più. "Ormai siete anche voi di famiglia, o no?" Chiese. "E poi, scommetto che a Carter farebbe piacere conoscere mio fratello. Probabilmente hanno la stessa testa."

Quasi mi strozzai con la mia stessa aria. Chase e Carter avrebbero interagito davanti ai miei occhi. Stavo per sentirmi male. "Non accetto un no come risposta!" Skyla mi puntò un dito contro.

Guardai Cher, morsicandomi il labbro, e lei mi riservò uno sguardo arreso. "Va bene, allora." Sospirai, cedendo. Skyla esultò anche fin troppo per i miei gusti, mentre ci trascinò al tavolo. Fummo costretti ad aggiungere un altro tavolo, perché uno era troppo piccolo per noi.

Finii col sedermi tra Chase e mio figlio, mentre proprio di fronte a me avevo il duro sguardo del ragazzo che, solo il giorno prima, mi aveva baciata ancora una volta. Il solo pensiero mi fece attorcigliare lo stomaco.

"Guarda un po' chi si rivede." Chase al mio fianco disse, con un sorriso divertito sulle labbra.

"Come se non ci vedessimo da una vita. Era solo ieri." Gli ricordai, attirando l'attenzione degli altri presenti a tavola.

"Ieri?" Andrew disse, accigliandosi. Solo in quel momento mi resi conto della mia gaffe, strabuzzando gli occhi. Chase, invece, sembrava essere solo più divertito.

"Non è stata ieri la festa?" Chiesi allora io, con finta innocenza. "Ho una memoria orribile." Tentai. Ma tutto ciò che ottenni, fu una brutta occhiataccia da Andrew e uno sguardo fin troppo consapevole da parte di Skyla. Cher, invece, rideva sotto i baffi, mentre Carter al mio fianco sballottolava il menu a destra e sinistra, decidendo cosa prendere.

"Mamma, non ci sono le figure qui!" Mi fece notare, e sembrai ricordarmi solo in quel momento che ancora non sapeva leggere. Così lo aiutai a scegliere, e quando fummo tutti pronti per ordinare, il cameriere ci raggiunse.

"Allora." Skyla iniziò, una volta che il cameriere lasciò il nostro tavolo con le ordinazioni. "Resterete qui ancora a lungo?" Chiese a me e Cher.

La mia amica prese parola per prima. "Io resterò solo un'altra settimana." Annunciò quello che già sapevo. "Non posso chiudere il salone ancora per molto."

"Salone? Sei una parrucchiera?" Chiese allora la ragazza, seriamente interessata.

"Estetista." Chiarì lei.

Sentii una leggera gomitata nel fianco, Chase cercava in tutti i modi di attirare la mia attenzione. "Stavi quasi per farti beccare, principessa." Disse al mio orecchio, in modo che potessi sentirlo solo io. Alzai gli occhi al cielo a quello stupido nomignolo, guardandolo male.

"Tu parli sempre a sproposito." Borbottai, riavviandomi i capelli oltre la riga. "Se non avessi detto nulla nessuno avrebbe intuito niente."

"Ho l'impressione che qualcuno abbia capito già da molto, invece." Mi disse. Lo guardai appena, confusa, e solo dal suo sguardo riuscii ad intendere a chi si riferisse.

"Non l'ha fatto." Chiarii poi. "E allora perché ho l'impressione che voglia uccidermi?" Mi chiese allora lui. Solo quando voltai il mio sguardo verso Andrew, capii perché lo avesse detto: guardava insistentemente nella nostra direzione, quasi volesse captare la nostra conversazione; ma quando lo beccai a fissarci, chinò subito lo sguardo sul tavolo. Stringeva il telefono tra le sue mani, così forte che notai chiaramente le sue nocche imbiancarsi. "Cosa nascondete, entrambi?"

Portai di nuovo lo sguardo verso Chase, che stavolta mi guardava con l'aria di chi la sapeva lunga. Poteva farsi passare per un idiota, ma avevo ormai capito che non lo era affatto. Chase era un ragazzo estremamente sveglio ed attento ad ogni minimo dettaglio; gli erano bastati cinque minuti di conversazione per capire i miei sentimenti per Andrew, e altrettanti per capire quelli del ragazzo. Colta ormai sul fatto, l'unica cosa che riuscii a fare fu quella di reggere il suo sguardo, cercando di non smascherarmi da sola.

"E tu, Cris?" Mi chiese allora Skyla. Scossi la testa, liberandomi dai miei pensieri, e mi voltai verso la ragazza.

"Cosa, scusa?" Le chiesi, avendo dimenticato completamente il suo discorso precedente.

"Tornerai anche tu in Italia con Cher?" Mi chiese, ed io scossi subito la testa. A dire il vero, non sapevo nemmeno se ci sarei mai ritornata, in Italia. La mia vita, ora come ora, sembrava essere legata solo al test di paternità e al suo risultato. Se Carter sarebbe stato il figlio di Andrew, sarei dovuta restare a Los Angeles per sempre.

"Inizio a lavorare a metà settembre, e ne approfitto per stare qui con la mia famiglia fino ad allora." Le spiegai, e i suoi occhi si illuminarono di gioia.

"È una notizia bellissima." Disse, sorridendo euforica. "Vuol dire che potrai venire al nostro matrimonio!" E afferrò il braccio di Andrew, stringendolo tra le sue mani. Istintivamente, sollevai lo sguardo sul ragazzo, che già aveva i suoi occhi puntati nei miei da un bel po'. Non riuscii a decifrare la sua espressione, ma avrei pagato tutto l'oro del mondo pur di sapere a cosa stava davvero pensando.

"Già." Tirai su un sorriso, sperando che lei abboccasse alla mia falsa felicità. Il solo pensiero che Andrew si sposasse davvero mi faceva rompere il cuore in mille pezzi. Non sapevo come avrei reagito, quel giorno. Ma di sicuro non sarebbe stato un giorno facile per me.

"Magari fai anche da damigella d'onore." Disse Chase al mio fianco. "Ti ci vedo con un vestito in tulle."

Alzai gli occhi al cielo al commento del ragazzo. "Puoi schiaffeggiarlo, se vuoi." Skyla mi disse, con aria comprensiva. "Ma non ti garantisco che cambi qualcosa."

"Oh, ma sta' zitta." Chase disse, liquidandola con una mano. "Pendi dalle mie labbra."

"Nei tuoi sogni, mostriciattolo." La ragazza disse. Chase scosse la testa, con finta aria delusa. "E pensare che eri la mia sorella preferita."

"Sono la tua unica sorella, imbecille!"

Senza che neanche me ne rendessi conto, vederli interagire in quel modo mi riportò con la mente a Carter. E il ricordo che mi si parò davanti agli occhi mi spezzò il cuore ulteriormente.

Le mani poggiate sopra le mie orecchie non mi impedivano di ascoltare tutto ciò che provenisse dalla stanza accanto. Sentivo vasi sgretolarsi, urla incontrollate, parole dettate dall'odio e marcite dall'alcol.

Serrai gli occhi, stringendo ancora di più le ginocchia al mio petto, e sperando di essere da qualche altra parte. Forse così avrebbe funzionato, forse quello era il modo giusto per distrarmi.

Quando sentii qualcuno toccarmi una spalla, sussultai, e spalancai gli occhi terrorizzata. Fu un sollievo per me trovare gli occhi di Carter a fissarmi, con dolcezza. Mi tolsi le mani dalle orecchie, ma sentivo ancora urlare.

"Posso venire lì sotto con te?" Mi chiese, indicando il piccolo spazio rimasto sotto la scrivania. Senza aspettare una risposta, mi porse la sua mano per aiutarlo a sedersi con me. La accettai volentieri, e fu così che lui in pochi secondi mi fu accanto, stringendo le sue ginocchia tra le mani e guardando un punto fisso davanti a lui.

"Finirà mai tutto questo?" Gli chiesi appena, in un sussurro. Carter portò lo sguardo su di me, serrando le labbra tra loro in un gesto involontario. Con un braccio mi circondò le spalle, e mi strinse al suo petto con l'affetto che solo lui era in grado di darmi.

"Non lo so." Sospirò. "Ma nel dubbio, fin quando ci sono io tu non dovrai mai avere paura." Mi rassicurò, con un piccolo sorriso sulle labbra. Poi mi porse il mignolo. "Okay?"

Sorrisi, stringendo il suo mignolo con il mio. "Okay. Mai."

"Cris?" Una voce mi richiamò, tirandomi brutalmente via dai miei ricordi. Uno dei peggiori momenti della mia vita, ma uno dei migliori che riconducevo al mio gemello. Sollevai appena lo sguardo, incrociando quello di Andrew, che mi guardava preoccupato. "Cris, stai bene?" Mi chiese appena, in un sussurro.

Mi guardai intorno spaesata, come se mi fossi ricordata solo in quel momento di trovarmi da Starbucks. Feci scivolare il mio sguardo su mio figlio, perfino lui sembrava essere confuso dal mio atteggiamento.

"Io-" iniziai, sbarrando gli occhi, e senza neanche accorgermene mi sollevai in piedi. "Ho bisogno d'aria, scusate."

Non aspettai una loro risposta, e mi precipitai immediatamente fuori da quel locale. Le pareti sembravano essersi avvicinate ulteriormente, quasi come se avessero voluto soffocarmi. La mia unica consolazione, in quel momento, fu il fatto che il negozio di affacciasse sul mare. Velocemente mi tolsi le scarpe, la sabbia si insinuò tra le mie dita e sembrò essere un calmante istantaneo per i miei nervi tesi.

Mi permisi di chiudere gli occhi per qualche istante, cercando di regolarizzare il mio respiro e il battito del mio cuore. Erano ormai anni che non avevo un attacco di panico, ma in quel momento sembrai stare per averne uno, anche peggiore dei precedenti. E non potevo più permettermelo. Poggiai una mano sul mio petto e lasciai che il suono delle onde del mare si sovrapponesse ai miei pensieri assordanti.

"Cris." Sentii richiamarmi dalle mie spalle. Serrai gli occhi, voltandomi verso Chase, che mi guardava quasi dispiaciuto.

"Non è un buon momento, Chase." Tagliai corto, cercando di fargli capire che in quel momento non avevo bisogno di altro, se non di un po' di calma.

"Qualunque cosa tu voglia, ricordi?" Mi chiese appena, con voce così flebile che il rumore del mare quasi lo sovrastava. "Ora hai bisogno di un amico, permettimi di esserlo."

Lo guardai qualche istante, sbattendo le palpebre per evitare di collassare e scoppiare a piangere a dirotto. Chase era così un bravo ragazzo, sapeva adattarsi perfettamente alle situazioni e, il più delle volte, riusciva a strapparmi un sorriso, sebbene non lo dessi a vedere. In quel momento, nessuna persona al mondo sembrò essere più giusta di lui. Una lacrima rigò il mio viso, ma io la asciugai velocemente.

"Scusa, non volevo piangere." Mormorai, passandomi una mano sul volto. Chase si avvicinò a me, fin quando il suo corpo non fu estremamente vicino al mio. Portò una mano sul mio volto e catturò col suo pollice i residui della mia lacrima, sorridendomi flebilmente. "Qualche volta fa bene anche piangere, sai?"

"Altre volte fa bene anche un abbraccio, sai?" Gli risposi io, sollevando appena le mie spalle. Chase sollevò un angolo della bocca in un sorriso mesto, e non se lo fece ripetere due volte, quando mi circondò il corpo con le sue braccia. Affondai immediatamente la testa nel suo petto, cercando di dare una calmata ai miei pensieri e ai miei ricordi, che sembrarono investirmi mai come allora. Chase accarezzava dolcemente la mia schiena, mentre teneva poggiato il suo mento sulla mia testa. In quel momento, il suo abbraccio ci stava proprio bene.

Tirai su col naso e mi divisi da lui, asciugandomi ancora una volta le lacrime. "Grazie." Sussurrai appena, rivolgendogli un piccolo sorriso.

Chase sollevò le spalle con innocenza, riservandomi un sorriso gentile. "Qualsiasi cosa per te, principessa."

Serrai le labbra in un sorriso appena percettibile, e quando mi voltai verso il locale, erano tutti fuori. Cher aveva il volto rigato di lacrime, con le mani poggiate sulle spalle di mio figlio; Andrew, invece, contornava le spalle di Skyla con un braccio, guardando verso di noi come se fosse impotente davanti al mio dolore, al non poter più fare niente per curarlo.

"Forse è meglio andare a casa." Mormorai appena, lanciando un'occhiata a Chase. Lui annuì, ed insieme ci avviamo alla veranda del negozio. Carter subito mi venne vicino, afferrando la mia mano.

"Stai bene, mamma?" Mi chiese, in un piccolo sussurro.

Annuii, accarezzando le guance piene di mio figlio. "Sto bene." Gli risposi, con un piccolo sorriso. "Ma forse è meglio tornare a casa."

Fortunatamente, Carter non fece storie. E il resto della giornata passò così: l'amarezza della consapevolezza di una vita senza mio fratello sembrò avermi colpita come se fosse stata la prima volta, facendomi riscoprire tutto il dolore che avevo cercato di sotterrare. Riuscii appena a prendermi cura di mio figlio e dei suoi bisogni, e quando la sera si addormentò nel mio letto, decisi di prendermi qualche minuto per me.

Uscii di casa e mi avvicinai alla riva. Mi permisi di lanciare uno sguardo alle stelle, cercando quella più luminosa di tutte. La trovai e sorrisi. Quella, quella stella era Carter. Il suo sorriso non poteva più illuminare la stanza, ma ora illuminava la notte, accarezzando le vite anche delle persone che non aveva potuto conoscere, perché non aveva fatto in tempo.

"Sapevo che saresti uscita di nuovo." Sentii una voce dire alle mie spalle. Sapevo benissimo a chi appartenesse, motivo per cui non mi girai affatto.

"Il mare mi calma." Gli dissi quello che lui già sapeva. Andrew raggiunse il mio fianco, le nostre spalle quasi si sfioravano. "Si, lo so." Mi confermò, infatti.

Non disse nient'altro. Semplicemente lo vidi sollevare un braccio e poi lo sentii avvolgermi le spalle, spingendomi più vicina a lui. Lo lasciai fare, perché in quel momento era l'unica cosa di cui avevo realmente bisogno. Fu così che mi circondò con entrambe le braccia, ed io affondai la testa nel suo petto, inspirando il suo profumo, cullandomi col ritmo regolare del suo respiro e il battito del suo cuore. Andrew mi stringeva con forza a lui, come se volesse prendere parte del mio dolore e farlo suo, nonostante quel dolore facesse parte anche di lui. Perché Carter era stato una costante nella vita di chiunque ne fosse venuto a contatto.

Mi lasciai cullare dalle sue braccia e dal calore del suo corpo, e per un istante tutto il resto scomparve. Eravamo solo noi, davanti ad un mare agitato, e sotto la luce di un'unica stella, la sua.

Eccomiii! Non vi aspettavate che sarei riuscita ad aggiornare in tempo, vero? E invece ecco a voi, sorpresa!

Siamo quasi a 50K di letture. Vi amo🥺🥺

Allora, cosa ne pensate di Chase? Sapete, facendo delle ricerche, ho scoperto che la ragazza che ho scelto per interpretare Cris, nella realtà è stata fidanzata con l'interprete di Chase!

Niente, è esattamente il modo in cui mi immagino Cris e Chase insieme!

Cosa ne pensate di Chase? Non è estremamente carino? 🥺 vi piacerebbe vederlo con Cris?

Come al solito, se vi va lasciate un commento. Al prossimo capitolo!🌼

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