Born to be yours

By _shawnmendess__

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Cris è una ragazza a cui non piace dare a vedere tutto quello che prova: preferisce nascondersi dietro un fas... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30 - Andrew
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Informazione importante
Capitolo 50
Capitolo 51
Epilogo
Curiosità
Sono tornata!!

Capitolo 42

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By _shawnmendess__

"Mi trasferisco."

Alla mia mente servirono cinque minuti buoni per elaborare quella frase, analizzarla attentamente. Poi spalancai la bocca, completamente sotto shock.

"Intendi a New York, vero?" Provai, sperando con tutto il cuore che la mia migliore amica, la cosa più vicina ad una sorella che avessi e che mi fosse rimasta, non avesse davvero deciso di mollare tutto, studi compresi, e partire.

Cher si morse il labbro inferiore, chinando la testa e scuotendola. "In Italia."

A quel punto, mi sbracciai al cielo. Quella era decisamente la mia settimana di fuoco, non stavo avendo tregua neanche per un solo giorno. E come se non fosse successo nulla, come se non mi sembrasse ancora di vedere Carter sbucare da ogni angolo della casa o della città, Cher sganciò la bomba più grande che avesse in serbo.

Il cameriere ci portò i due caffè, lei afferrò immediatamente il suo. Alzò poi lo sguardo su di me, che scioccata com'ero, ancora non avevo proferito parola.

In Italia... praticamente dall'altra parte del mondo. Migliaia e migliaia e migliaia e ancora migliaia di chilometri e un oceano più in là. Non poteva dire sul serio, non ora.

"Ho già trovato un posto, a Roma. Ho messo da parte abbastanza soldi per permettermelo. Aspetterò di vedere quegli esseri dietro le sbarre, e poi partirò." Mormorò, giocando con la tazza di caffè ormai vuota. Lo aveva bevuto tutto d'un sorso, mentre il mio era ormai freddo.

"Non puoi dire sul serio." Bofonchiai, gli occhi ancora spalancati, mentre vedevo la felicità farsi sempre più lontana dalla mia vista.

Cher annuì, vidi un velo di lacrime formarsi nei suoi occhi. "Io non ce la faccio a stare qui, Cris. Tutto mi ricorda di lui, qualsiasi cosa. Non riesco a respirare, non riesco a dormire, o a mangiare. Non penso ad altro." Scosse la testa quasi in negazione, come se ancora non si capacitasse della sua morte. A quel punto, gli occhi divennero lucidi anche a me, e dovetti usare tutte le mie forze per non piangere. Da quando ero diventata così maledettamente emotiva?

"So quello che provi, Cher. È quello che succede a me tutti i giorni." Le ricordai, sospirando appena. "Ma non per questo faccio le valigie e vado oltreoceano."

"Tu qui hai qualcuno, Cris." Mi ricordò, invece, lei. "Hai tua madre, Andrew, Theo. Io invece? Ho un fratello che ormai vive in Arizona da anni, felicemente sposato; una madre sull'orlo della pazzia che non si è nemmeno degnata di presentarsi al funerale del fidanzato di sua figlia, o di abbracciarla per consolarla; per non parlare di mio padre, che passa tutte le sue giornate in ufficio ed ha più amanti che capelli." Iniziò a contare sulle dita della sua mano le persone che aveva elencato. Le sfuggì un singhiozzo, che la fece definitivamente scoppiare a piangere, seppur in silenzio.

"Hai me, Cher." Le dissi, afferrando la sua mano. "Ed Andrew, e Simon, Miley, Becca. Noi ci siamo. Io, ci sono. Avevamo promesso di affrontarlo insieme, che nessuna delle due avrebbe lasciato l'altra, ricordi?" Ricordai le parole che ci eravamo dette la sera del funerale, prima che lei tornasse a casa e che Andrew mi portasse a Mount Lee.

Cher scosse la testa, serrando gli occhi. "So quello che ti ho promesso. Ma credevo di essere più forte." Mormorò. "So che anche tu stai passando l'inferno, ma almeno hai qualcuno con cui condividerlo."

"E credi che oltreoceano sarà diverso?" Le dissi allora, sbraitando. "In una città che non conosci, con degli estranei?"

"Voglio ricominciare da capo, Cris." Disse decisa, asciugandosi le lacrime. "E non posso farlo qui, dove tutto mi ricorda di lui. Ti prego, capiscimi."

Incrociai le braccia al petto, dopo aver bevuto d'un sorso il mio caffè ormai freddo. "Bene." Mi sbracciai poi al cielo, osservandola. "Vengo con te, allora."

Cher spalancò gli occhi, scuotendo la testa. "Sei impazzita? Non ti permetterò di mollare tutto e venire con me."

"Tu puoi farlo ed io no?" Dissi, sollevando un sopracciglio. "Cher, tu sei come una sorella per me. E una sorella non lascia mai indietro l'altra, neanche nel peggior momento della sua vita. Non ti lascio ad affrontare tutto questo da sola."

"No, Cris. Ti prego..." scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli. "Tua madre ha bisogno di te, ed Andrew..." disse, ma a quel punto fui io a scuotere la testa. "Mia madre non è sola. Ha Steven che non la molla per un solo istante, e Theo che la tiene occupata ogni secondo."

"E Andrew?" Borbottò lei.

"Andrew capirà." Le dissi. «È quello che spero»

"Cris, stai facendo una pazzia." Si morse il labbro, inclinando la testa di lato. Cercò visibilmente di non piangere di nuovo, così mi alzai e mi avvicinai a lei, afferrandole le mani e invitandola a fare lo stesso. "No, Cher." Scossi la testa, passando una mano tra i suoi capelli per dargli di nuovo una forma, ormai completamente trascurati. "Stiamo facendo una pazzia."

Cher sorrise sinceramente, spingendomi tra le sue braccia e stringendomi con forza. "Non so cosa farei senza di te."

Neanche io sapevo cosa avrei fatto senza di lei, e fu forse proprio per quello che non ci pensai su due secondi a seguirla dall'altra parte del mondo. Lei era la mia migliore amica, la mia sorella mancata. Ci eravamo sempre supportate l'una con l'altra, aiutate nel momento del bisogno, e condiviso qualsiasi esperienza. E ora che avevamo un dolore così grande che ci accomunava ancora di più, non avrei mai immaginato un mondo in cui l'avrei lasciata partire da sola, ad affrontare tutto quel dolore da sola.

Forse non sarebbe stato così male: andare in un Paese a cui non avrei accostato nessun ricordo, in cui nessuno ci conosceva e in cui, forse, potevamo davvero ricominciare. Improvvisamente, mi sembrò che Cher avesse preso la decisione migliore per entrambe, forse davvero le cose sarebbero potute migliorare. La settimana che avevo vissuto era stata infernale: ogni notte mi svegliavo a causa di qualche incubo, piangendo e con un attacco di panico; mi sembrava di vedere Carter in ogni angolo della casa, sebbene la porta della sua camera nessuno avesse ancora avuto il coraggio di aprirla. La mia vita era cambiata drasticamente, di nuovo. E stava per farlo ancora una volta. Ma forse, quella volta sarebbe stato definitivamente in meglio.

Perciò, anche se il mio cuore era a pezzi, io sarei partita con lei; anche se questo voleva dire rinunciare ad Andrew, o agli studi.

Cher non sarebbe stata mai più sola.

Una volta arrivata a casa, mi resi conto di aver chiuso il portone giusto un attimo prima che fuori si scatenasse la pioggia. Sentire il rumore che provocava sembrò quasi rilassare i miei muscoli tesi, consapevole di dover dare la notizia a mia madre. Non sapevo come avrebbe reagito: aveva appena perso un figlio, un pezzo di sé stessa, ed io stavo per dirle che mi sarei trasferita dall'altra parte del mondo con Cher.

Quasi come se fosse un segno, la vidi scendere le scale con Theo sulla spalla, che dormicchiava beato. A volte avrei voluto così tanto essere lui, incosciente di tutto. Avrei dato qualsiasi cosa pur di tornare bambina.

"Tesoro, sei tornata." Mormorò, la voce impastata dal sonno. Sentii un profumo di quello che riconobbi essere pollo dalla cucina, intuii Steven stesse cucinando al posto suo. Mia madre non solo era distrutta emotivamente, ma anche fisicamente, a causa di quel piccoletto che non le dava tregua per un solo momento. Soprattutto la notte.

"Si." Bofonchiai, mordendomi il labbro. "Devo parlarti di una cosa."

La mamma alzò il capo verso di me, un cipiglio in volto. "Cos'hai combinato?" Borbottò, roteando gli occhi al cielo. "Dammi tregua, almeno tu."

Quello che disse fu un forte colpo al cuore, che incassai in silenzio. E non aveva la minima idea di quello che stavo per dirle. Forse avrei dovuto semplicemente strappare in fretta il cerotto, per renderlo meno doloroso per entrambe.

"Cher si trasferisce in Italia." Buttai fuori, quasi la vidi rizzare le orecchie, per poi tornare a guardarmi. Poi quasi vidi le rotelle nella sua testa azionarsi, mentre dischiuse le labbra, poi le richiuse, tirando fuori solo un sospiro appena udibile. "Non dirmi che...-"

"Ho deciso di partire con lei." La interruppi, tirando fuori tutto. Quasi sentii il magone che avevo sul petto sollevarsi e dissolversi dalle mie spalle.

Mia madre serrò le labbra, passandosi una mano sul volto. La vidi fare il giro del divano, su cui poi si sedette, mentre mi osservava quasi con sguardo assente. Mi appoggiai alla porta a me retrostante e mi morsi il labbro, tenendo lo sguardo fisso su di lei. "Non dici nulla?"

Mi fece cenno di sedermi accanto a lei, ed io lo feci, sebbene fossi titubante. Avevo paura che avrebbe iniziato ad urlare da un momento all'altro, inveendomi contro come solo lei sapeva fare. Quel che ottenni, però, fu solo uno sguardo apatico: mi osservava appena da sotto le ciglia con i suoi occhi verdi e terribilmente spenti, incapaci di mostrare ormai qualsiasi emozione. E continuò a tacere per qualche attimo, prima di aprire finalmente bocca.

"Cosa vuoi che ti dica, Cris?" Mormorò. Theo iniziò ad agitarsi sulla sua spalla, così iniziò a cullarlo ancora una volta, con piccole carezze sulla schiena. Mi offrii di farlo al posto suo, e quasi vidi il sollievo sul suo volto. Presi mio fratello tra le mie braccia, era così piccolo che avevo paura di fargli del male anche solo sfiorandolo. Mi guardò con i suoi grossi occhini verdi, identici a quelli di nostra madre, e non potei fare a meno di sorridere. Poi lo poggiai delicatamente sulla mia spalla ed iniziai ad ondeggiare col busto per calmarlo. Theo sembrò addormentarsi di nuovo, quasi all'istante.

"Non so." Risposi a mia madre, tornando a guardarla. "Pensavo avresti iniziato ad urlarmi contro."

Mia madre si lasciò andare al divano, chiudendo gli occhi per qualche istante, prima di tornare a guardarmi. "Per voler scappare da questo inferno?" Mi chiese allora, vidi i suoi occhi diventare lucidi e mi sentii tremendamente in colpa. "Se potessi, lo farei anche io."

Sospirai, poggiando la schiena al divano e poi la testa sulla sua spalla, attenta che Theo non soffocasse. Mia madre quasi istintivamente mi contornò le spalle con il suo braccio, con cui abbracciò anche il piccolo.

"Un giorno avrai dei figli, Cris." Iniziò, quasi percepii la sua voce tremare. "E ti renderai conto che saresti capace anche di dare la vita per loro, per vederli felici e spensierati." Mormorò, con un piccolo sorriso. Accarezzò la mia testa e poi mi lasciò un bacio sulla tempia. "Tu e Theo siete tutto ciò che mi resta. E non voglio perdere nessuno dei due, per nessuna ragione al mondo." Il labbro inferiore iniziò a tremarle, i miei occhi si riempirono di lacrime all'istante. "Mi guardo intorno e mi rendo conto che qui c'è solo sofferenza, ormai. E il ricordo di quanto eravamo felici un tempo, prima che tuo padre iniziasse a bere. Per il resto, abbiamo avuto solo piccoli attimi di felicità: i miei sono stati Steven, la gravidanza, poi la nascita di Theo. Per il resto, le cose sono peggiorate di giorno in giorno. E mi rendo conto che ancorarti a questo dolore possa provocartene uno ancora più grande."

"Stai dicendo che...-" iniziai, e lei annuì, con un piccolo sorriso.

"Io voglio che tu sia felice, Cris. Ovunque tu credi opportuno." Mi rassicurò, stringendomi un po' di più a lei. "Certo, avrei apprezzato di più se questo ovunque fosse stato l'Arizona, o magari il Canada. Ma mi faccio andar bene anche l'Italia, se è questo quello che vuoi."

Mi accucciai di più a mia madre, la mia unica fonte eterna di amore ed energia, quella inestimabile e pura. E una lacrima silenziosa cadde lungo il mio viso.

"Vorrei che fosse qui, mamma." Mi lasciai sfuggire, in un sussurro.

A mia madre scappò un singhiozzo, che nascose con una mano davanti alla bocca. "Anche io, tesoro." Mormorò.

Nella stanza crollò il silenzio, interrotto soltanto, ogni tanto, dai mormorii sconnessi di Theo. Mi permisi di chiudere gli occhi, e mio fratello apparve immediatamente. Aveva le braccia incrociate al petto e la divisa della sua squadra di basket del liceo indosso. Ma la cosa che più catturò la mia attenzione, fu il sorriso che gli vidi in volto: uno radioso e sincero, come poche volte lo avevo visto davvero.

Lui stava bene, lassù, e lo sapevo. Lo sapeva anche la mamma, perché un'anima così buona e gentile poteva aver trovato solo la pace. Ci era stato sottratto troppo presto, e maledicevo il celo ogni giorno, per quello. Ma nessuna delle due poteva permettersi di essere sopraffatta dal dolore: lei perché aveva un figlio di appena qualche settimana da accudire, io perché avevo ancora tutta la vita davanti. Ero certa che quella non sarebbe stata l'ultima sfida della vita, ma ero anche sicura che fosse stata la più dura. E quello mi diede la carica giusta per tirarmi su e tirare su anche mia madre, che si asciugò le lacrime dal volto.

"Potrai venire da noi tutte le volte che vorrai." Le dissi, con un piccolo sorriso. "Dicono che il cibo italiano è il migliore al mondo, sarebbe il posto perfetto per entrambe."

Mia madre si lasciò sfuggire un risolino, prima di stringermi tra le sue braccia. "Lo farò di certo."

Una volta salita nella mia stanza, notai come la pioggia non avesse ancora cessato di cadere. Mi avvicinai alla finestra e mi sedetti sul davanzale, poggiando la testa al vetro e osservando come le gocce scivolavano su di esso e correvano verso il basso, e come la pioggia macchiasse di grigio tutta la città. Eppure, lo trovai perfettamente intonato con il mio stato d'animo.

Lanciai uno sguardo alla casa di Andrew, esattamente alla finestra della sua camera, proprio di fronte alla mia. Avevo affrontato il discorso con mia madre, ed era andato fin troppo bene: ma una parte di me sapeva che con Andrew non sarebbe stato così. Per l'ennesima volta, lo stavo lasciando fuori dalla mia vita. Non l'avrebbe presa di sicuro bene, considerando anche tutto il nostro passato. Ma pensandoci, forse era meglio così: magari odiandomi, sarebbe riuscito ad andare avanti e farsi una vita con qualcuno che avrebbe potuto dargli tutto, anche le minime cose. In quel momento, io ero la persona meno adatta.

Come un segno del destino, lo vidi passare accanto alla finestra, a cui poi si affacciò. Il suo sguardo cadde quasi immediatamente su di me, ed entrambi non potemmo fare a meno di sorridere. Lo vidi afferrare il cellulare dalla sua tasca, e qualche secondo dopo, il mio squillò.

«Ti va di vivere un po' la pioggia?»

Sorrisi istintivamente, rispondendogli con un occhiolino. E poi mi precipitai fuori, raggiungendo il suo porticato. Andrew mi aprì la porta quasi all'istante, prima di afferrarmi la mano, e poi ci lanciammo insieme sotto la pioggia.

Ancora una volta, la percepii accarezzarmi l'anima e massaggiarmi i muscoli tesi, mentre le braccia di Andrew mi stringevano la vita da dietro e mi tenevano ancorata a lui. Il mio cuore batteva così forte che quasi lo percepii uscire fuori dal petto. Non sapevo come iniziare, cosa dirgli per non ferirlo.

Il fatto che probabilmente non lo avrebbe accettato mi demoralizzava già in partenza. Non riuscivo a trovare le parole adatte.

"A cosa pensi?" Mi chiese, dopo interminabili minuti di silenzio. Mi voltai verso di lui e avvolsi le braccia attorno il suo collo, ancorando le mani ai suoi capelli ormai completamente bagnati. Mi permisi di poggiare la fronte sulla sua ed inspirare il suo profumo, così nauseante all'inizio ma così perfetto ora, perché mi sembrava sapesse di casa. Così come le sue braccia, che mi tenevano stretta a lui e, sapevo già, non mi avrebbero lasciata andare tanto facilmente.

"Devo dirti una cosa ma non so come farlo." Borbottai appena, sollevando i miei occhi verso di lui. La presa di Andrew sembrò accentuarsi appena, mentre sul so volto si aprì un cipiglio che lo rendeva dannatamente ancora più carino.

«Perché è così difficile lasciarti andare, Drew?»

"Dillo e basta." Disse lui, leggermente preoccupato. E faceva bene. Sul mio petto sentii immediatamente formarsi, di nuovo, quel magone che mi impediva di respirare.

Mi morsi il labbro inferiore e chiusi gli occhi, chinando il capo. Andrew me lo sollevò appena con due dita sotto il mento, spingendomi a guardarlo. "Cris, mi stai facendo preoccupare."

Avevo una dannata voglia di piangere, ancora. Piangevo così tanto ultimamente che pensai che prima o poi mi sarei disidratata. La minima sciocchezza era capace di distruggermi e spingermi a piangere senza freni. E così mi scappò un singhiozzo, che fece solo crescere il suo cipiglio. "Cris, che diavolo succede?" Chiese dolcemente, afferrandomi per le spalle. "Puoi dirmi tutto, lo sai."

"Lo so." Confermai, in un sussurro. "Ma ciò non lo rende meno difficile."

A quel punto, Andrew retrocedette di un passo. Capì la serietà della cosa e quasi vidi la sua ansia crescere, mentre si irrigidì. "Fallo e basta, allora." Provò a mostrarsi sciolto e disinvolto, ma era palese quanto fosse teso. Ed io stavo per spezzargli il cuore.

"Cher si trasferirà in Italia, a breve." Annunciai, flebilmente. Andrew inizialmente sembrò non capire, ma poi piano piano i suoi occhi si spalancarono. "Ed io ho deciso di andare con lei."

Andrew retrocedette di un altro passo, inclinando la testa di lato. "Stai scherzando, spero."

«Sta per iniziare lo show.»

Scossi la testa, provando ad avanzare di un passo, ma lui ne fece ancora un altro all'indietro. "Non è possibile." Si passò le mani tra i capelli, guardandomi impassibile. "In meno di un paio di ore hai deciso di partire per l'Italia? Sai, non è come scegliere cosa mangiare a cena."

«Beh, in realtà l'ho deciso in un paio di minuti»

"Non posso lasciarla sola, ora." Gli dissi, chiudendomi nelle spalle. "E credo che mi farà bene cambiare aria, dopo tutto quello che è successo."

"Però io posso essere lasciato solo, vero?" Disse lui, vidi le vene sul suo collo ingrossarsi e percepii ogni frangente della sua rabbia. Il magone continuava a crescere sul mio petto.

Andrew sbuffò una risata, poggiando una mano sul fianco, mentre si passò l'altra sul volto. "Ma di cosa mi stupisco?" Borbottò poi, in una risata amara. "È quello che hai sempre fatto, in fondo."

"Andrew, ti prego." Tentai di avvicinarmi di nuovo, ma ancora una volta lui retrocedette. "Vorresti dire che non è così?" Sbottò, sbracciandosi al cielo. "Non ci hai mai pensato su due volte a rinunciare a me, da sempre!" Il suo tono di voce si alzò, la rabbia si manifestò palesemente sui tratti dolci del suo volto, così in contrasto con essa.

"Che faresti al posto mio?" Gli chiesi, guardandolo attentamente. "Se Carter fosse qui, e ti dicesse di voler mollare tutto e partire, da solo. Non lo seguiresti?"

Andrew si ammutolì, puntando i suoi occhi nei miei; quasi ne percepii l'intensità. Non sapeva come rispondermi, era palesemente combattuto e glielo si leggeva in volto.

Provai di nuovo a fare un passo verso di lui, e questa volta non si allontanò. Fu così che riuscii a prendergli la mano e a poggiarla sul mio petto, stringendola tra le mie. Quella volta, la pioggia non sembrò tranquillizzare nessuno dei due. "Non credere che questo non sia difficile per me." Gli dissi, guardandolo nei suoi occhi scuri e così dannatamente belli. "E non credere che solo perché ho deciso di andarmene vuol dire che io non ti ami. Andrew, sei stato tu a farmi capire quanto bello e forte sia l'amore, e ora come ora non saprei neanche dirti in parole quanto tu mi renda dannatamente felice ogni giorno, anche solo guardandomi."

Andrew chinò il capo, chiaramente affranto. Mi avvicinai di più, premendo il mio petto contro il suo e spingendolo a guardarmi. "Rinunciare a te è la cosa più difficile di questa mia scelta."

"Allora non lo fare." Mi pregò con lo sguardo, afferrando il mio volto tra le sue mani. "Non lasciarmi qui, a vivere una vita senza di te."

Scossi la testa, le lacrime a quel punto non riuscii più a trattenerle e caddero dai miei occhi. Strinsi le sue mani sul mio volto e mi lasciai andare al suo tocco, serrando gli occhi. "Sai che non posso." Mormorai, in un singhiozzo.

Andrew serrò gli occhi, ormai chiaramente senza speranze. "Quanto tempo starai via?" Mi chiese in un sussurro, lasciando cadere le sue mani lungo i fianchi.

"Non lo so." Gli dissi. "Ma voglio che tu mi prometta una cosa."

Andrew mi guardò in silenzio, invitandomi a parlare. "Non aspettarmi, Andrew." Lo pregai, liberandomi in un sospiro. E forse fu la cosa più difficile da dire, in quel momento. Stavo ufficialmente rinunciando a lui, e l'unica cosa che avevo voglia di fare era urlare. "Voglio che tu sia felice, che trovi la persona giusta per te. Ormai è chiaro che io non posso esserlo. La mia vita è troppo incasinata per permettermelo."

"Sei tu la mia persona giusta, Cris." Fece un passo avanti, stringendomi le mani. Ebbi un flashback di quando eravamo al college, e lo beccai a barcollare nel corridoio dei dormitori. Mi disse quelle esatte parole anche lì, e sul mio cuore sembravano avere sempre lo stesso effetto. "Non ti dimenticherò mai, e nessuna sarà come te."

Quella conversazione stava richiedendo tutte le mie forze, mi sentivo completamente svuotata.

Scossi la testa, poggiando poi la mia fronte alla sua. Entrambi prendemmo un grosso respiro e poi aprimmo gli occhi per guardarci. "L'unica cosa che voglio che tu non dimentichi mai è che ti amo come non credevo di saper fare." Sospirai, sulle sue labbra. "E che lo farò per sempre."

A quel punto, retrocedetti di un passo; Andrew lasciò scivolare via le mie mani dalla sua presa e mi guardò privo di emozioni. "Per sempre, Cris." Sussurrò.

L'unica cosa che riuscii a fare fu sorridergli appena. E prima che potessi scoppiare in un pianto incontrollato, corsi in casa, non voltandomi più indietro. Quando mi chiusi la porta alle spalle, non riuscii più a trattenermi e scoppiai nel mio pianto liberatorio, che però non alleviò il mio dolore. Sentii due braccia stringermi, e ancora una volta trovai conforto in mia madre, che mi abbracciò e sembrò cullarmi proprio come faceva con Theo.

Andrew aveva ragione, quando si parlava di lui non ci pensavo più di tanto a lasciarlo. Ma in quel momento, sebbene lasciarlo andare fosse stata la cosa più difficile che avessi fatto in diciannove anni, era anche la più giusta. Sperai solo che un giorno fosse riuscito a perdonarmi.

Siamo quasi a 12K di letture. Davvero ragazze, non so come ringraziarvi. Non ho mai raggiunto un traguardo del genere durante la stesura del libro! Per me è fenomenale, davvero!

Adoro quando commentate e come avete visto rispondo sempre, quindi ora sono curiosa di sapere qualcosa...

Personaggio preferito?

Quello che odiate?

Qualcuno che vi mancherà o vi manca già (esempio Aiden, Swan, Carter... piango)

E soprattutto... cosa vi aspettate dal prossimo capitolo? Secondo voi che piega prenderà la storia?

Fatemi sapere!!🌼🤍

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