Born to be yours

By _shawnmendess__

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Cris è una ragazza a cui non piace dare a vedere tutto quello che prova: preferisce nascondersi dietro un fas... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30 - Andrew
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Informazione importante
Capitolo 50
Capitolo 51
Epilogo
Curiosità
Sono tornata!!

Capitolo 8

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By _shawnmendess__

Stremata dalla giornata ai corsi che avevo subito, decisi di tornarmene in camera per poter finalmente riposare. Gli occhi quasi mi si chiudevano da soli per quanto stanca fossi. Provai a passare la tessera nella cassetta elettronica, ma la porta non si sbloccò. Provai a spingerla, spingendola per il pomello, ma nulla.

"Ma che diavolo..." Sbuffai, prima di realizzare. "Cher." Mi lamentai, appoggiando la fronte alla porta. "Ho bisogno di riposare, ti prego. Non mi reggo in piedi."

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi vidi la porta aprirsi e la testa di Cher comparire, un accappatoio indosso e la spalla mezza nuda. "Stavolta è capitato, giuro."

"Sta capitando fin troppo spesso, non trovi?" Le chiesi, adirata. Volevo solo il mio letto. Cher mi fece un sorriso di scuse, e mi porse un'altra tessera. La guardai confusa. "È della stanza di Carter, puoi andare lì. Andrew dovrebbe essere in biblioteca."

La fulminai con lo sguardo immediatamente, strappandole la tessera dalle mani. "Sarà meglio che al mio ritorno ci sia del cibo." Cher sorrise, pronta ad abbracciarmi. Alzai gli occhi al cielo, dandole delle pacche sulla schiena, prima di dividerci. "E non sul mio letto!" Urlai, quando la porta fu ormai chiusa.

Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli. Questa situazione iniziava davvero a stancarmi, dovevo assolutamente parlarne con Cher.

Passai la tessera nel quadro elettrico, la porta della stanza si aprì ed io mi fiondai al suo interno. Un intenso odore del profumo di Andrew mi fece tossire per qualche secondo. Sapevo si riempisse di profumo, ogni volta che mi sorpassava lasciava dietro di sé una scia quasi nauseante.

Mi tolsi le scarpe con l'aiuto dei piedi, facendole volare un po' più avanti. Accesi il televisore e lo collegai a Netflix, avevo iniziato la terza stagione di Gossip Girl, e quello poteva aiutarmi a rilassarmi. Mi lanciai su un letto, capii solo dopo dal profumo che fosse quello di Andrew. Poi notai anche che sul suo c'erano due cuscini, sapevo fosse una sua abitudine quella di addormentarsi con un cuscino in più. Così ne tolsi uno da sotto la testa e lo strinsi al mio ventre, quasi come se fosse un orsacchiotto. E poi avviai l'episodio.

Dopo i primi dieci minuti, sentii immediatamente le palpebre diventare pesanti. Stetti quasi per cadere nelle braccia di Morfeo, quando la porta si spalancò. "Fa' piano." Sentii Andrew dire, poi sentii un risolino. Cos'era? Un'oca?

"Non ci vedo più dall'eccitazione." Disse lei, e comparvero entrambi nella mia visuale. Una ragazza gli stava sbottonando la camicia e gliela stava per calare. Trovai il tutto abbastanza comico, considerando che io li stavo osservando e loro non si erano accorti di me.

"Forse non ci vedi per colpa di quelle ciglia finte. Ho sentito dire che appesantiscono la palpebra." Mi feci notare io. Andrew fece un salto all'indietro spaventato, portando la ragazza con se, e che gli cadde sul petto.

Uh, mi ero sbagliata. Era un clown. Ma esisteva davvero al mondo così tanto trucco quanto ne aveva quella spalmato sulla faccia?

"Che diavolo ci fai tu nella mia stanza?" Chiese Andrew, serrando i denti tra loro.

"Ti ricordo che questa è anche la stanza di mio fratello, nonchè gemello. Abbiamo condiviso la nascita, le feste, le auto, il sonno. Quindi per la proprietà transitiva questa è anche la mia camera."

Adoravo far arrabbiare Andrew, quasi potei vedere il fumo uscirgli dalle orecchie. "Lennie." Disse, riferendosi alla ragazza. "Mi è passata la voglia."

Mi trattenni dal ridere, portando le gambe contro il mio petto. "Passerebbe anche a me vedendo lei."

Il sorriso scomparve dal mio viso. Alzai le sopracciglia e mi voltai lentamente verso di lei, boccheggiando falsamente qualche momento. "Che importanza avresti tu da credere che i tuoi insulti possano ferirmi?"

Andrew incrociò le braccia al petto, una scintilla di divertimento scattò nei suoi occhi.

"Tu piuttosto? Hai interrotto qualcosa di importante, dovresti almeno avere la decenza di uscire e lasciarci finire." La ragazza disse, portandosi una ciocca di capelli biondissimi dietro l'orecchio.

Mi alzai in piedi, ponendomi esattamente di fronte a lei. "C'ero prima io."

"Andrew." La ragazza sbuffò. "Questa è la camera di Andrew."

"E di mio fratello, da cui ho avuto il permesso. Ma per quale assurda ragione mi sto spiegando con te? Piuttosto compra le salviette struccanti, invece di accumulare il trucco sulla tua faccia di giorno in giorno." Un ghigno maligno comparve sulle mie labbra, il sorriso divertito di Andrew invece si allargò. "Guarda la sua faccia." Indicai il viso di Andrew, con disgusto. "Ha più rossetto lui che io."

La ragazza spalancò la bocca indignata, portandosi una mano al petto quasi come se l'avessi colpita. "E tu? Non dici niente?" Disse rivolgendosi ad Andrew.

"Ci provo da diciotto anni, ormai ho perso le speranze." Il ragazzo alzò le spalle con noncuranza, appoggiandosi al muro dietro di lui.

La ragazza diventò rossa di rabbia, ma con tutto quel fondotinta doveva essere difficile notarlo. Represse un gridolino isterico, abbottonandosi la camicetta trasparente che indossava. "Cancella il mio numero, idiota." Sibilò ad un soffio dal viso di Andrew, che la osservò impassibile. La ragazza si ricompose ed uscì dalla stanza, sbattendo la porta con furia.

Con nonchalance tornai a stendermi sul letto, e diedi uno sguardo al televisore. "Oh, andiamo! Mi sono persa tutto l'episodio." Sbuffai, contrariata.

Andrew, ancora immobile dove lo avevo lasciato, mi osservava alzando un sopracciglio. "Ti rendi conto di quello che è appena successo?" Mi chiese, scrutandomi attentamente.

"Mhmh." Dissi, concentrandomi però sul telefono. "Come diavolo si manda indietro?" Mugugnai, quasi tentata di lanciare il telefono contro il muro.

"Cris." Andrew parlò ancora. Non mi resi conto nemmeno di averlo davanti fin quando non mi strappò il telefono dalle mani. "Ehi!" Sbuffai, alzando la mano verso di lui, che però portò l'aggeggio dietro la schiena. "Sto parlando con te."

"E questo dovrebbe interessarmi perché?" Dissi allora io, alzando un sopracciglio, guardandolo in attesa e mettendomi seduta.

Andrew mi guardò intensamente, lanciando il mio telefono sull'altro letto. Poggiò le mani sulle mie cosce, in modo da abbassarsi alla mia stessa altezza. "Sto avendo dei seri dubbi sulla tua sanità mentale in questo momento." Disse, guardandomi male.

"Ammettilo, era divertente però." Gli risposi, ghignando. Il cipiglio di Andrew lentamente assunse dei tratti più dolci, fin quando non sollevò un angolo della bocca in un sorriso. "Un po', te lo concedo."

Sorrisi. "Cher e Carter erano nella mia stanza, ovviamente. Avevo solo bisogno di riposare." Dissi, stendendomi ancora una volta. Andrew mi spostò più in là, e si sdraiò accanto a me. "È successo qualcosa?" Mi chiese premurosamente.

"No." Gli risposi, sbadigliando. "Sono solo stanchissima." Ammisi.

Andrew si voltò sul fianco, nella mia direzione, le sue ginocchia spinsero contro le mie cosce. "Evans, lasciami i miei spazi." Dissi immediatamente, cercando di spingerlo, ma lui non si mosse di un solo centimetro.

"Ci tenevo a ricordarti che sei nella mia camera." Mi disse lui. "O meglio, sul mio letto. Posso prendermi tutti gli spazi che voglio, visto che sono i miei."

"Che avido." Sbuffai, voltandomi anche io sul fianco. Adesso eravamo faccia a faccia, percepii quasi il suo respiro battere contro il mio viso. "Dio non ti ha insegnato a condividere i tuoi beni? Ad essere più gentile con il prossimo?"

"C'è anche un altro letto." Disse allora lui, ma vidi un sorriso comparire sulle sue labbra.

"Si, ma su questo c'ero prima io." Borbottai, permettendomi di chiudere per qualche istante le palpebre. "Sai che se ti addormentassi potrei farti svegliare sul balcone?" Disse.

"No, non lo farai." Gli risposi allora io, stringendomi quasi istintivamente le braccia al petto.

"E chi te lo assicura?"

"Se avessi voluto farlo davvero non me lo avresti detto." Aprii gli occhi, me lo ritrovai a pochi centimetri dal volto. "Quindi o non lo farai davvero o sei più stupido di quello che credevo."

Una risata vibrò nel petto di Andrew. "Certo che diventi più stronza a mano a mano che passano i giorni."

"I tuoi complimenti mi lusingano." Sorrisi. "Posso addormentarmi o mi farai svegliare in mezzo al corridoio?" Gli chiesi allora.

Andrew non rispose per qualche momento. Mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, con fare attento, ed io scrutai ogni sua singola mossa, ogni muscolo che guizzò a causa del suo movimento, ed ogni espressione che fece senza nemmeno rendersene conto. Aveva un cipiglio che ai miei occhi risultò quasi carino, facendomi focalizzare sulle rughe che si formarono tra le sue sopracciglia.

"Riposa, Cris." Sussurrò. E allora mi permisi di stringermi di più contro di lui, quasi come se fosse la mia unica fonte di calore. Andrew fu sorpreso in un primo momento, ma mi lasciò fare. Poggiò un braccio sulla mia vita e mi spinse contro il suo petto, poi appoggiò il mento sopra la mia testa. Accarezzava dolcemente il mio fianco scoperto, dato che la maglia che indossavo si sollevò di poco. Non mi resi nemmeno conto che la sua mano finì sotto di essa, e accarezzò direttamente la mia pelle, perché Morfeo mi catturò tra le sue braccia. E mi addormentai così, con la sua mano che mi carezzava dolcemente il fianco, e il suo profumo che mi entrava prepotentemente nelle narici, anche se in quel momento non mi sembrò poi così tanto fastidioso.

Non seppi esattamente dopo quanto tempo riaprii gli occhi, sapevo solo che mi sentii finalmente di nuovo al pieno di energie. Mi ci voleva proprio quella bella dormita, ero crollata come un ghiro.

Aprii gli occhi e mi trovai Andrew, ancora steso accanto a me, che smanettava su quello che riconobbi essere il mio cellulare. "Potrei denunciarti per violazione della privacy." Borbottai, con la voce ancora roca a causa del sonno appena interrotto.

Andrew si voltò verso di me, quasi come se si fosse scordato che fossi sdraiata accanto a lui. "Carino il fatto che tutte le foto che tu abbia salvato siano di ragazzi mezzi nudi." Mi prese in giro lui, e notai che fosse nella mia pagina di Instagram, tra gli elementi salvati.

Ero una ragazza, chi sarebbe riuscita a resistere al giovane fascino di Johnny Deep? A volte, solo guardandolo, maledivo i miei genitori per avermi fatta nascere in così tarda età e senza una via di slancio nel mondo dello spettacolo. Avrei fatto qualunque cosa pur di svegliarmi la mattina accanto a Johnny Deep. Sebbene anche Andrew fosse abbastanza piacevole da guardare, considerando che aveva ancora gli addominali scoperti dalla camicia sbottonata, non lo era abbastanza da eclissare quel gran pezzo d'uomo che costellava il mio Instagram.

"Si chiama privacy appunto per questo." Dissi, stropicciandomi gli occhi. "Che ore sono?"

"Quasi le nove di sera." Disse, facendomi sbarrare gli occhi. Quanto diavolo avevo dormito? Sentii la pancia brontolare e mi convinsi di essermi svegliata proprio a causa della fame. "Ti va di andare a mangiare qualcosa? Ho fame." Diedi voce ai miei pensieri.

Andrew annuì, porgendomi di nuovo il mio amato cellulare. "Pizza?"

Sorrisi, felice. "Mi hai appena migliorato la serata."

Mi alzai allora, cercando con lo sguardo le scarpe che precedentemente avevo abbandonato a terra. "Anche la mia presenza te la migliorerebbe." Mi punzecchiò lui, con un sorriso vittorioso sulle labbra. Puntai le mie scarpe dietro il letto di Carter e le raggiunsi.

"Non darti troppe arie, Evans." Gli dissi, alzando gli occhi al cielo, anche se nel mio tono si evinse chiaramente una punta di divertimento. "Sai solo come fare colpo su di me con il cibo."

Misi le scarpe e mi voltai verso il ragazzo, che ora stava indossando un maglioncino di cotone caldo color panna, che sembrava mettere ancora più in risalto i suoi tipici caratteri mediterranei. Sorrise sbilenco nella mia direzione. "Non avrei bisogno del cibo per farti cadere ai miei piedi, Cristina cara."

"Con Cristina sono tornata ad odiarti, andrò a prendere la pizza da sola." Gli feci una linguaccia, superandolo. Andrew mi afferrò il polso e mi ritrovai praticamente spalmata sul suo petto. Un deja-vu della sera della festa tornò prepotentemente nella mia mente, e non seppi esattamente perché, ma mi ammutolii all'istante.

"Uh, chi è ad avere l'alito pesante ora?" Disse. Lo colpii violentemente al petto, con uno sguardo carico di disprezzo. "Neanche il tuo è esattamente all'acqua di rose." Lo citai, facendolo sorridere. Mi lasciò il polso e prese la tessera dalla scrivania.

"Carino usare le mie stesse battute contro di me." Disse, una volta che fummo in corridoio. "Mi diverto con poco." Dissi, l'ombra di un sorriso sulle mie labbra mentre incrociai le braccia al petto.

"Sei proprio tu? Andrew Evans? O è un miraggio?" Chiese una voce alle nostre spalle. La pelle mi si accapponò all'istante, una scarica di brividi lungo tutta la spina dorsale mi fece immobilizzare. Intravidi solo Andrew aprirsi in un grosso sorriso, e guardare esattamente alle mie spalle, mentre io non avevo nemmeno il coraggio di fiatare. Avrei riconosciuto quella voce tra mille.

"E tu cosa ci fai qui, brutta merda?" Andrew disse, superandomi. Io rimasi immobile, come se una forza misteriosa tenesse i miei piedi ancorati alla moquette bordeaux dei corridoi.

"Sono arrivato ora, studierò qui." Due semplici parole che furono in grado di far comparire un enorme peso sulle mie spalle, così pesante che mi sentii sprofondare a metri sotto terra. "Ho avuto dei problemi a casa e non sono potuto arrivare prima."

Poi ci furono degli attimi di silenzio, in cui nessuno dei due parlò. "Noto con piacere che continui a darti da fare anche al college." Altri brividi che, però, in quel momento sembrarono risvegliarmi dal mio stato di trance. Mi voltai lentamente, i miei occhi captarono immediatamente quei profondi smeraldi che un tempo erano così belli ai miei occhi.

La sua bocca si aprì leggermente, gli occhi si spalancarono. "È solo Cris, idiota." Andrew gli diede una pacca sulla spalla, che lo fece risvegliare. Scosse la testa come a riprendersi dai suoi pensieri, e mi rivolse un sorriso che mi fece accapponare la pelle. "Cris, è un piacere rivederti."

Non fiatai per qualche attimo, dando una leggera occhiata a Andrew, che mi guardò confuso. "Thomas." Sussurrai, come se la voce mi fosse tornata solo in quel momento.

E il cuore iniziò a battere di nuovo nel mio petto, il respiro a mancarmi. Solo pronunciare quel nome era la certezza che un altro attacco di panico sarebbe tornato a farmi visita a breve. Ma strinsi i denti e le dita contro i palmi delle mie mani, quasi credetti potesse uscire il sangue per quanta forza ci misi. E poi guardai di nuovo Andrew, e mi bastò solo quello: lui aveva capito, e il suo sguardo fu solo un'ulteriore conferma.

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