Born to be yours

By _shawnmendess__

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Cris è una ragazza a cui non piace dare a vedere tutto quello che prova: preferisce nascondersi dietro un fas... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30 - Andrew
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Informazione importante
Capitolo 50
Capitolo 51
Epilogo
Curiosità
Sono tornata!!

Capitolo 3

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By _shawnmendess__

"Cris, tutto bene? È un'ora che sei chiusa in bagno." Cher picchiettò alla porta del bagno, con insistenza.

"Si, mi sto vestendo." Le dissi. La sentii sospirare e poi, lentamente, allontanarsi dalla porta.

In realtà rimasi in accappatoio per altri dieci minuti, seduta per terra, e con le gambe strette al petto.

Andava meglio, lentamente l'attacco di panico era andato scemando ed ero tornata a respirare regolarmente. Per cui decisi di vestirmi sul serio.

Quando uscii dal bagno, Cher sembrò tirare un sospiro di sollievo. "Stai bene?"

"Mai stata meglio." Le dissi, aggiungendo anche una linguaccia, cercando di mascherare il più possibile il mio stato d'animo. Non mi piaceva parlare dei miei problemi, tantomeno esternarli, nonostante Cher fosse la mia migliore amica praticamente da una vita.

Lei non sembrò credermi fino in fondo, ma decise di lasciar perdere e gliene fui grata. "I ragazzi ci stanno aspettando fuori."

Annuii, prendendo il telefono, ed insieme alla mia amica uscimmo in corridoio. Trovai due paia di occhi a scrutarmi attentamente, potei capire lo sguardo indagatore di Carter, ma Andrew? Gli riservai un'occhiataccia, data la mia confusione, e quando sembrò notarla, scosse la testa e si avviò verso l'uscita dei dormitori.

"Come stai?" Mio fratello mi affiancò, le mani nelle tasche e lo sguardo fisso sulle sue Jordan. "Non avrei dovuto dirti di papà." Sussurrò.

"No, hai fatto bene." Lo rassicurai, avvolgendo un mio braccio intorno al suo. "Solo che ora che finalmente siamo lontani da lui, sembra fare di tutto pur di farsi risentire in qualche modo."

Carter sospirò, passandosi una mano nei suoi capelli per stirarli verso l'alto. "Non ce ne libereremo mai, lo sai." Mi disse.

Notai come Cher, che faceva finta di ascoltare quanto Andrew le stesse dicendo, guardasse con la coda dell'occhio nella nostra direzione, probabilmente cercando di captare quello che stavamo dicendo. Lei mi raccontava sempre tutto; se succedeva qualcosa nella sua vita, io ero sempre la prima a venirne al corrente. Io, dal mio canto, ero stata sempre molto più riservata, persino con lei. Non che non mi fidassi, anzi era la persona di cui mi fidavo di più al mondo, a parte mio fratello. Era solo che certe cose non amavo condividerle.

Poi vidi come Andrew, resosi conto che Cher non gli stava dando minimamente retta, le pizzicò un braccio. La ragazza urlò, e lo colpì sulla spalla. Ridacchiai alla vista di quella scena, poi mi voltai verso mio fratello. "Non parliamone più, okay?" E gli sorrisi.

Lui annuì, lasciandomi un bacio tra i capelli. Entrambi aumentammo il passo e raggiungemmo gli altri due. Andrew fu il primo a parlare. "Verrete stasera alla festa?"

"Quale festa?" Chiese Cher, con gli occhi che già si illuminarono dall'emozione.

"Una confraternita organizza una festa per l'inizio dell'anno accademico." Carter prese parola, la mia amica sembrò pendere dalle sue labbra solo nel sentirlo parlare. "Non dovrebbe essere male."

"Male?" Andrew disse, quasi indignato. "Sarà uno sballo!"

"Beh, io e Cris verremo senz'altro." Cher disse, prendendomi sottobraccio. "Eh già." Risposi io, alzando gli occhi al cielo. "Tanto chi se ne frega dell'opinione di Cris?"

"Io non di certo." Fu Andrew a parlare, cosa che mi fece scrollare le spalle con disinteresse. "Non che a me importi della tua esistenza." Gli risposi a tono.

"La tua però sarebbe molto monotona senza di me." Si voltò verso di me e ammiccò con quella che doveva essere sensualità, ma io mi limitai a guardarlo alzando un sopracciglio. "Monotona ma migliore." Gli risposi.

Andrew fortunatamente non ribatté, e la conversazione morì. Gli avevo riservato così tanti insulti negli anni precedenti, che ormai non facevano più effetto. Lui, però, si ostinava a farmi dare di matto ogni volta che aprisse bocca.

Eravamo vicini di casa da quando ne avevo memoria. Avevo sempre ricordato Andrew con quell'aria sfacciata e il sorriso malefico, fin da quando a soli tre anni mi rubò il posto sull'altalena del parco sulla spiaggia accanto. Mi fece una linguaccia per dimostrarmi la sua sudata vittoria, data la corsa che aveva fatto per raggiungere l'altalena, e continuò a dondolarsi. In quel modo conquistò le grazie di mio fratello, comodamente seduto su quella accanto la sua, e da allora furono inseparabili. Io semplicemente mi lasciai cullare dalle braccia di mia madre, e meditai vendetta per quella testa maligna di ricci insensati. Il mio odio per lui crebbe negli anni, così come noi stessi: lo odiai quando urlò davanti tutta la scuola quanto mi imbottissi il reggiseno per far sembrare il mio seno più grande, cosa assolutamente non vera; lo odiai quando mi fece prendere una nota disciplinare per linguaggio inappropriato, mentre io semplicemente avevo risposto ad una sua sberla sulla nuca; lo odiai quando mi sgonfiò le ruote della bicicletta ed io, una volta uscita sul vialetto di casa, pieno di brecce, caddi letteralmente come un pesce lesso, sbucciandomi le ginocchia e i palmi della mano. Iniziai ad odiarlo nei suoi ghigni malefici, nelle sue occhiate, nel suo modo di parlare, nel fatto che, quando parlava di me, non avesse alcuna tipologia di filtro alla bocca. Lo odiavo a tre anni e la situazione a diciotto non era affatto cambiata, anzi, forse era peggiorata. Eppure, non riuscivo ad immaginare una singola giornata senza rivolgergli almeno un insulto, una sberla, una spinta. Deriderlo mi faceva sentire più libero l'animo, di questo dovevo dargliene atto. E forse si, la mia vita sarebbe risultata davvero monotona.

Raggiungemmo la mensa, con la mia migliore amica che non smetteva spudoratamente di fare gli occhi dolci a mio fratello. Non avevo mai pensato ad una loro eventuale relazione, anche perché ero sicura che mio fratello la vedesse come un'altra gemella. Anche lei era cresciuta con noi, se non ricordavo male i nostri genitori, in tenera età, ci fecero perfino un bagno tutti e tre insieme. Dovevo avere quella foto in qualche cassetto della mia scrivania, a Los Angeles. Tuttavia, qualche volta mi era capitato di sentire mio fratello parlare di come fosse venuta su bene Cher, crescendo; ma non avrei saputo dire se la sua frase volesse intendere altro o no.

"A che ora c'è la festa?" Chiese Cher, prendendo un morso del suo hamburger.

"Alle dieci inizia, la confraternita è esattamente fuori dal college, per cui dovremmo arrivarci senza problemi." Fu mio fratello a risponderle.

Stetti per chiedere qualche dettaglio in più, quando una mano si intrufolò nel mio piatto, rubandomi una patatina. E se c'era una cosa al mondo che non tolleravo, era quando qualcuno si appropriava del mio cibo, senza permesso oltretutto. Mi voltai, perciò, con sguardo omicida verso colui che aveva giocato questa infamia, fulminandolo con gli occhi.

"Ti stacco le mani e te le faccio risalire su per il culo, Evans." Ringhiai, avventandomi su di lui per riprendermi la patatina. Decisi che strozzarlo sarebbe stato il mio prossimo obiettivo, quando con nonchalance si portò la patatina alle labbra e poi la mangiò.

"Principessa faccia attenzione, le è caduto il guanto." Andrew disse, indicando un punto a caso del pavimento.

Lo guardai serrando le labbra tra di loro. "Una vera principessa il guanto se lo fa raccogliere, quindi prego, obbedisci."

"Eccoli che ricominciano." Mio fratello sbuffò, massaggiandosi le tempie irritato.

"Obbedisci? Mi hai forse preso per un cane?" Disse lui, con quel solito ghigno fastidioso che avrei voluto togliergli a suon di sberle.

"A dire il vero un cane sarebbe più magnanimo di te." Ringhiai, incrociando le braccia al petto adirata.

"Ti ho solo preso una patatina dal piatto." Sbuffò lui, sbracciandosi al cielo.

"Perché non mi hai preso direttamente il cuore, a questo punto?" Mugolai. Aveva preso solo una patatina, ma avevo la sensazione che la mia porzione fosse diminuita notevolmente. E di conseguenza, sapevo che non mi sarei saziata solo con quella. La mia mente era malata e ne ero consapevole.

"Se fai la brava ti porto a prendere il gelato dopo." Mi accarezzò con finta premura i capelli, e con un sorriso materno sulle labbra.

"Sai dove puoi ficcartelo il gelato, razza di imb-"

"Adesso basta!" Mio fratello disse, poggiando le sue mani sulle nostre spalle. "Datevi una calmata. Cris, ti ha preso una fottuta patatina, non tutta la porzione."

"Ma tu da che parte stai?" Mugolai verso mio fratello. Tradita dal sangue del mio sangue.

"Dalla parte della ragione, tesoro." Andrew disse, motivo per cui gli rifilai una gomitata esattamente nello stomaco. Lui respirò a fatica, con gli anni avevo imparato a colpirlo bene. "E ti ho graziato." Gli dissi, spostando il mio vassoio un po' più in là, in modo che non potesse rubarmi altro cibo.

Andrew si riprese subito dopo, non che la mia gomitata avrebbe potuto stenderlo, in ogni caso. A quello ci stavo ancora lavorando.

Una volta tornati ognuno nelle rispettive camere, io mi distesi sul letto, beandomi delle cuffie e della mia playlist, che mi accompagnava perennemente durante le mie giornate. Cher andò a farsi una doccia, e rimase chiusa in bagno per due ore buone.

Verso il tardo pomeriggio, si diresse al suo armadio per decidere cosa mettere. Io, alquanto semplicemente, indossai un paio di shorts, decisa a sfruttare al meglio quegli ultimi frangenti d'estate che ci rimanevano, e una maglia a tre quarti, in pizzo bianco. Lei optò per un vestito, ed insistette così tanto per arricciarmi i capelli che alla fine la accontentai, solo per non sorbirmi le sue lamentele fino al mal di testa.

Quando Carter e Andrew vennero a bussare alla nostra porta, eravamo pronte da un pezzo. Sperai solo che quella serata mi avrebbe aiutata ad integrarmi di più nella nuova realtà che stavo vivendo: il college.

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