Skinny Love

By OwlChannel

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"Era un amore fragile il nostro ed a un certo punto si è spezzato. Forse, se fossi stata diversa, sarei riusc... More

Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Capitolo XXX
Capitolo XXXI
Capitolo XXXII
Capitolo XXXIII
Capitolo XXXIV
Capitolo XXXV
Capitolo XXXVI
Ringraziamenti

Capitolo XXXVII

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By OwlChannel

"Secondo me dovresti accettare di fare l'audizione, è una grossa opportunità e- Jade, mi stai ascoltando?"

La ragazza aveva il viso rivolto verso finestra, i suoi occhi erano fermi, non guardavano nulla in particolare. Il traffico continuava ad aumentare, nonostante ti sembri che il tempo si sia fermato il mondo non fermerà mai la sua corsa. Tu sarai solo un puntino, bloccato da altri miliardi di essi troppo occupati a continuare a correre per curarsi di uno che rimane fermo al suo posto, che poi infondo il suo posto non è.

"No."

L'uomo sbuffò, abbandonandosi allo schienale della sedia e accendendosi una sigaretta. Jade arricciò il naso non appena l'odore di tabacco bruciato raggiunse le sue narici. Il fumo si aggrovigliava intorno al viso di Josh, giocava e ballava lentamente nella consapevolezza della sua fragilità, venendo spazzato via come non fosse mai esistito, lasciando soltanto il tanfo al suo posto.

"Stavo controllando le e-mail ieri sera."

Di fronte a lei, il manager avrebbe voluto chiederle cosa questo potesse centrare con il loro discorso, ma decise di fare silenzio, aspirando a fondo dalla sua sigaretta, sentendo il sapore forte del tabacco sulla lingua, dentro i polmoni, si allargava e ti mangiava dall'interno, come il morso della fame.

"Ce n'era una dell'ospedale." - disse semplicemente Jade, guardando l'uomo di fronte a lei giocherellare con il pacchetto stropicciato di Marlboro.

"Che significa?" - a questo punto Josh era più confuso di prima. -" E da quando gli ospedali mandano mail?"

L'attrice alzò le spalle.

"Vogliono farmi fare un altro simpatico soggiorno lì."

"Perché?"

Jade gli porse il computer in malo modo, tornando a guardare la finestra. Lui iniziò a leggere, aggrottando le sopracciglia.

"Oltre a questo, hai saputo di Beck?"

Lei non rispose, si limitò a stringere la manica della maglia tra le dita. Sapeva che glielo avrebbe chiesto, ma come al solito cercava di ignorare ciò che sembrava ovvio. Fin dove si era spinta? A che punto era riuscita a portare la situazione soltanto per non essere stata onesta, in primis con se stessa?

"Sono riuscita anche ad allontanarlo dalla recitazione..." - se lo lasciò sfuggire dalla labbra, senza nemmeno notarlo. Un sorrisino amaro le increspò le labbra, ma faceva fin troppo contrasto con i suoi occhi.

Loro avevano qualcosa di diverso.

"Credi sempre sia colpa tua, il mondo non gira intorno a te." - non l'aveva detto con un tono tagliente, anzi, era pacato.

Sembrava stanco.

Jade alzò un sopracciglio, guardando Josh dritto negli occhi. Se solo gli sguardi avessero potuto gelare, quell'uomo in quell'istante si sarebbe tramutato in una statua di ghiaccio.

"Come, scusa?"

Lui non si scompose.

"È così, sei egoista Jade, non puoi negarlo." - nemmeno questa volta era stato aggressivo.

Che tono strano, sembrava stesse cercando di insegnarle pazientemente qualcosa.

Però non è così che si rimprovera qualcuno di essere egoista.

"Stavo cercando di proteggerlo."- la ragazza alzò la voce, stringendo i pugni. Sentiva il calore del sangue affluire sulle sue guance, rendendole scarlatte per la rabbia. Che diavolo aveva appena detto? Non aveva senso nemmeno per lei. Beck non voleva essere protetto da niente, c'era molto di più dietro tutto quella storia.

Era lei che non voleva ammettere la verità, perché faceva troppa paura. Aveva costruito fortezze e castelli di bugie, un bel romanzo o forse una stronzata pazzesca, soltanto per rendere tutto più drammatico o magari soltanto più stupido.

Scelte egoiste per una storia egoista.

Josh aveva ragione, lo sapevano entrambi.

Jade voleva soltanto che tutto avesse un senso nella sua testa anche senza ammettere questa verità così spaventosa.

"Smettila di mentire Jade, tu ti sei convinta di fare una cosa giusta per coprire la tua paura di affrontare i tuoi sentimenti. " - le parole erano partite come spilli dalla bocca dell'uomo, verità che urlavano nella sua testa improvvisamente riversate fuori, conficcandosi sul suo corpo. Le sentiva pungere dappertutto.

Le parole.

Quanta importanza hanno le parole?

"Tu non lo sai..."

"Io so più di quanto credi." - non la lasciò finire, lei doveva capire.

Cos'è che credeva l'attrice minuta, quel ritratto di ragazza forte dietro quel tavolo bianco?

E a cosa non aveva creduto?

"Ti vedo, Jade West. So cosa stai facendo e stai sbagliando."

"Vattene."

"Non ce la fai proprio eh?"

No, non ce la faceva. Aveva bisogno di pensare.

"Fuori!"

Non una parola di più. Solo una porta che sbatte, ancora.

L'urto fece cadere gli spilli, la pelle bruciava. Fu come se si fosse improvvisamente svegliata, i pensieri si frantumarono al suolo, cocci di cristallo sul pavimento. Le andarono negli occhi e non c'era modo di farli uscire. Ma qualcosa ardeva dietro di essi.

Sentiva il cuore sbattere contro il petto.

Capiva.

~°~°~°~°~

Qualche fiore qua e là, righine, volant. Sembrava un prato coperto da tovaglie per fare picnic la valigia rosa acceso che giaceva aperta, inerte e abbandonata sul letto da circa venti minuti.
Cat teneva un paio di scarpe con due dita, facendole dondolare. Il suo sguardo passava in rassegna ogni singolo oggetto in quella stanza, dalla carta abbandonata di una caramella sul tappeto all'ombra scura di Sam.

Sam.

"Quando sei entrata?" - chiese voltandosi verso di lei.

"Poco fa." - una piccola pausa, ma sembrava fosse durata un'eternità. - "Forse è ora che anch'io faccia le valigie."

"Le... le valigie? Pensavo che tu-" - Cat non ebbe il tempo di finire, le parole dell'amica si riversarono su di lei come l'acqua di un fiume in piena.

"Cosa, che sarei rimasta? A fare che? La spumeggiante babysitter? Cat, non posso farlo senza di te, come non potevo continuare lo show senza Carly."

"Io... posso restare, annullo tutto quanto, nonna sarà felice e tu non... tu non perderai un'altra amica." - si affrettò a cercare una soluzione, la piccola rossa, mentre le parole inciampavano le une sulle altre.

Samantha fece un piccolo sorriso, accompagnato da un cenno con la testa.

"No Cat, stavolta è diverso. Inizierò a crescere davvero. Io voglio tornare a Seattle."

Ancora quel silenzio. Cat riusciva a sentire il suo stesso respiro.

"A Seattle...?"

Sam annuì.

"Non è soltanto... non è perché stai partendo. È perché adesso ho capito cosa devo fare e non posso continuare ad essere una bambina sperduta dell'isola che non c'è per sempre. È ora di crescere. La tua partenza mi ha soltanto fatto pensare." - Sam cercò di spiegare ciò che le balenava per la mente, fu come tentare di far capire la fine complicata di un libro ad un bambino.

"Mi racconterai ancora quelle storie divertenti ogni tanto...?" - domandò Cat dopo un po', con la voce ancora più bassa e un filo di capelli stretto attorno all'indice.

Sam fece un sorriso un po' storto, ma sincero.

"Certo." - promise.

~°~°~°~°~

"Uno, due e tre... fai un giro e mangia un cioccolatino!" - esultò Milly, spostando la sua pedina arancione sul tabellone.

"Questo gioco è stupido..." - borbottò Liz, lanciando uno sguardo esasperato alla madre, la quale osservava la figlia più piccola nella sua impacciata giravolta.

Si lamentava tanto Liz, ma non avrebbe mai smesso perché in fondo in fondo si divertiva troppo a tornare bambina.

"Guarda il lato positivo, puoi mangiare un sacco di dolcetti." - per la prima volta dopo tempo, la donna sembrava davvero divertita.

Elizabeth sorrise.

Proprio mentre Emily scartava il suo cioccolatino, il campanello suonò.

"Din-don, vado io!" - esclamò, correndo ad aprire.

Jade tolse gli scuri occhiali da sole nell'istante in cui la bambina dagli occhi chiari aprì la porta.

"Ciao!"

"Ciao, io... vado via subito, dovevo portarvi delle cose." - bofonchiò, stringendo il manico della borsa che portava su una spalla.

"Oh, Jade sei tu." - La signora McCartney, che aveva appena raggiunto la figlioletta, sorrise.

"Sì, ho delle cose per Liz e Milly." - spiegò entrando.

"Regaliii!" - esultante, Emily si cacciò il tanto atteso a cioccolatino in bocca.

"Regali?" - chiese incuriosita Elizabeth, spuntando nell'ingresso come una gatta silenziosa.

"Si, beh, non ti agitare troppo."- rispose indifferente l'attrice, infilando una mano nella borsa e tirandone fuori due quadernetti di taglie diverse. - "Oggi sono salita in soffitta e ho trovato questi... pensavo che sarebbero stati più utili a voi due mocciosette che a me a prendere polvere in quel buco." - borbottò, dando quello più piccolo a Milly e il più grande alla sorella.

"Woooow." - estasiata, Milly sfoglio le pagine del quadernetto.

"Non prendetemi per Babbo Natale adesso." - le minacciò la ragazza, mettendo le mani nelle tasce del cappotto.

"Grazie Jade." - la ringraziò Anne.

La ragazza fu felice di vederla così tranquilla, quasi sorrise. Il ticchettare dell'orologio appeso alla parete la distrasse però, fu per questo che volse la sua attenzione a quel piccolo oggetto.
Lo stava odiando, stava odiando il lento scorrere del tempo. Non sapeva nemmeno quando sarebbe partito, sperava lo avesse già fatto soltanto per togliersi di dosso il peso di avere la possibilità di potergli parlare e non volerlo fare.

Perché, poi? Orgoglio?

Paura, ancora?

La signora McCartney dovette accorgersi del suo sguardo assente, infatti mise una mano sulla sua spalla facendola voltare verso di lei.

"Tutto okay?"

La domanda rimbombò nella sua testa come il suono fa con le pareti di una stanza vuota.

"Quanta forza ci vuole ad ammettere una verità che ti spaventa?" - chiese, lanciando uno sguardo alla mano sulla sua spalla e scansandosi cercando di non essere troppo rude.

"Tanta..." - ammise sincera la donna. -"Ma ne vale sempre la pena, sai? Ti senti meglio se lo fai."

"E cosa fai quando non sei forte?"

"Oh Jade... tu sei forte, dovresti solo crederci un po' di più."

Ma certo, ecco ancora quella storia.
Era tutto sul crederci o no che si basava l'equilibrio della forza.

Doveva per forza essere così.

"Io vado." - sentenziò dopo qualche minuto, dirigendosi verso la porta mentre le due ragazzine stavano ancora contemplando i loro regali.

Cosa avrebbe potuto scrivere dentro quel quadernetto quella bambina smilza con i capelli sempre spettinati?
E come avrebbe riempito tutte quelle pagine bianche Elizabeth?

Non aspettò nessuno, come al solito, ma non le sfuggì la frase che Anne si lasciò scappare prima che salisse in macchina.

"Fai la scelta giusta."

~°~°~°~°~

Quegli scalini sembravano non finire mai, teneva lo sguardo basso e le mani nelle tasce, i suoi piedi erano diventati macigni troppo pesanti da sollevare. Non era sicura che fosse quella la cosa giusta da fare, o meglio, se ne sarebbe stata capace.
In questo caso il 'tentar non nuoce' non valeva niente. Sentì dei passi e una porta chiudersi, in quel momento avrebbe voluto non essere mai arrivata fino a quel punto. Lo scampanellio di un mazzo di chiavi, lei che si fermava  all'estremo del pianerottolo ed una figura di cui ormai conosceva ogni sfumatura.

"Hey... " - doveva pur iniziare in qualche modo, consapevole che probabilmente quello non era il migliore.

Nessuna risposta da parte di Beck, nonostante il suo cuore avesse fatto un salto e la rabbia fosse uscita fuori dal suo nascondiglio nello stesso momento.

"Io... non pensavo trovarti qui."

"Allora perché sei venuta? Ascoltami, non ho intenzione di sentire ancora una volta i tuoi stupidi discorsi, le tue giustificazioni e paranoie. Non adesso che sto cercando di mettere tutto a posto." - si fermò un secondo, passandosi una mano tra i capelli, esattamente come quella volta al molo o come praticamente ogni volta che cercava di rimanere calmo senza farsi sopraffare dalle emozioni. Non era nemmeno riuscito a controllarle tutte quelle parole, si erano liberate dalla loro gabbia da sole e spezzato la sua maschera di finta serenità. - " Non puoi arrivare, mettere tutto in disordine e andartene come ogni volta..."

"Come ogni volta? Ogni volta quando Beck, che sei sempre stato tu a lasciarmi come una cretina da sola!"

"Non è vero!"

Jade alzò un sopracciglio, per poi sbuffare e passarsi una mano sul viso. Rimasero in silenzio per un po', senza guardarsi. Beck stava controllando dentro il borsone tutte le cose che aveva recuperato, sistemandoselo meglio sulla spalla più o meno ogni tre secondi, mentre la ragazza fissava inerte il muro.

"Beck." - il suo tono era strano. Sembrava rassegnato, ma allo stesso tempo molto più sereno del solito.

L'attore alzò gli occhi puntando il suo sguardo su di lei.

"Non sono venuta qui per dirti che ti amo, che non voglio che te ne vada e che ho sbagliato tutto, okay? Non posso farlo, sarebbe una cosa banale e stupida, da donnetta depressa alla fine di ogni film romantico."

Beck non riuscì a non farsi scappare un sorrisino a quel paragone. Un po' riusciva ad immagginersela con i capelli cotonati e le lacrime agli occhi ad interpretare una scena del genere.

" Voglio solo... dirti la verità. Una verità che ho dovuto cercare molto. All'inizio non la capivo nemmeno io, mi ci è voluto un po'. Voglio essere io la persona matura e calma per una volta. Una volta soltanto."

"Jade, ho un aereo da prendere, potremo parlare un'altra volta." - non sapeva se volesse realmente ascoltarla, ma sicuramente se non l'avesse fatto si sarebbe chiesto per sempre cos'altro avesse avuto da dire quella strana ragazza di Los Angeles.

"No." - gli occhi di Jade, di nuovo come mare in tempesta, non erano più freddi. C'era calore, determinazione, passione. C'era la Jade bambina, quella con la testa piena di domande e di sogni, di promesse e certezze, e c'era quella adulta, la Jade che aveva finalmente smesso di scappare.- "Dobbiamo parlare adesso, te lo pago io il prossimo biglietto, solo... ascoltami dieci minuti. Non di più."

Il ragazzo si poggiò alla porta chiusa, lasciando cadere il borsone a terra e guardandola, aspettando che continuasse.

Lei fece un respiro profondo, iniziando a parlare a voce bassa.
Sapeva che sarebbe stato difficile.

"Quando ti ho lasciato pensavo fosse la cosa migliore da fare. Pensavo che... alla fine, in fondo, ci fossimo anche un po' stancati l'uno dell'altra. Credevo fossimo solo spaventati dall'idea di lasciarci andare, anche se era tutto ciò di cui avevamo bisogno. Ho pensato... tanto possiamo avere qualunque cosa vogliamo, forse è ora di dimenticare tutto e ricominciare. Solo che dopo, al momento di farlo davvero, è stato più difficile di quanto pensassi. Ti amavo, nel mio modo strano e contorto che tu hai sempre capito, ma la verità, soltanto adesso me ne rendo conto, è che avevo smesso di crederci... che ero troppo stanca di essere di nuovo sola, di non averti accanto a me ogni volta che ne avevo bisogno. Non riuscivo a sopportare l'idea che tu potessi trovare qualcuno migliore, qualcuno che potesse seguirti ovunque che non trovasse valida ogni minima cosa per dare vita ad una discussione."

Le sue dita avevano allentato la presa rabbiosa con cui stavano stringendo le chiavi dell'appartamento, Jade le stava guardando da un po'. Se solo avesse alzato lo sguardo avrebbe visto come gli occhi scuri di Beck si erano fatti più profondi, attenti, vivi come fuoco ardente. La stava ascoltando e stava capendo.

Dio, era così arrabbiato.

Ma allo stesso tempo, come poteva esserlo quando lei era venuta lì, mentre cercava di non fargli vedere quanto le sue mani tremassero, nascondendole nelle tasche del cappotto non appena si rendeva conto di star gesticolando troppo, spiegandogli per la prima volta dopo tanto tempo quale assurdo casino fosse scoppiato dentro la sua testa?

"La verità Beck... "- esitò, per un attimo pensò di dire un'altra bugia, di scappare ancora. Però no, non poteva. Alzò lo sguardo, modo che lui potesse vederla in viso mentre parlava. - "La verità è che non ci credevo abbastanza, ho perso speranza in me e ho smesso di credere in noi. Ti ho detto che il nostro era un amore fragile, ma la fragilità non esiste. Non ho voluto provare ancora, è stata colpa mia. Bisognava crederci ed io non lo facevo abbastanza. So che non serve a niente, ma mi dispiace. È sempre colpa mia, ho combinato un casino, è questo ciò che faccio."

"Io ero innamorato dei tuoi casini." - la interruppe, la voce un po' roca per essere stato così tanto tempo in silenzio.

"Lo eri...?" - la ragazza lo guardò negli occhi, stringendo la federa nera del cappotto da dentro le tasche. Avrebbe voluto annullare quella stupida distanza che li teneva separati, chiedergli scusa con le dita fra i suoi capelli, proteggerlo dalla sua stessa incoscienza riempiendolo di baci.
Eppure restava ferma lì, strisciando la suola consumata dei suoi anfibi contro le mattonelle del pianerottolo.

"Odio ammetterlo, ma lo sono ancora."

Lei abbassò lo sguardo, nascondendo un piccolo sorriso che non era riuscita a trattenere.

"Allora cosa pensi di fare?" - sussurrò.

Beck fece qualche passo in avanti, chinandosi leggermente per guardare meglio gli occhi chiari di Jade sorridendo quasi impercettibimente, un attimo prima di posare le labbra sulla sua fronte, mettendo le mani calde sul suo viso pallido.
L'attrice rabbrividì, chiudendo gli occhi.

"Mi perdoni...?"

"Probabile..."

Jade lo abbracciò, stringendolo forte. Posò la fronte sulla sua spalla, serrando le palpebre.

"Mi dispiace, io volevo solo che tu fossi felice, mi ero convinta di una cosa tutta sbagliata, io... posso darti tutte le risposte che vuoi, niente più bugie, te lo prometto. So che adesso non ti fidi, ma potrai farmi tutte le domande che ti vengono in mente, ti dirò tutta la verità... io ho ancora delle verità da raccontare." - aveva parlato così veloce che quasi non era riuscito a capirla. La strinse a sé, dimenticandosi dell'aereo e di tutto il resto.

"Ti darò tutto il tempo di cui hai bisogno, perché sarai arrabbiato con me, lo so..." - sussurrò, stringendolo più forte.-" ma te lo giuro, mi dispiace così tanto di averti fatto così male..."

"Se continui così mi soffocherai e allora dovrai chiedere scusa al mio corpo morto. " - glielo disse all'orecchio, facendola ridere.

Si allontanò un pochino, sistemandogli i capelli e il colletto della camicia che aveva stropicciato.

"Vorrei poter risolvere tutto adesso, ma hai un aereo da prendere..." - disse, rimettendosi le mani in tasca. -"So che... ti ho detto che ti avrei lasciato tutto il tempo di cui hai bisogno, ma non metterci troppo okay? Ho davvero bisogno di raccontarti tutto..."

"Non mi servirebbe a niente partire adesso, non ora che soltanto tu puoi mettere tutto a posto e vuoi farlo davvero. Avrei giusto bisogno di un caffè in questo momento."

"Tipo quello orribile che fanno la sera all'Asphalt Cafè?"

"Tipo seduti sulla panchina dove hai scritto Tori gallina quando eri arrabbiata con me dopo che mi ha baciato, quando abbiamo fatto quell'esercitazione con Sikowitz."

Jade sorrise.

"C'è ancora?"

"Certo che c'è."

"Tu scrivesti Ti amo Jade sotto e io ti urlai contro perché era una cosa stupida."

"Ma poi facesti una foto e la tenesti come sfondo per un bel pezzo."

Lei ridacchiò, alzando le spalle.

"Avevo una certa reputazione..."

Si guardarono per un po', in silenzio, con un sorrisino complice quasi invisibile.

Erano davvero strani quei due, ma chiunque avrebbe potuto ammettere quanto fossero forti insieme. Forse adesso avrebbero ricominciato, da persone adulte e cambiate, da persone che ci credono davvero, che capiscono gli sbagli commessi e perdonano.
O magari sarebbero rimasti amici, ma ad essere sinceri... quando si ama così tanto come si può restare soltanto amici?
Questa non è una favola, non ho la presunzione di affermare di essere abbastanza brava da scrivere qualcosa del genere, ma sicuramente ha tante morali da voler comunicare e lasciare.
Adesso due attori prendono il caffè seduti sulla panchina più rovinata del quartiere, una piccola e sgargiante ragazza dai capelli rossi si prepara ad inseguire i suoi sogni mentre la sua coinquilina ritrova il coraggio di tornare a casa.
Una famiglia un po' rotta trova la colla per aggiustare i suoi pezzi sparsi, la madre lavora, una figlia disegna e l'altra scrive. Scrive tanto, scrive storie, scrive poesie, scrive del padre... lui le protegge e loro vanno avanti.

Tutti vanno avanti, perché adesso credono un po' di più in loro stessi, perché adesso sono le persone fragili più forti del mondo.

Non abbiate paura di essere fragili, siate voi stessi e credeteci, questo è l'unico segreto per essere forti.





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Lo so, è passato un sacco di tempo, ma eccomi qui. Volevo che questo capitolo fosse perfetto, ma ovviamente non sono riuscita nel mio intento e ad essere sincera va bene così, perché è lungi da me essere perfetta. Non voglio rovinarlo ulteriormente con le mie chiacchiere perciò chiuderò quest'ultimo angolino dell'autrice qui, scusandomi per gli errori e ringraziando di cuore chi ancora aspettava quest'ultimo capitolo.
Ne parlerò meglio nel prossimo prossimo capitolo dedicato ai ringraziamenti/le mie opinioni.

Spero vi sia piaciuto, grazie a tutti quanti.🌈

Ps: questa canzone mi ha fatto pensare a Skinny love e boh, ho pensato fosse perfetta per la fine perciò se vi va ascoltatela, è bellissima.🌙

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