THE WEM

Galing kay Moon0354

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Iris sognava una vita normale, eppure dopo un tragico evento, si ritrova catapultata in un mondo del tutto di... Higit pa

Premessa
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Galing kay Moon0354

AXEL

Qualche centimetro più a lato e avrei buttato giù una di quelle stupide statue poste in corridoio.

Correvo più che potevo per raggiungere il più in fretta possibile T.

Mio fratello era in pericolo.

Il solo pensiero che potessero fargli del male senza che io potessi fare qualcosa mi mandava a puttane il cervello.

Mi resi conto troppo tardi che avevo abbandonato Iris nel bel mezzo della sala, completamente sola, dopo il nostro quasi bacio.

Scossi la testa.

Ma che dico, bacio..non era stato nulla quello, non poteva e non doveva esserlo.

Lei non era per me, e non lo sarebbe mai stato, era solo un sassolino nelle mie scarpe, di cui mi sarei dovuto liberare.

Non mi fidavo.

Pur essendo l'erede non potevo metterle in mano la mia fiducia.

La sera della macchina, ero davvero andato da lei per chiederle scusa, ma il mio cervello mi aveva fatto ritornare in me.

Dopo vari ripensamenti l'avevo portata in quella strada isolata con la convinta decisione di volerla spaventare al tal punto da portarla il più lontano possibile da me.

Ci ero pure riuscito.

Ma quel giorno nella palestra, vederla vestita con quella tuta aderente, coi capelli sudati, e il corpo in tensione, non avevo resistito.

Le mie mani prudevano dalla voglia di toccarla, anche per una semplice carezza, sfiorarla.

Il modo in cui sospirava chiudendo gli occhi, il cuore che le batteva forte contro la sua gabbia toracica e contro le mie mani.

Solo grazie a me.

Non ero ancora sicuro riguardo ai miei sentimenti, ma una cosa era certa, lei mi attraeva fisicamente quasi allo sfinimento.

Più volte mi è passata per la mente l'idea di averla solo nel mio letto, ma lei non era quel tipo di ragazza.

Lei sognava, e meritava un amore puro, uno di quelli che ti strappa l'anima tanto é forte.

Ma io non glielo avrei potuto dare.

Né ora, né in un altra vita.

Mi rendeva pazzo il modo in cui reagiva al mio tocco a differenza degli altri.

Lei non voleva ammetterlo, percepivo la sua paura nelle nuove sensazioni che provava, ma le piaceva.

Era nervosa nell'avvicinarsi ma lo faceva lo stesso, come attirata da una corda, una corda che io manovravo.

Diventavo sempre più protettivo nei suoi confronti, e ciò non mi andava giù.

L'affidavo al fatto che fosse simile ad una piccola sorella per me, come Lara, ma nel profondo lo sapevo anche io stesso che non era così.

Eppure lo ignoravo.

Ponevo quel sentimento nell'angolino più polveroso che avessi dentro di me.

Nel bel mezzo della notte mi perdevo in questi pensieri.

Non mi vietavo di amare.

Non avevo avuto la famiglia più affettuosa del mondo alle mie spalle, ma sapevo dimostrare che ci tenevo ad una persona.

Ma non lei.

Lei era troppo per uno come me.

Io avevo solo difetti, vizi, cicatrici ancora non del tutto rimarginate, e solo tanta rabbia dentro di me.

Iris invece era una boccata d'aria fresca, così piccola eppure così forte.

Mi ricordava l'estate, quel periodo di sole, mare, libertà e divertimento.

Era, però irraggiungibile, off limits.

Così come me.

Attorno a me vi era solo del filo spinato, e non potevo permettergli di farsi del male, solo perché voleva sporpassarlo.

Non potevo soffrire ancora.

Ora nel mio cuore c'era spazio solo per un piccolo esserino che mi stava aspettando a casa, dormiente nella sua piccola culla.

Arianna era davvero la luce delle mie tenebre.

Anche se non era realmente mia figlia, la consideravo come tale.

Ogni giorno, in una vita come questa, mi sveglio e prego che non muoia.

Non perché la mia vita é tanto preziosa da viverla a pieno, ma perché avevo paura, si paura, di lasciare Arianna da sola nel mondo.

E il fatto che queste preghiere potessero andare avanti a causa della presenza di Iris, mi soffocava.

Svoltai tra i vari corridoi che mi si presentavano.

La casa era troppo immensa, e l'ansia del non poter trovare Taehyung così facilmente, aumentava.

Mi imponevo di stare calmo, se c'era una cosa in cui ero imbattibile, oltre le gare, era il sangue freddo.

Raggiunsi a per di fiato un corridoio con varie porte numerate, forse camera per gli ospiti.

Con un bel respiro, diedi inizio alla mia pellustrazione.

Aprii porta per porta, lasciando che il mio cuore cadesse sempre più giù, verso il mio stomaco, ogni volta che la stanza era vuota.

La fine del corridoio si avvicinava e di Teahyng nemmeno l'ombra.

Sentivo, però, la presenza di Leo, che mi sorreggeva in un certo senso.

Noi tre eravamo legati, fin da bambini, destini diversi eppure così simili.

Ci proteggevamo a vicenda, e lo avremmo fatto fino alla fine.

Mi voltai di scatto, con la pistola spianata verso il rumore di passi pesanti che si avvicinavano nelle nostre direzione.

Non era un caso che eravamo entrati dalla porta-finestra, con le pistole addosso non avremmo passato i metal detector, e con tutto quel che sta succedendo nella WEM, non essere armati era da veri incoscienti.

<Siamo noi> Martin alzò le mani in segno di pace seguito da Luz, Lara e altri uomini come rinforzi.

<L'avete trovato?> Chiese in ansia la moglie, ma noi scossimo la testa desolati.

Martin imprecò, soprassandoci per continuare ad aprire le varie porte, tutte, fino a quando non ce ne erano più.

Taehyung non era in nessuna di queste.

<Okay, dividiamoci. Axel, Leo, al piano di sopra, voi seguiteli> ordinò a noi, e alcune delle guardie.

Senza ulteriori parole, continuammo la nostra ricerca.

<Dividiamoci anche noi, tu prendi il corridoio di destra, io di sinistra> dissi a Leo, e lui annuì convinto.

Lo guardai, accorgendomi solo ora del tremolio delle sue mani.

Leo era molto emotivo, sapeva nasconderlo bene, ma non a me, lo conoscevo come il palmo delle mie mani, ed ero in grado di captare quando lui stava male.

<Hey, va tutto bene> lo afferrai per le spalle, tentando di calmarlo e renderlo poi concentrato sulla testa, che sul cuore.

Lui mi guardò dritto negli occhi, lucidi di preoccupazione, e prese un respiro profondo, ritornando con lo sguardo cazzuto che lo contraddistingue.

Non c'era altro tempo da perdere.

Una volta arrivati al piano superiore, le nostre strade si divisero come da piano.

Il corridoio di sinistra, era corto, con qualche stanza, lessi però che esse erano le principali, quelle dei padroni.

Indicai ai due scagnozzi di continuare avanti, mentre io aprivo la prima porta.

<Oh Cristo!> Qualcuno all'interno bestemmio, ed io tirai un sospiro di sollievo.

Sul letto, nudi e attorcigliati tra di loro, vi erano Taehyung e Diamante.

Frettolosamente avvisai, con un messaggio e dai walkie talkie minuscoli che avevamo con noi, di averli trovati, sani e salvi.

Diamante si copri in fretta, non prima di avermi lasciato un occhiata di puro sesso.

Non avevo mai ceduto alle sue richieste, e non penso che ce ne sarebbe stata occasione.

Diamante, per quanto sia brutto da dire, era una di quelle ragazze che c'eravamo passate tra di noi.

Singolarmente, ovvio, non eravamo in quel genere di cose.

Io però, non ero mai andato fino in fondo, solo preliminari, e questo non faceva che aumentare la sua sete di me.

Non avermi, comportava una sfida che lei doveva vincere.

Ma forse non aveva capito che era una sfida solo con se stessa.

Taehyung invece mi mandava sguardi confusi e annoiati, passandosi una mano tra i capelli sbuffava, forse non contento di aver interrotto la sua prestazione.

<Axel, che cazzo, fratello!> Disse ma io avevo già raggiunto il letto, e passato la mia giacca alla donna.

Andavano comunque rispettate.

<Che ci fai qua?> Domandai, cercando di capire la situazione.

<Mi pare ovvio, invece, cosa ci fai tu qua?> Rispose indicando la donna sotto di lui.

Non mi dava fastidio tale visione, insomma, era qualcosa che facevamo tutti prima o poi nella vita.

<Ti stavo cercando, una guardia é entrata nella sala gridando che vi era successo qualcosa> raccontai quello che effettivamente era successo.

I due si gettarono uno sguardo confuso, e capendo la gravità della situazione, presero a vestirsi.

<Chi era?> Domandò Diamante.

Per quanto fosse, come dire, libera nel rapporto con uomini e donne, Diamante sul fattore 'lavoro' era una delle migliori.

<Non identificato, sembrava un cameriere qualunque> rispondi incrociando le braccia.

Spostai lo sguardo altrove, per permettere ai due della privacy per rivestirsi.

Con un tempismo da orologio svizzero, Martin interruppe nella stanza, giusto in tempo che i due erano completamente vestiti.

Aprì bocca per dire qualcosa, ma venne spintonato di lato, da Luz, che corse verso il figlio.

<Oh, piccolo mio, stai bene?> Lo ispezionò da cima a fondo per eventuali ferite.

Il ragazzo la scostò delicatamente, rassicurandola di stare bene.

La donna, tranquillizzata, fece lo stesso trattamento a Diamante, che fu visibilmente sorpresa da tale scena.

<Ci hanno ingannato> la realizzazione ci colpì come un treno.

Il grande imbarazzo nel riconoscere di esser stati presi in giro.

Noi, i comandanti della WEM, ingannati in un battito di ciglia.

Sono stati astuti, facendo leva sui sentimenti forti che ci legano, come famiglia.

<Perché lo hanno fatto?> Domandò Lara, confusa tanto quanto noi.

Tutti noi condividevano la sua confusione, e nel silenzio di quella stanza, cercavamo una risposta.

L'unica plausibile era per un sabotaggio, allontanarci dalla sala, per attaccarci, ma la domanda era chi di noi doveva essere attaccato.

Guardai intorno alla stanza.

Martin, Leo, Taehyung, Diamante.... Sembrano esserci tutti.

O almeno lo credevo.

Controllai una seconda volta, e sperai con tutto me stesso, che mi stavo sbagliando.

<Iris? Dov'è?> Domandai frenetico.

I presenti nella stanza si guardarono attorno, e scrollarono le spalle, indicando che non avevano la minima idea di dove fosse.

<Cazzo!> Esclamai stordito.

Ma certo, allontanarci da lei, per lasciarla sola e farle del male.

Come posso essere stato così stupido, lasciata lì in balia di chissà chi.

<Axel, che succede?> Mi domandò Lara preoccupata.

<Iris, é Iris che vogliono, ci hanno ingannato per prenderla!> dissi, e come se avessi fatto la rivelazione del secolo, tutti si resero conto della situazione.

<Che stiamo aspettando, andiamo!> Martin corse fuori dalla stanza, seguito da tutti gli altri.

Sorpassai tutti, dovevo arrivare il prima possibile e l'avrei trovata seduta al tavolo con il suo solito broncio, ne ero sicuro.

Mi maledii.

Io, Axel Wang, preso in giro come un ragazzino qualunque.

Ma non avevano idea di cosa avessero appena fatto, mettersi contro di me, peggior errore della loro vita.

Oh si, il peggiore.

Li avrei trovati, e quando li avrei avuto sotto mano, per loro non ci sarebbe stata via di scampo.

Le scale sembrano essersi raddoppiate, e ciò mi mandava ancora più in tilt.

Ero davvero preoccupato per lei, e sarebbe stata solo colpa mia se le avrebbero fatto qualcosa di brutto.

Strinsi gli occhi, tentando di calmarmi, non le avrebbero torso nemmeno un capello, non ne avrei data occasione.

Entrai nella sala, avendo tutti gli occhi puntati su di me, ma non mi importava.

Guardai il tavolo ed il mio cuore sprofondò vedendolo privo di persone.

Spostai lo sguardo verso il tavolo dei primi indiziati, quei coglioni degli Axillia, ma sembravano straniti dai miei comportamenti.

Li lasciai perdere, ma annoiati mentalmente di fargli una piccola visita una volta trovata Iris.

Corsi fuori dalla sala, ignorando i richiami dei due padroni di casa.

Mi avvicinai al resto della squadra, arrivati poco dopo di me, e gli informai dell'assenza della ragazza all'interno.

Imprecarono, ed io mi passai una mano tra i capelli, ormai intrinsi di sudore, in preda all'ansia.

Controllo, controllo, controllo...

Ripetei come un mantra nella mia testa, dovevo solo calmarmi un attimo e pensare col mio fottuto cervello.

Alzai lo sguardo quando un captai un movimento con la coda nell'occhio.

Leo aveva afferrato uno dei camerieri, e sbattuto al muro, facendogli cadere il vassoio.

<Hai visto una ragazza, vestita da Cleopatra, più o meno alta un metro e sessanta...> Iniziò la descrizione di Iris.

Lo affiancai, ponendomi alle sue spalle, e gettando sguardi minatorio al cameriere, che sembrava poter svenire da un momento all'altro.

<Io...ecco....forse...si> balbettava, anche troppo per i miei gusti.

Leo lo sollevò per un istante, e con un forte colpo lo riappiccicó al muro.

<Non ho tutta la serata, cerca di formulare una frase compiuta> sibilò.

Un po' provavo pena per il cameriere, che purtroppo, si era ritrovato in una situazione alquanto particolare.

Ma la paura di non poter trovare Iris, di non averla sotto controllo, sotto il mio campo visivo, mi faceva dimenticare ogni cosa.

Erano questi i momenti in cui mi preoccupo del mio attaccamento nei suoi confronti.

Mi faceva comportare in una maniera del tutto diversa da come ero cresciuto.

Mi faceva perdere il controllo, non ragionavo più.

<Da quella parte> riuscì a dire soltanto questo, il cameriere, alzando tremolante, un braccio, indicando la direzione.

Indicava di nuovo su per le scale, ed io ero scettico, se credergli o meno.

Lessi il nome sul cartellino: Sebastian.

<Senti, Sebastian, se mi stai mentendo, sappi che ti troverò, e credimi passerai la peggior serata della tua intera vita> lo mi nacciai, e gli diedi un ultima occhiata di fuoco.

Risalii le scale, ormai imparate a memoria, e mi fermai quando vidi due corridoi.

Mi voltai verso Teahyng, che mi stava già osservando, forse capendo quello che volevo che facesse.

<Va da quella parte> gli indicai il corridoio di destra, e lui annuendo corse immediatamente dove ordinato.

Svoltai verso sinistra e presi a correre lungo il corridoio, vi era solo una porta, infondo infondo.

Arrivato davanti ad essa, poggiai l'orecchio, per captare qualsiasi rumore, e quando sentii qualcuno nominare 'Iris' caricai la pistola e feci irruzione, senza aspettare i rinforzi.

La scena che mi si parò davanti, mi fece salire il sangue al cervello.

Iris stesa su di un letto, priva di sensi, mentre un bastardo le stava vicino, troppo vicino.

Premetti il grilletto senza pensarci due volte.

Avevo già notato il suo complice, 'nascosto' dietro le ante aperte dell'armadio.

Marcia nella sua direzione, e lo misi allo scoperto.

<Cu, cu> dissi prima di colpirlo con il retro della pistola sulle tempie, facendolo svenire.

Una volta constatato che non aveva nessuna libertà di movimento, mi avvicinai ad Iris.

La scossi delicatamente, e lei si mosse, indicando che era viva, muoveva appena la bocca, solo per fare uscire qualche verso strozzato.

<Va tutto bene, ci sono io> la rassicurai, prendendola delicatamente in braccio.

Era priva di forze, il suo corpo era completamente inerme nelle mie mani, privo di scatti muscolari.

A passo svelto, per paura di farla cadere, ritornai nel punto di ritrovo, trovando a metà strada Taehyung, di ritorno dalla sua ricerca.

<Dio, Iris!> corse verso di me, e fece un controllo veloce al copro della ragazza.

Incoscientemente, quando allungo le mani su di lei, la strinsi più a me, provando un certo fastidio che lui la toccasse.

Taehyung mi guardò di sottecchi, ma non la sfiorò, forse avendo capito il mio stato d'animo.

Scesi le scale e andai vicino Martin.

<La porto in ospedale, deve fare una lavanda gastrica> dissi.

Come avevo fatto la diagnosi?

Facile, perché diventare medico era il mio sogno.

Purtroppo sono stato condotto sulla strada della WEM dai miei genitori, ma era tutt'altro quello che volevo diventare nella vita.

Nel corso del tempo avevo imparato a convivere con il mio 'lavoro' ma non potei fare a meno, durante le notti insonni, o nel tempo libero, di studiare alcuni capitoli di nascosto.

L'anno scorso mi ero iscritto alla facoltà di medicina, peccato che i miei lo vennero a scoprire e mi rinchiusero in casa per due mesi, ritirando il tutto.

Da quel momento in poi, seguivo alcune lezioni dai video online, non riuscivo ad abbandonare questa mia passione.

<Sbrigati, forza> disse Martin, spingendomi per farmi muovere il culo.

Uscii, correndo, facendo molta attenzione ad Iris, verso la macchina.

Aprii a fatica la portiera anteriore e sdraiai delicatamente Iris sui sedili, e mettendola al sicuro con la cintura di sicurezza.

Velocemente presi il posto del guidatore, e accesi il motore, sgommando per uscire dal cancello.

D'un tratto, una figura mi ostruì il passaggio, fermandomi di colpo, le rivolsi uno sguardo di rimprovero.

Luz fece il giro della macchina ed entrò al posto del passeggero.

<Vengo con te> disse ed io annuii senza dire altro.

Luz era come una seconda madre per me, nutrivo nei suoi confronti un grande rispetto.

A tutta velocità, sfrecciai tra le strade di Tokyo, talvolta evitando per poco  incidenti, di questo passo avrei preso un bel po' di multe.

In silenzio, raggiunsi in men che non si dica l'ospedale più vicino nella zona.

Parcheggiai nel primo posto libero che trovai davanti l'entrata.

<Aiuto! Qualcuno ci ha aiuti!> Luz entrò all'interno, gridando per qualche medico o infermiera, di venire in nostro aiuto.

Raccolsi tra le mie braccia Iris, che nel frattempo, sembrava riprendere conoscenza, ma non aveva ancora potere sul suo corpo.

Due infermieri con la barella, corsero verso di noi, e mi aiutarono a posizionare Iris su di essa.

<Cosa é successo?> Domandarono mentre conducevano la barella all'interno dei vari corridoio ospedalieri.

<Droga> risposi semplicemente, non distogliendo lo sguardo da Iris.

Le tenni la mano, mentre lei si muoveva senza sosta sulla barella, aumentando le mie preoccupazioni.

La nostra corsa giunse al termine. Due medici mi fermarono, mentre conducevano Iris lontano da me.

La seguii con gli occhi, prima che le porte si chiusero, togliendomi il focus su di lei.

<Adesso ce ne occupiamo noi. Può attendere in sala d'attesa, le faremo sapere al più presto> detto questo, entrarono anche loro.

Sospirai affranto, sedendomi a peso morto su un della sedia poste lì intorno.

Poggiai i gomiti sulle ginocchia e preso a strofinarmi la faccia pensieroso.

Sentii una presenza, ovvero Luz, sedersi accanto a me, e mi rassicurò accarezzandomi una spalla.

Nella mia mente, stavo già organizzando un piano per prendere questi stronzi e dargli un biglietto di sola andata per l'inferno.

Chiusi gli occhi, poggiano la testa sul muro alle mie spalle, e facendomi forza, ad una delle notti più belle, si fa per dire, della mia vita

Il tempo passava dentro quella sala d'attesa, ed io alternavo momenti in cui stavo seduto e altri in cui camminavo avanti e indietro per il corridoio.

Non so di preciso quanto tempo era passato, sapevo solo che nessun medico era ancora uscito da quel reparto, e dovevo ammettere che la cosa mi preoccupava.

Mi strofinavo le mani sulla faccia per attutire il sonno.

Non che questa situazione mi rilassava, ma tanta era la tensione nel mio corpo, che quest'ultimo inziava a cedere.

Gettavo di tanto in tanto, uno sguardo verso Luz, sdraiata e dormiente su quelle sedie.

Talvolta, quando si udiva un rumore, apriva gli occhi, prima di richiuderli dopo essersi assicurata che non vi era nulla.

Il mio telefono vibrò, e solo in quel momento mi ricordai di averlo con me.

Lo presi in mano, e lessi il messaggio appena arrivato da Martin: "novità?"

Gli diede la negativa e triste risposta, ricevendo un avviso da parte sua di fargli sapere al più presto se ci fossero state notizie.

Riposi il telefono in tasca, combattendo contro il bisogno di schiantarlo contro la parete.

Ero nervoso, nessun medico veniva fuori, non potevo entrare, e da quel che sapevo, non si erano ancora trovati i colpevoli.

Volevo raggiungerli nelle loro ricerche ma allo stesso tempo volevo stare vicino ad Iris.

Quando fui sull'orlo di fare irruzione nel reparto, un medico ne fuori uscì, togliendosi la mascherina.

Luz si alzò in piedi, ora la sua attenzione era rivolta verso il suddetto medico.

<Siete qui per la ragazza?> Domandò ed io annuii.

<Si, Iris. Come sta?> risposi, nascondendo la mia disperazione, e indossano una maschera neutra.

<Sta bene. Le dosi somministrate per fortuna non erano molte. Le abbiamo fatto una lavanda gastrica per sicurezza. Diciamo che il suo stomaco giovane ne risentirà i primi giorni, ma non si preoccupi, l'importante è che mangi sano ed equilibrato> spiegò.

Annuivo a tutto ciò che diceva, anche se mi ero perso dal 'sta bene', era tutto ciò che mi bastava sentire, il resto sarebbe venuto dopo.

<Possiamo vederla?> Ringraziai Luz mentalmente per aver posto la domanda che aleggiava nella mia mente.

<Certo, il tempo che il paziente venga portato nella sua stanza> disse sorridendo gentilmente.

<Grazie mille, dottore, le siamo riconoscenti> lo ringraziò, facendo un inchino a 90 gradi, ed io la imitai.

Avrei fatto una statua d'oro a questo fottuto medico per aver aiutato Iris.

<Dovere> rispose allargando le braccia per enfatizzare la parola, dopo di che si scusò dileguandosi, di nuovo all'interno del reparto.

Rimanemmo di nuovo nel silenzio della sala, ma ora tremavo consapevole che avrei visto Iris nel giro pochi minuti.

Questa notte avrei ignorato qualsiasi sentimento nel mio cuore e le sarei stata vicino.

Solo questa notte.

<Prego, seguitemi> disse il medico dopo essersi avvicinato di nuovo a noi.

A momenti presi a corrergli dietro, ma mantenei la calma e feci passare avanti Luz, gli seguii, obbligando me stesso a rallentare il passo.

Proseguimmo lungo il corridoio fino alla stanza 417, il medico aprì la porta, facendo cenno di entrare.

Luz mise piede nella stanza dopo aver ringraziato il medico, feci lo stesso e sospirai di sollievo quando i miei occhi caddero sulla figura di Iris.

Sentii tutta la tensione scivolare via dal mio corpo, e il male alle tempie si attutì, così come la pesantezza all'altezza del cuore.

Era in posizione supina, con la mano giunte sul ventre, attorno a lei vi erano macchinari, ma per fortuna lei era sostenuta solo dalla flebo, attaccata al braccio sinistro.

Provai l'immenso bisogno di starle vicino, per questo afferrai la sedia sotto la finestra e la trascinai rumorosamente, guadagnandomi un occhiattaccia da Luz, la posizionai accanto al letto, prendedo posto su di essa.

Posizionai di nuovo il mio sguardo su di Iris, e osservai la sua pelle pallida e le sue labbra di un leggero violaceo.

Anche in quello stato, rimaneva splendida.

<Rimarrà in osservazione solo domani, se non ci saranno complicazioni la dimetteremo. Questa é la sua cartella clinica> vidi con la coda nell'occhio porgere una cartella a Luz.

Ci raccomandò di non affaticarla troppo, e di chiamare qualsiasi pericolo, per poi andarsene via.

Io e Luz ci scambiamo uno sguardo, sorridendoci a Vicenda, per intendere che il peggio era passato.

Era ormai notte fonda, l'orologio sulla parte segnava già le tre di notte passate.

La stanza era piombata nel silenzio, ed io senza accorgersemene, mi addormentai accanto ad Iris, non lasciandoli per nessun motivo al mondo, la delicata mano.

Venni svegliato di soprassalto da voci alte, non sembravano discutere, avevano solo un volume elevato.

Alzai lentamente la testa, guardandomi attorno ancora frastornato dal sonno.

Mi stropicciai gli occhi, e misi a fuoco la stanza, trovando presente nella stanza un individui in più.

<Ma é normale che i suoi capelli sono così?> Vidi Lara Domandare.

<Lara, tesoro, abbassa la voce. É stata una nottataccia> la pregò Luz, massaggiandosi le tempie e sorseggiando un caffè.

<Iris!> Sentii gridare d'improvviso la ragazza, e distolsi lo sguardo da lei per rivolgerlo alla ragazza sul letto, che aveva appena aperto gli occhi.

Tolsi immediatamente la mano dalla sua, non volendo farmi trovare in quello stato e dargli altre idee.

Quando la ragazza emise un verso, le fummo tutti attorno.

<Iris, come ti senti cara?> Domandò premurosamente Luz, mentre le accarezzava i capelli.

Iris si guardò attorno.

<Come se un treno mi avesse investito> una risata generale si levò, sollevati nel vedere che la ragazza stesse bene.

<Ma cosa é successo? Perché sono qui?> Ed ecco che rinizia con le sue solite domande.

<Non ti preoccupare, ora pensa a riposarti> la rassicurò Luz, e lei annuì rilassandosi completamente contro il letto.

Il mio telefono vibrò di nuovo all'interno della mia tasca posteriore.

Lo afferrai e lessi il messaggio appena arrivato.

Approfittai del momento per sgattaiolare fuori dalla stanza, senza che nessuno mi vedesse, o almeno era quello che pensavo.

<Dove vai?> Mi voltai  trovando Lara sull'uscio della porta.

<Non ti interessa> risposi semplicemente, mettendo le mani in tasca.

<Dovresti fare compagnia ad Iris> disse incrociando le braccia al petto.

Se c'era una cosa che avevo imparato vivendo con loro era che i 'fratelli Zuki' non si facevano mai gli affari loro.

<Non c'è bisogno che io stia qui. Ora se non ti dispiace...> Non le lasciai il tempo per dire nient'altro e corsi via da quell'ospedale.

La verità era che, l'unica cosa che volevo in quel momento, era stare vicino ad Iris, aiutarla nella sua guarigione.

Tuttavia non potevo, primo perché mi sentivo in colpa, infondo ero stato io ad abbandonarla nel bel mezzo della sala.

Secondo, ora avevo un altra priorità, cioè quella di sapere chi cazzo fossero questi figli di puttana che le avevano fatto questo.

Avevo già fatto una lista mentale, e avrei fatto una visitina a tutti loro.

Martin mi aveva già avvisato, che era tutto pronto per le spedizioni, ed io avevo soltanto un ora per prepararmi ad esse.

Una volta fuori dall'ospedale salii in macchina, e dopo aver stiracchiato per bene il mio corpo, sgommai a tutta forza verso il quarteriere, dove mi stavano aspettando.

Diamo inizio allo show.










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