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-Siediti comodo, è una lunga storia- disse Rose mettendosi a gambe incrociate.
Il biondo sedeva davanti a lei, e la guardava in attesa.
Rose si era aspettata di sentire un minimo d'ansia all'idea di raccontare la sua storia, invece provava un'innaturale calma... come se non vedesse l'ora di raccontarlo a qualcuno.
Ed era così: non ne aveva mai parlato con nessuno prima d'ora.
-Credo che sia scontato che non devi dirlo a nessuno- aggiunse Rose.
-Ma certo, so mantenere un segreto-
Rose annuì -Partirò dal principio- il suo sguardo cadde sulla rosa nera al centro della stanza, e fu ciò che continuò a fissare per quasi tutto il racconto.
-Mi trasferii in America al secondo anno, come ben sai, i miei genitori dovevano collaborare con il Ministero di New York per la cattura di un mago.
Non un mago qualsiasi... in realtà era più di uno. Rapivano le ragazzine e le tenevano prigioniere, per dissanguarle pian piano e venderne il sangue ai vampiri... sangue di vergine. Alcuni erano più preziosi di altri, a seconda del gruppo sanguigno. Un commercio raccapricciante.
Ad ogni modo, durante la mia prima settimana lì conobbi Thomas Wickham. Ricordo che appena lo vidi pensai che fosse bello come un modello, ed effettivamente lo faceva di lavoro conciliandolo con gli studi... non capisco ancora cosa ci avesse trovato in me, ma fatto sta che gli piacqui.
Non solo questo: noi ci innamorammo. Fu il mio primo amore, e se è vero che il primo non si dimentica... Merlino sa quanto male mi farà ricordare.
A Ilvermorny eravamo la coppia più solida della scuola... lui era così carismatico e affascinante, e sotto la sua ala ebbi ben presto moltissimi amici.
Tuttavia nessuno riusciva a eguagliare Thomas... lui era... speciale, era come se brillasse di luce propria, la gente faceva a gara per avere le sue attenzioni e lui le dedicava a me.
Mi sentivo fortunata: avevo un ragazzo meraviglioso, un'ottima media scolastica, un grande gruppo di amici... la mia vita era perfetta, e Hogwarts dopo un po' divenne solo un ricordo lontano. Passai con Thomas anni meravigliosi, il mio amore per lui sembrava non svanire mai e ne ero completamente affascinata, ma anche persa... ci misi moltissimo tempo a guardare oltre la mia adorazione per lui.
Quando ci riuscii, notai piccoli dettagli... come il fatto che Thomas sparisse per ore, a volte giorni... mi diceva che andava a trovare sua nonna malata in Scozia, ma ben presto scoprii che non aveva parenti laggiù.
Fu così che una sera in cui andò via prima da una cena di famiglia coi miei genitori, decisi di pedinarlo.
Sapevo che non avrei dovuto farlo perché non stavo rispettando la sua privacy, ma il mio ragazzo mi stava mentendo e io dovevo sapere cosa mi nascondeva.
Lo vidi incontrarsi con qualcuno che io conoscevo... era un uomo sulla quarantina, il proprietario di un negozio di dischi giù al molo.
Thomas mi aveva portata in quel negozio il giorno in cui ci conoscemmo, e mi ricordo che lui e il proprietario erano amici... avrei dovuto capire da allora... dal modo in cui mi ha guardata quando sono entrata con lui... no, sto saltando dei pezzi- Rose prese un profondo respiro, e strinse le mani a pugno cercando di impedire loro di tremare.
-Tranquilla, va tutto bene- disse Scorpius poggiando una mano su quella di Rose, e la ragazza non si scostò: era confortante.
Quel tocco rassicurante la aiutò a riprendere la sua storia.
-Dicevo... Thomas si incontrò con quest'uomo. Ricordo che era notte fonda, le strade di Brooklyn erano stranamente vuote e silenziose... almeno quelle che percorsero loro.
Li seguii stando attenta a non farmi vedere, e arrivai in un piccolo porto. Ricordo che lui e Thomas entrarono in questo enorme capannone... era davvero gigantesco e sembrava abbandonato.
Non potei seguirli dentro, ma mi arrampicai su delle assi di legno poggiate vicino al muro e guardai dentro da una piccola finestrella.
Ragionandoci ora, credo che se un babbano avesse guardato da dove avevo guardato io non avrebbe visto nulla.
Doveva esserci di certo un incantesimo sul capannone per tenere lontani i non maghi... ma io ci vidi dentro con chiarezza.
Era pieno di casse di legno, e bottiglie piene di quello che pensai fosse vino... fu solo quando vidi le ragazze incatenate, che capì che non era affatto vino.
Erano tantissime, tutte giovani e belle... o forse dovevano esserlo state un tempo: in quel momento erano sporche e magrissime, incatenate a dei grossi uncini nel cemento del pavimento.
Thomas e l'uomo (buffo come io non ricordi il suo nome) passarono di fianco a loro indicandole.
Non potevo sentire cosa dicevano, ed era meglio così...
Lo shock fu indescrivibile... ricordo che mi spostai dalla finestra e caddi mentre scendevo dalle assi di legno.
Ricordo che feci qualche passo, con le orecchie che mi fischiavano e l'immagine di quelle ragazze impressa a fuoco nella mente.
Dovevo essere davvero sconvolta, perché non ebbi le forze per correre via... e questo mi costò caro.
Un uomo era apparso dal nulla e mi aveva afferrata.
Ricordo che mi stava portando verso il capannone... forse si era aspettato che mi dimenassi ma ero troppo sconvolta per farlo.
Quando entrammo mi colpì la puzza di muffa, sangue e sudore.
Thomas e l'uomo dei dischi si voltarono, ma io guardai dritto solo lui... Thomas aveva sgranato gli occhi ed era impallidito, sono certa che vedermi lì fosse stata l'ultima cosa che si era aspettato.
Era venuto verso di me, allontanandomi dall'uomo che mi teneva il braccio, e mi aveva preso il viso tra le mani dicendomi qualcosa.
Io avevo visto le sue labbra muoversi, ma non avevo sentito nessun suono provenire da esse.
Riuscivo solo a guardare i suoi occhi azzurri come il cielo, limpidi e sinceri... e pensare che erano gli occhi di un mostro.
Era lui, era lui l'uomo che i miei genitori stavano cercando... e mi aveva mentito per tutti quegli anni.
Anche quando parlavamo della storia del commercio di sangue, lui era sempre stato così disinvolto.
Avevo capito in quel momento che Thomas era il miglior bugiardo che avessi mai incontrato.
Riuscii poi a sentirli discutere: Thomas voleva lanciarmi un Oblivion e lasciarmi andare, ma i due uomini non erano d'accordo.
Non potevano eliminare solo un pezzo della mia memoria, e non erano certi di poterlo fare per bene.
Ad un certo punto, uno aveva chiesto se fossi... beh se fossi vergine.
Volevano usarmi per il sangue, sarei servita a uno scopo... tuttavia non lo ero.
Mi chiesi il perché. Thomas avrebbe potuto rapirmi dall'inizio, quando ero ancora vergine, e usarmi... eppure non lo aveva fatto.
E mentre loro discutevano, io pensavo.
Avevo capito che c'era una sola cosa su cui Thomas non mi aveva mentito: lui mi amava.
Nonostante le cose mostruose che faceva... lui non aveva mai voluto questo per me.
Io non rientravo nei suoi piani: ero capitata lì per sbaglio.
Decisero di tenermi con le altre ragazze, fino a quando non avrebbero trovato una soluzione migliore.
Ricordo che Thomas, mentre mi incatenava i polsi, mi aveva chiesto perché lo avessi seguito.
Sembrava arrabbiato e le mani gli tremavano, erano rare le volte in cui lo avevo visto perdere il controllo.
Non riuscivo a parlargli, solo a guardarlo incredula, e lui sembrava troppo agitato per poter reggere a lungo il mio sguardo.
Se ne andarono, e io restai lì nella più completa oscurità.
Le ragazze attorno a me erano così silenziose da sembrare morte, una di loro mi disse che erano lì da molti giorni e parlare o chiedere aiuto era inutile: il capannone era incantato.
Nessuno ci avrebbe sentite dall'esterno.
I giorni passavano, vedevo il sole sorgere e tramontare da una piccola finestrella, e trascorrevo la maggior parte del tempo a dormire.
Ero debole, stanca.
Thomas veniva ogni giorno per me, mi riservava attenzioni speciali... più cibo e acqua che alle altre ragazze, ma io rifiutavo tutto. Gli dicevo sempre di darlo a loro, e mi rifiutavo di mangiare.
Mi andava bene così: più debole ero e più tempo riuscivo a passare dormendo nell'incoscienza, vedendo le giornate passare sempre più in fretta.
La svolta avvenne quando portarono una ragazza nuova.
Ricordo che era alta e si dimenava come un'ossessa dalla presa dello scimmione che la portò nel capannone.
Aveva un fuoco negli occhi, una scintilla da combattente, ricordo che pensai così... la misero accanto a me.
Mi parlò dicendomi che mi riconosceva. Si chiamava Amalia e veniva a scuola con me... si era stupita di trovarmi lì.
Fu quando Thomas e i suoi uomini se ne andarono, che Amalia scattò in ginocchio e si mise ad armeggiare con le catene prendendo qualcosa da dentro i jeans.
Era riuscita a rubare la bacchetta allo scimmione che l'aveva portata lì, e la usò per liberarsi dalle catene e liberare anche tutte noi.
Le ragazze se ne andarono tutte di corsa, barcollando per la stanchezza come se fossero ubriache, tutte tranne me e Amalia...
Era furiosa, voleva restare nel capannone e aspettare i suoi rapitori.
Il mattino dopo però sarebbe venuto solo Thomas all'alba, a darci da bere, e quando glielo dissi vidi Amalia sorridere.
Quella ragazza non era apposto... te lo dico io, era pazza. Così pazza da voler uccidere i suoi rapitori.
Fu per questo che non me ne andai: non potevo lasciarglielo fare.
Amalia pensò che ero rimasta per distrarre Thomas, siccome sapeva che lui mi amava... glielo lasciai credere.
Quando all'alba Thomas armeggiò con il catenaccio della porta, Amalia aveva la bacchetta già puntata verso l'ingresso e pronta ad uccidere appena il ragazzo sarebbe entrato.
Non le importava di finire ad Azkaban per aver usato una maledizione senza perdono: era pazza e con un senso di moralità malato, diceva che se anche fosse finita in una cella le sarebbe andato bene, perché la sua anima sarebbe stata pulita dopo aver fatto ciò che era giusto fare.
Quando la porta si aprì, usai tutte le mie forze per tirare una gomitata ad Amalia.
La buttai a terra e le rubai la bacchetta, ricordo che Thomas ci guardava incredulo e lessi lo stupore sul suo viso quando vide il capannone vuoto.
Io mi ero alzata e avevo puntato la bacchetta contro Amalia, ma fu quando vidi Thomas prendere sua che cambiai il mio bersaglio.
Ci guardavamo negli occhi, me lo ricordo, e Thomas mi aveva detto di abbassare la bacchetta.
Mi disse che le ragazze che erano scappate lo avrebbero denunciato e che avrebbe lasciato il paese, mi disse che mi avrebbe portata con sé.
Non potevo permetterlo.
A Ilvermorny seguivo un corso avanzato di incantesimi... ero brava nei duelli, molto, e anche Thomas lo era.
Io però ero stremata dai giorni senza mangiare, e lui lo sapeva.
Sembrava così rilassato, quasi divertito... lo sguardo era temerario e sicuro di sé, come quella volta che facemmo a gara a chi evocava il patronus più corporeo: aveva in faccia la sicurezza di vincere.
Lo avrei sconfitto a duello, e consegnato agli Auror.
Lui non sapeva che Amalia l'avrebbe ucciso... gli stavo facendo un favore.
Lo facevo perché lo amavo, e non potevo sopportare l'idea che morisse davanti a me...- Rose chiuse gli occhi, e due grosse lacrime le scivolarono sulle guance -...iniziammo a duellare e in quei minuti io non sentii più la stanchezza, usai tutte le mie energie per batterlo.
Thomas reggeva il mio passo, ricordo che le casse di legno esplodevano quando io mi spostavo per schivare i suoi schiantesimi.
Poi gli lanciai un Flipendo non verbale, e Thomas non riuscì a pararlo.
Pensai che l'avrebbe stordito, che sarebbe bastato poi solo un Incarceramus e il duello sarebbe finito... ma non fu così.
Il mio incantesimo fu troppo forte, ricordo che Thomas venne spinto all'indietro e colpì con la testa una sbarra di ferro... quando cadde a terra, non si rialzò.
I suoi occhi azzurri erano sgranati, mi fissavano come se non riuscisse a credere a ciò che gli avevo fatto... non sbatteva le palpebre.
Ero corsa inginocchiandomi accanto a lui, mentre una pozza rossastra si estendeva sotto la sua testa.
Ricordo che avevo chiamato il suo nome, piangendo, l'avevo supplicato di guardarmi... ma lui guardava nel vuoto, qualcosa che io non potevo vedere.
Le mie mani e i miei jeans si erano sporcati del suo sangue, e io piangevo così forte da non riuscire quasi a vederlo attraverso le lacrime...
Amalia aveva provato a portarmi via, ma mi ero scagliata su di lei appena mi aveva toccata, ed ero tornata da Thomas... ma lui era morto.
Il dolore era... è... straziante. Ricordo che fu come una pugnalata al petto, come se mi avessero conficcato un coltello nel cuore.
La consapevolezza che lui non ci fosse più, e che fosse morto per mano mia... il dolore era troppo forte da sopportare.
Fu quello unito alla stanchezza accumulata da giorni, a farmi perdere i sensi.
Quando mi risvegliai, ero al Ministero... i miei genitori erano con me, e io chiesi subito di vedere Thomas.
Mio padre mi disse che avevano portato via il corpo... e io impazzii.
Cominciai a gridare, a urlargli di portarmi da Thomas perché volevo vederlo almeno un'ultima volta.
Mi dissero che non potevo.
Mi maledii per essere svenuta... se non lo avessi fatto, forse avrei potuto dirgli davvero addio... ma come potevo pretendere di poter fare una cosa del genere?
Io lo avevo ucciso, avevo ucciso il ragazzo che amavo... e lui era morto per mano della ragazza che a sua volta amava.
È orribile, è la cosa peggiore che potesse capitargli...
Affrontai il processo al Ministero... e venni assolta.
I giorni successivi furono i peggiori della mia vita.
I miei genitori e mio fratello programmavano in ritorno in Inghilterra, e io ero furiosa.
Non volevo andarmene.
Lasciare l'America avrebbe significato lasciare Coney Island, lasciare la battigia su cui io e Thomas passeggiavamo, lasciare il negozio di dischi in Baker Street e il venditore di hot dog babbano, la scuola e l'aula di pozioni in cui mi diede il primo bacio... lui non c'era più, ma viveva ancora in quei posti.
Le panchine in cui ci siedevamo, la scogliera in riva al mare, il banco in fondo all'aula di Trasfigurazione... non potevo separarmi anche da quelle cose.
Litigai molto con i miei genitori e mio fratello, finché un giorno mi fermai.
La mia rabbia era sparita, rimpiazzata da un senso di vuoto che mi impediva di alzarmi dal letto la mattina.
Mia madre era molto preoccupata, ma continuava a dire che tornare in Inghilterra mi avrebbe fatto bene... mi avrebbe aiutata a dimenticare.
Ma lei non sa che io non posso dimenticare.
Forse sono impazzita, o è la mia maledizione, ma Thomas non se ne è mai andato. Né da qui dentro...- Rose si portò una mano al petto, dove il dolore le toglieva il fiato -...né da qui...- posò poi le dita sulla sua tempia -Io sento la sua voce, arriva e io non posso fermarla... mi ricorda che l'ho ucciso, che sono una persona orribile, un'assassina senz'anima.
Non so se sia una cosa psicologica o solo il trauma... ma so che mia madre si sbagliava: lasciare l'America non ha significato lasciare anche il ricordo di Thomas.
Lui vive dentro me, ricordandomi ogni giorno ciò che ho fatto-

MarkedWhere stories live. Discover now