57

904 55 12
                                    

Alice Paciock aveva decisamente la testa altrove, e sapeva benissimo il perché.
La sua mente era invasa da un solo nome: Albus.
Lo avevo pensato per gran parte della serata prima che la festa iniziasse, finendo per mettersi sugli occhi la matita per le labbra e dovendo rifare tutto il trucco daccapo.
Dopodiché era rimasta sul letto con il suo regalo in grembo, chiedendosi se lo avrebbe apprezzato.
E, quando aveva cercato di distrarsi truccando Rose, era finita per pensare "Il blu di questo ombretto è quasi uguale al colore dei suoi occhi".
Ora, mentre si trovava davanti al portone della Stanza delle Necessità, insieme a Hugo, Rose, Dominique, Julian ed Elvira, si sentiva elettrizzata.
Non vedeva l'ora di rivedere Albus, e non vedeva l'ora che i suoi occhi color oceano la guardassero, o che le sorridesse.
Aveva perso la testa, era ufficiale.
-Allora, hai intenzione di chiedermi di ballare?- chiese una voce riscuotendo Alice dai suoi pensieri.
La ragazza notò che era stata Dominique a chiederlo, con un sorriso provocante, passando le dita sulla camicia di Julian.
Alice sorrise scuotendo la testa, e li ignorò focalizzando la sua attenzione altrove.
Dapprima osservò le innumerevoli persone che ballavano in pista, con le luci stroboscopiche a macchiare di colore le loro pelli lucide di sudore; dopodiché fece correre lo sguardo sui divanetti che correvano lungo le pareti.
Fu lì che trovò Albus.
Era insieme a suo fratello James, e al resto della squadra di Quidditch sia di Serpeverde che di Grifondoro.
Avevano improvvisato un tavolino davanti al divano, in cui regnavano decine di bottiglie e piccoli bicchierini da shot.
Alice, ancora prima di rendersene conto, stava già camminando verso di lui stringendo il pacco regalo tra le mani.
Albus la notò mentre si avvicinava; Alice gli vide alzare testa e sgranare gli occhi, dopodiché diede una pacca sulla spalla a James e si alzò dal divanetto.
Inciampò nel tavolino mentre si alzava, e rischiò di far cadere tutti i bicchieri che c'erano sopra, senza apparentemente accorgersi di nulla.
Raggiunse Alice ridendo, e fermandosi davanti a lei.
-Ce l'hai fatta! Ti aspetto da una vita- disse lui allungando le braccia e stringendola tra di esse.
Alice aggrottò le sopracciglia, notando che il profumo di pino di Albus era mischiato all'odore di whisky e tequila.
-Ehm... ecco... buon compleanno- Disse lei con un mezzo sorriso, quando Albus si tirò indietro, porgendogli il pacchetto dall'incarto argentato.
Albus abbassò la testa e sollevò le sopracciglia scure, sinceramente sorpreso -Mi hai fatto un regalo?- chiese lui incredulo incrociando il suo sguardo.
Alice vi lesse stupore e, sotto sotto, quella che le parve felicità.
-Certo che sì- rispose lei, mentre Albus prendeva tra le mani il pacchetto.
Il moro si guardò attorno, con le sopracciglia aggrottate, e scattò afferrando per il braccio un ragazzo che stava passando accanto a loro.
-Edward!-
Edward Zabini si voltò guardando storto il modo in cui Albus gli teneva la camicia del braccio, probabilmente perché gliela stava spiegazzando.
-Stai tornando in sala comune?- chiese Albus, ed Edward annuì.
-Tieni. Portalo con te e mettilo sul mio letto.- disse lui porgendogli il pacco regalo di Alice.
La ragazza trattenne il fiato, guardando Albus confusa.
-Proteggilo con la tua stessa vita, mi raccomando...- disse Albus guardando Edward Zabini con un'espressione folle -...e non lo aprire! O ti taglierò le mani- aggiunse, sempre serio.
Zabini sospirò e scosse lievemente la testa, prendendo il pacchetto dalle mani di Albus e facendosi largo tra la folla della stanza, dirigendosi verso l'uscita.
-Che c'è?- chiese Albus voltandosi verso Alice.
La ragazza si rese conto che era rimasta a bocca aperta, e si affrettò a richiederla -Niente, niente- disse subito.
Albus sembrò fare a stento caso alla sua risposta, e la prese per mano conducendola verso il divanetto e facendola sedere accanto a lui.
Alice sentì un martellante mal di testa colpirle la fronte, appena venne immersa in quel folto gruppo di ragazzi chiassosi.
Parlavano gli uni sopra agli altri, ridendo sguaiatamente e urlando per sovrastare il rumore della musica.
James era seduto in ginocchio e riempiva i vari bicchieri, allungandosi per porgerli alle persone sedute sul divanetto.
Alice si voltò verso Albus e lo vide intento a parlare dei mondiali di Quidditch dell'anno scorso con Albert Nott, discutendo animatamente sui falli della partita e bevendo un bicchiere dopo l'altro. Non sembrava nemmeno accorgersi che Alice lo stava guardando.
-Vuoi?- chiese una voce, e la ragazza si sentì battere sulla spalla.
Era James, e le porgeva con due dita un piccolo bicchiere pieno di un liquido trasparente, che Alice era certa non fosse acqua.
Lo prese, annusandolo, e strinse le labbra ricacciando giù un conato di vomito.
Ricordava perfettamente l'ultima festa in quella stanza, e la quantità di alcool che aveva bevuto insieme a James.
Il solo pensare di ripetere quell'esperienza le diede la nausea, e la ragazza si sporse in avanti mettendo il bicchiere ancora pieno sul tavolino, decisa a non bere.
-Ti stai divertendo?-
Alice notò che James si era seduto accanto a lei, facendo alzare un ragazzo dei Serpeverde che non conosceva, e la guardava con un sorriso divertito.
La ragazza pensò che sembrasse molto più sobrio di quanto si faceva vedere insieme ad Albus, e la cosa la sorprese e la confuse.
Fece spallucce -Diciamo- mormorò lanciando un'occhiata al suo ragazzo, che aveva appena improvvisato una gara a braccio di ferro con Nott.
-Non hai mai visto Albus ubriaco sul serio, vero?- le chiese James con una scintilla divertita negli occhi verdi.
La ragazza gli rispose con uno sguardo truce -Che importa se è ubriaco? Anche io l'altra volta ero ubriaca-
James ridacchiò, scuotendo leggermente la testa dai ribelli capelli neri, e allungò i gomiti sullo schienale del divanetto.
-Mi dispiace, Alice- disse James inclinando la testa da un lato mentre la guardava, nello stesso modo di Albus.
Non sapeva per cosa le stava chiedendo scusa, ma era certa che non fosse sincero; James aveva un sorriso stampato in faccia, che non faceva presagire nulla di buono.
Alice tornò a guardare dritto davanti a sé, ignorandolo, e sospirò lanciando uno sguardo ad Albus e trovandolo circondato dal suo gruppo di amici.
Decise poi di alzarsi dal divanetto, attraversando la stanza e facendosi spazio tra le persone che ballavano in pista, per poi raggiungere il lungo tavolo degli alcolici e cercare dell'acqua.
La trovò, in ampie caraffe di cristallo, e se ne riempì un bicchiere.
-Ciao- disse un voce dietro di lei, e Alice si voltò sollevando le sopracciglia dalla sorpresa appena incontrò gli occhi color ferro di Lucien.
-Ciao, Lucien- disse lei con un sorriso, lieta di vedere un volto amico.
-Dovrei fare gli auguri al festeggiato- disse lui guardandosi attorno -Dov'è?-
Alice aprì e richiuse la bocca, e Lucien voltò la testa di scatto verso di lei, intercettando i suoi pensieri.
-Perché non te ne vai, se non ti stai divertendo?- le chiese lui inarcando un sopracciglio scuro, e appoggiandosi alla tavolata vicino a lei.
-Perché è il suo compleanno...- mormorò lei, senza credere davvero a ciò che stava dicendo.
La verità era che sperava ancora che Albus si svegliasse magicamente, rendendosi conto della sua presenza e, anzi, della sua assenza.
Lo addocchiò da lontano e vide che il moro non si era ancora nemmeno accorto che se n'era andata, e continuava a ridere e bere con i suoi amici come se si fosse scordato della sua esistenza.
Come se non gli importasse affatto che Alice fosse presente o meno.
Una fitta di delusione le colpì il petto come una freccia.
-Alice, lo sai che posso leggerti la mente?- le ricordò Lucien, con un tono dispiaciuto.
-Scusami- disse lei scuotendo la testa -Non lo faccio apposta-
Lucien la guardò con un sorriso comprensivo -Alice io ti voglio bene, lo sai che sei importante per me. Vero?-
La ragazza sentì gli occhi pizzicarle per le lacrime; un misto di emozioni che non riconobbe la invase, chiudendole la gola in una morsa ferrea mentre annuiva.
-Non mi piace vederti così... se non stai bene qui, allora dovresti andartene e basta- le disse lui, passandole una mano tra i capelli e accarezzandole la testa.
La ragazza abbassò lo sguardo, stringendo il proprio bicchiere con forza, mentre annuiva nuovamente.
-Sì... credo che tornerò in sala comune- mormorò Alice posando il bicchiere sulla tavola, e abbozzando un sorriso mentre guardava Lucien.
Il ragazzo sospirò, e si sporse in avanti stringendola in un abbraccio -Non posso vederti piangere, è straziante- le sussurrò all'orecchio, mentre Alice affondava il viso nella sua spalla, sbattendo il fretta le palpebre per scacciare le lacrime.
-Ci vediamo domani a lezione?- gli chiese con un sorriso tirato, mentre si staccava dal suo caldo e confortante abbraccio.
-Oh si, sarà una lezione interessante domani- le disse Lucien con un sorriso criptico, facendole un occhiolino.
-Lo sai che tra noi due l'unico legilimens sei tu, vero?- chiese lei con una risata.
-Ciao, Alice- rispose Lucien continuando a sorridere, e dandole un buffetto sulla guancia mentre si allontanava, sparendo tra la folla.
Alice sentì parte dello sconforto sparire, e drizzò le spalle mentre tornava al divanetto di Albus, decisa a prendere in mano la sua serata e non lasciarsi buttare giù.
-Hey- gli disse battendogli un dito sulla spalla, e il moro si voltò.
Aveva gli occhi blu più lucenti che mai, e le guance arrossate; quella visione colpì Alice come un pugno.
Avrebbe voluto prenderlo da parte e baciarlo, in quel preciso momento, da quanto era struggente il desiderio di averlo più vicino.
Albus si tirò in piedi, e piegò le labbra in un sorriso guardandola inclinando la testa da un lato; Alice amava vederglielo fare.
La prese per mano, facendosi largo tra la folla e allontanandosi dal divanetto.
Alice pensò che forse Albus ora era tornato in sé, che forse si era reso conto di averla trascurata e magari voleva passare del tempo con lei...
Raggiunsero le pareti in pietra della stanza, allontandosi dalla folla, e Albus si voltò verso di lei mettendole una mano sulla guancia e facendo combaciare le loro labbra.
Alice sentì uno sfarfallio nel petto, e ignorò completamente il comportamento di Albus o il fatto che odorasse di whisky peggio del locandiere della Testa di Porco.
Ricambiò il suo bacio.
Lo fece perché le era mancato, perché quando era senza di lui lo pensava, e quando era con lui si sentiva come sulla cima dell'Everest.
Rispose al suo bacio con un sorriso perché, nonostante tutto, lei sapeva già di amarlo, e non c'era nient'altro che potesse desiderare all'infuori di Albus Severus Potter.
Sentì che il ragazzo l'attirava a sé, camminando all'indietro, e Alice aprì gli occhi interrompendo il bacio e rendendosi conto che avevano attraversato una porta, apparsa nel muro.
Albus la richiuse con un calcio, e Alice si rese conto che la Stanza delle Necessità aveva fatto apparire un'altra piccola stanza.
Una camera con un'enorme letto a baldacchino verde-argento.
Si voltò verso Albus con le sopracciglia aggrottate, e fece per chiedergli spiegazioni, ma il ragazzo era tornando a baciarla, stavolta con meno delicatezza di prima.
E Alice d'un tratto fu più consapevole del posto in cui si trovavano, del fatto che Albus avesse bevuto e che le stava passando le mani sul corpo con troppa insistenza.
-Albus...- provò lei scostandosi, ma il ragazzo la strinse di più a sé prendendo a baciarle il collo.
Alice rabbrividì, ma non per il piacere. Una strana paura le stringeva lo stomaco, e la ragazza sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.
-Albus smettila- disse decisa, cercando di spingerlo per le spalle, ma il moro non sembrò sentirla.
I ricordi del vicolo parigino tornarono a colpirla con violenza, ma stavolta fu diverso.
Alice era cresciuta, non era più una bambina impaurita, perciò raccolse il coraggio dando uno spintone ad Albus e facendo un passo indietro.
Appena il ragazzo si scostò Alice lo colpì con un schiaffo in faccia, così forte che il colpo risuonò con un leggero eco nella stanza vuota.
Albus spalancò la bocca dallo sconcerto, e la guardò incredulo.
La ragazza gli vide contrarre la fronte fino a formare una V tra le sopracciglia, mentre gli occhi blu si accendevano di rabbia.
-Ma che problemi hai?- chiese Albus portandosi una mano al viso, dove spiccava una grossa chiazza rosata dalla forma di una mano.
Alice sentì una voragine aprirsele nello stomaco, e le gambe molli.
-Che problemi ho io?- chiese incredula, indietreggiando un passo, come se fosse stato il ragazzo a tirarle uno schiaffo -Che problemi hai tu?!- gridò poi lei, chiudendo le mani a pugno dalla rabbia.
-Snobbi il mio regalo, mi ignori per tutta la serata, ti ubriachi e poi mi porti in questo schifo di stanzino per...- Alice si interruppe, prendendo un grosso respiro tremante di rabbia, e continuò -...ti ho chiesto ben due volte di andarci piano, di lasciarmi i miei tempi perché non ero pronta, perché tu sai cosa mi è successo da piccola. Io mi sono confidata con te! E tu ti comporti in questo modo?-
Ormai la ragazza aveva abbandonato ogni briciolo di autocontrollo, prendendo ad urlare guardando Albus furiosa -Ti ho detto che non ero pronta per fare sesso, e tu mi hai detto che mi avresti aspettata... mi hai detto di fidarmi di te! Beh, guarda quanto vale la tua parola!- esclamò lei allargando le braccia per indicargli la stanza in cui si trovavano -Io mi sono fidata di te! E tu, alla prima occasione, sapendo cosa ho passato, fai questo...- la voce le si ruppe, incrinandosi dal pianto, e Alice si portò le mani chiuse a pugno sugli occhi, soffocando un singhiozzo.
-Nonostante ciò che tutti dicevano di te, nonostante le persone che mi hanno messa in guardia sul tuo conto, io ti ho dato la mia totale fiducia perché sono innamorata di te!- disse lei tirando via le mani dal viso con uno scatto, e lasciando libero spazio alle lacrime di rigarle le guance.
Vide Albus sgranare gli occhi, cambiando espressione, ma Alice non riuscì a decifrarla.
-E da quel che ho visto stasera, non credo proprio che provi la stessa cosa per me...- disse lei voce voce tremante -...o sbaglio?-
Lo guardò, aspettando che Albus la contraddicesse, aspettando che le dicesse che lei era davvero speciale per lui, tanto quanto lui lo era per lei.
Voleva che le dicesse che l'amava, e Alice avrebbe cancellato quell'orribile serata dalla sua memoria..
Tuttavia il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma la richiuse senza dire niente, guardandola in silenzio con gli occhi sgranati e vuoti.
Alice si sentì mozzare il fiato, mentre le lacrime riprendevano a correrle lungo le guance, e chiuse gli occhi con forza.
-Quella sera al lago, la sera della cometa, mi dicesti che non volevi innamorarti, se poi non saresti stato ricambiato. Mi dicesti che era meglio non aver amato affatto...- disse Alice, sentendo la propria voce smettere di tremare e assumere un tono così freddo e controllato da stupirla; riaprì gli occhi -...avevi ragione, sai? Perché fa male... e sì, era meglio non averti amato affatto-
Alice distolse lo sguardo da quello di Albus, e costrinse le sue gambe a camminare verso la porta, anche se sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro, facendola cadere in ginocchio.
Con una mano sulla maniglia ruotò leggermente la testa verso Albus, senza guardarlo -Non voglio vederti mai più- gli disse, stringendo il pomello con forza tra le dita, e sentendo le proprie parole colpirla come un pugno al petto.
-Non posso stare con te, non più, non così- girò la maniglia, inghiottendo il magone che le bloccava la gola.
-È finita, Albus. Ho chiuso-
Dopodiché spalancò la porta e si precipitò fuori dalla camera tornando alla festa, per mettere più distanza possibile tra lei e Albus; tra lei e il dolore che aveva impregnato l'aria della stanza, rischiando di soffocarla.

MarkedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora