Capitolo XVII

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Mi sveglio con la schiena dolorante, sono appoggiata alla parete, mi sono scontrata con la parete a dirla tutta. Sono sdraiata sul pavimento gelido di questa scatola di ferro che sarà due metri per due circa. Sono stordita ma capisco, dal continuo tremare della terra sotto di me che siamo in movimento. Lorenzo prima di farmi addormentare mi aveva detto che avremmo viaggiato ed è rimasto fedele alla sua parola, oppure mi sta portando da qualche parte dove uccidermi.
Non so cosa aspettarmi, non so cosa fare, o cosa dire, penso a mia madre (saranno almeno due giorni che non sono tornata a casa da scuola ormai) e a quanto possa essere preoccupata ora.
Ho le mani e i piedi legati ma cerco di alzarmi rimanendo attaccata alla parete per sorreggermi. Non ho forze, al terzo tentativo vano mi arrendo e come se non dormissi da giorni cado addormentata di nuovo.
***
Mi risveglio con un tonfo fortissimo e solo ora mi accorgo che ci sono due valige che anche se sono fermate con una corda e legate ad un gancio alla parete (di quello che ormai suppongo sia un furgoncino) ad ogni movimento improvviso fanno un grande rumore. Dove siamo diretti? Sto malissimo, il mio stomaco è completamente vuoto, vedo appannato (a causa delle iniezioni credo) e voglio tornare a casa. I miei occhi stanno per richiudersi pesanti con l'immagine dei miei genitori davanti, quando ci fermiamo. Sento un rumore metallico e le porte del furgoncino si aprono, la luce mi investe, e compare una figura in controluce, la figura di Lorenzo.
«Andiamo dai. Alzati.»
Mi tira e io barcollo, ho i piedi legati e sono senza forze. Mi solleva di peso, e sembra gli sia facile, ed è così che mi addormento di nuovo, appoggiata alla sua spalla e con la testa a penzoloni all'ingiù.
***
«EMMAAAAA!»
Lorenzo mi sveglia, siamo in una camera, io sono nel letto, con le coperte rimboccate.
«D-dove siamo» gli chiedo, il posto non mi è familiare e cerco di capire perché mi abbia portata li.
«Dunque. Finalmente posso risponderti.» mi dice sedendosi sul bordo laterale del letto. «Se ti guardi attorno, qui è dove tutto è cominciato. Guarda la stanza di questo appartamento: non ti sembra familiare?»
«No...» spero che non si arrabbi.
«Ti rinfresco la memoria: qui è dove tuo padre ti aveva portata per le vacanze estive e hai incontrato Alice.»
«Ascoltami Lorenzo.»
«Okay.»
«Adesso ti racconterò una cosa ma tu non interrompermi.»
«Il mio nome è Emma Jones e non Emma Lerti, sai perché mi chiamo Emma? Non lo sai? Te lo spiego. I miei genitori sono Zoe e Colin Jones, hanno seguito un caso di omicidio 20 anni fa, l'omicidio di una ragazza uccisa nel 2013 che si chiamava Emma Lerti appunto. Ed è Emma Lerti la Emma che intendi tu, l'amica di Alice, colei che è stata qui con il padre, la stessa che aveva litigato con Veronica, ma lei non sono io. Io non sono lei. Devi credermi. Non sono la persona che pensi. Il mio unico problema da 16 anni a questa parte è che ho il suo stesso nome.»
Lorenzo mi ascolta per tutto il tempo, alla fine dice semplicemente:«Emma, io lo so che tu non sei quella Emma, la Emma del libricino è morta, ma adesso sei tu che la sostituirai. Un personaggio così non può scomparire nel nulla per colpa della morte. Sarai tu quella Emma da adesso in poi, per me. »
«Tutto questo non ha senso.»
«Lo ha per me. Emma è stata la mia unica amica per tutta l'infanzia, ero solo e leggevo di lei. Quando mi hanno lasciato all'orfanotrofio era l'unico oggetto che la mia famiglia mi aveva lasciato. Voglio sapere il perché, e tu mi aiuterai.»
Maya gli sale sulle gambe e lui comincia ad accarezzarla, poi lei si avvicina a me e mi si sdraia accanto.
«Le piaci lo vedi, sei l'unica a parte me che le piace. Forse perché sei speciale.»
Non è per quello, non so perché, ora so solo che maledico il giorno in cui i miei mi hanno chiamata Emma.

Chi è Emma?Where stories live. Discover now