Capitolo XXII

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«Dai vieni, ce ne andiamo.»
«E dove?»
«Lo scoprirai.»
Vedo che armeggia con qualcosa. Mi sporgo per vedere: è una siringa. Si avvicina.
«No, ti prego, giuro che sarò brava, ma non farmi addormentare.»
«Okay.» mette il cappuccio alla siringa e la infila nella tasca della giacca.
Porta le due valigie e io lo seguo. Potrei approfittare ora per scappare, ma dove andrei? Potrei chiedere aiuto al barista del "Purple Smoke", si potrei. Ma quanto ci metterebbe Lorenzo a lasciare a terra le valigie e corrermi dietro? Forse è meglio aspettare che lui mi porti alla caverna e lì mia madre e mio padre si faranno trovare e mi salveranno. Almeno spero. Io mi fido di loro, lo so che non mi abbandoneranno.
Lorenzo paga alla reception e io gli sto un passo dietro, in silenzio. Lui si gira di scatto, quando mi vede si rigira sollevato. La donna dietro il bancone della reception guarda la scena un po' stupita. Poi gli dice:
«La ragazza è con lei?»
«Si.»
«Li ha i documenti?»
«Veramente no.»
«È maggiorenne?»
«No ha sedici anni.» la donna si sta insospettendo che ci sia qualcosa che non vada.
«Dunque lei ha la delega? Chi è lei per la ragazza?»
«Lei è mia cugina.»
«Dunque non le dispiacerà se chiamiamo i genitori di... Come ti chiami cara?»
«Emma»
«Bene, Emma mi diresti il numero dei tuoi genitori così chiediamo se tuo cugino ha la delega?»
«Con ogni ragazzo minorenne fate queste procedure e chiedete deleghe?»
«Si, è la prassi.» risponde la donna ad un alterato Lorenzo. Non credo che per ogni ragazzo minorenne facessero davvero tutte queste procedure, e la donna continua a fissarmi. Sembra conoscermi. Sono sempre un passo indietro a Lorenzo allora decido di agire. Muovo le labbra, non esce nessun suono ma quella donna scatta subito e lo percepisce come un urlo: 'Aiuto'.
«Bloccate le uscite!» urla.
Io corro dietro il bancone dalla donna. Lei mi tiene la mano e la stringe. Lorenzo rimane imperterrito. Sicuramente tutto ciò non era nei suoi piani. Si guarda attorno ma le guardie giurate che erano all'ingresso della reception ora dopo aver bloccato le uscite si sono avvicinate, circondato Lorenzo per così dire.
La donna mi abbraccia e io dopo essermi trattenuta per tanto tempo scoppio in un pianto convulso. Piango e piango ancora, senza un freno.
«La polizia sta arrivando.» mi sussurra «Non devi più avere paura ora.»
Abbasso lo sguardo e vedo sotto delle scartoffie un giornale e leggo sconvolta, ma capendo tutto "Emma Jones la figlia del celebre detective canadese Colin Jones è scomparsa" c'è tutto un articolo e anche una mia foto. Ora capisco perché la signora delle reception era stata così sospettosa fin dall'inizio e aveva chiaramente aspettato fino ad un mio segnale per far bloccare tutto.
Mentre la polizia porta via Lorenzo lo guardo negli occhi, lui mi guarda con aria distrutta.
Una parte di me pensa che lui in fin dei conti non mi ha fatto nulla di male, ma poi sento il braccio destro darmi fastidio, sento i lividi prodotti dalle punture e mi ricredo che avrà quel che merita. Sicuramente non ha avuto vita facile, ma è proprio per questo che bisogna guardare al futuro, rimboccarsi le maniche e rendere la propria vita il più vicino possibile a come la si era immaginata. Lorenzo è rimasto troppo attaccato al passato e questo oltre a nuocere a me ha fatto male soprattutto a lui.
La signora mi fa sedere sui divanetti della reception «Non ci siamo neanche presentate, io sono Francesca. Come va, cara?»
Io ho ancora le lacrime che sgorgano dagli occhi e singhiozzando rispondo «Ora bene, grazie, grazie davvero, lei mi ha salvato la vita.»
«Tesoro chiunque l'avrebbe fatto. Abbiamo chiamato i tuoi genitori, stanno arrivando. Al telefono non credevano a quel che sentivano. Anche loro come te piangevano, sai? Ma di gioia. Sono delle persone splendide, si meritano il meglio.»
«Lo so, io li adoro, voglio loro un mare di bene, e mi mancano!» piango ancora, non riesco a smettere. Un po' di gioia, un po' di liberazione, un po' per lo spavento accumulato. Sono tesissima e con i nervi a fior di pelle.
«Quando arriveranno?»
«Purtroppo da casa vostra ci vogliono due ore per arrivare qui, per cui suppongo che arriveranno presto. Stanno correndo da te ne sono certa.»
«Posso chiamarli?»
«Ma certo che puoi, tieni.» mi porge il suo telefono
«Pronto?»
«Mamma?»
«Emma tesoro! Stiamo arrivando! Come stai?»
«Ora meglio, tutto merito di questa signora, Francesca, che mi ha riconosciuta dalla foto sul giornale.»
«Quella donna avrà sempre il mio bene incondizionato, non smetterò mai di ringraziarla. Ma tu piccola mia? Sei spaventata? Perché piangi?»
«Piango per tutto. Innanzi tutto perché è tutto finito e sto per abbracciarvi. Mi mancate! E vi voglio bene.»
«Pure noi te ne vogliamo, ti passo tuo padre che non vede l'ora di parlarti.»
«Papà?»
«Emma! Stai bene? Che ti è capitato povera piccola!»
«Papà ora sto bene, dopo vi dirò tutto. È stato tutto così assurdo, ma papà, hai gli auricolari?»
«Si tranquilla, e sto guidando più forte che posso per abbracciarti il prima possibile!»
«Siete i migliori.»
«No tu lo sei, sei stata coraggiosissima a chiamare tua madre l'altra notte. Dopo ci dirai. Noi arriviamo presto.»
«Vi aspetto.»
Porgo il telefono a Francesca e la ringrazio. Quell'ora di attesa è lancinante, se non fosse per Francesca che cerca di allietarla un po' facendo due chiacchiere. E dopo che il tempo passa, lento, sempre più lento, gli occhi mi diventano lucidi e le lacrime non tardano ad arrivare appena vedo mia madre e mio padre che entrano nella reception. Corro ad abbracciarli, stanno piangendo anche loro e sorridono contemporaneamente. Ci stringiamo tutti e tre, fortissimo, da sentire i battiti del cuore a vicenda. E mia madre ci sussurra, con le lacrime che le rigano il volto:
«Finalmente il mio cuore non è più diviso a metà.»

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