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Dopo una bellissima notte insonne finalmente posso alzarmi per prepararmi.

Ogni volta che chiudevo gli occhi la mia mente fabbricava delle immagini dell'incidente di Gian, che mi procuravano soltanto la tachicardia.

Il mio aspetto è terrificante, ma dopo tutto quello che è successo me ne disinteresso.

«Nanetta ehi... Immaginavo fossi già sveglia.» 
«Si, non ho dormito molto.» 
«Nemmeno io.» 
«Se per te va bene... Verrei con voi a scuola.»

Il suo sguardo si illumina «Davvero?» 
Annuisco e lui sorride «Con assoluto piacere.» 

*

«È vero che Gian ha avuto un incidente?» sbotta Marta piantando le mani sul mio banco.

Alzo lo sguardo trovandomela a un millimetro «Sì.» 
«E perché diavolo nessuno si è preso la briga di dirmelo?» diventa sempre più isterica.
«Non lo so e non mi interessa.» 
«Lui non è né un tuo amico né nient'altro.» sbuca da dietro Cecilia.
«Tu non sai nulla, tornate in America.» sbotta alla mia amica, così decido di prendere la situazione in mano.

«Marta, mi dispiace che nessuno ti abbia avvisato, ma come dicono loro non sei in rapporto con Gian e non eri quindi una delle persone in diritto di venirlo a sapere subito.»

Sgrana gli occhi.

Posso giurare di averle visto del fumo uscirle dalle orecchie.

*

Durante la pausa Mark mi raggiunge «Zoe come stai? Come sta Gianmarco?»

Dopo averlo lasciato da solo il giorno dell'incidente non l'ho più né visto né sentito.

«Ci ha fatto spaventare da morire ma per fortuna sta bene, l'hanno dovuto operare ma si riprenderà.» 
«Meno male cavolo.»

Annuisco sospirando «Senti, scusami se stamattina non sono venuta con te ma non avevo praticamente dormito e...» «Non serve che ti giustifichi, lo capisco benissimo.» mi sorride come solo lui sa fare.

«Girano voci che Gianmarco del quinto B ha avuto un incidente.» delle ragazze, anche loro del quinto anno, con cui non ho mai parlato, si avvicinano a me.

Mi passo una mano sulla fronte. Sarà una lunga mattinata.

*

Entro in casa di corsa, mollo lo zaino e corro in camera. 

«Zoe?» mi richiama mio padre.

«Sì?» rispondo sporgendomi dalla scala.
«Cosa fai? Non mangi?»
«Papà mi devo cambiare velocemente e correre in ospedale.» mi lamento.

Entro in camera e inizio a ravanare nell'armadio alla ricerca di qualcosa di decente da mettere.

«Zoe...» la voce di mio padre è più vicina ora «Vorrei che prima scendessi e mangiassi qualcosa.» si impone.
«Ma non ho fame.» tiro fuori decine di vestiti lanciandoli alle mie spalle.
«Non importa se non hai fame, non mangi niente da ieri mattina, non so nemmeno come tu possa stare ancora in piedi.»

«Papà» mi volto verso di lui «sto bene e ho fretta.»

Prendo un maglione carino e dei jeans «Zoe, non è nel mio stile e lo sai, ma non uscirai di casa finché non mangi. E rimetti in ordine questo casino.»
«Stai scherzando?» sbotto lasciando cadere a penzoloni le braccia.

Si volta ed esce senza aggiungere altro.

Prendo un cuscino schiacciandomelo in faccia, opprimendo così un urlo di frustrazione.

Questione di sguardi Where stories live. Discover now