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Esco da scuola e lo vedo lì, appoggiato al muretto che guarda il cellulare.

Scendo i quattro gradini e percorro quei pochi metri che ci dividono.

«Ciao.» alza lo sguardo e blocca il telefono riponendolo in tasca «Ehi.» sorride dolcemente «Andiamo?» annuisco e prima che possiamo muovere un passo ci sorpassa l'uragano Gianmarco senza nemmeno salutare.

«Ha smesso di piovere da un po', potremmo fare una passeggiata e poi magari fermarci da qualche parte.» «Certo, va bene.»

Iniziamo a passeggiare uno accanto all'altra senza una meta precisa, chiacchierando per conoscerci meglio. 

«Parlami dell'America.» lo invito.  

«È molto diversa. Le case sono come le classiche che si vedono nei film, colori pastello, giardini ordinati, recinti bianchi. Strade tranquille, non succede davvero mai niente. Ci si saluta, si chiede come si sta, ma nessuno conosce davvero il proprio vicino. Lì è molto importante ciò che pensano gli altri.»

«Wow, sembra davvero che tu stia raccontando di un film. E te? Cosa facevi?»
«Frequentavo l'High School e facevo parte della squadra di football.» 
«Wow, scommetto che eri il più bravo.» sorride imbarazzato, grattandosi la nuca «Me la cavavo. Abbiamo vinto qualche campionato. Tu invece cosa facevi a Milano?»

«Niente. Praticamente le stesse cose che faccio qua.» 
«Come mai ti sei trasferita? Cioè, come è nata la storia tra tuo padre e la tua matrigna?»

Mi stringo nelle spalle, tornando a ricordi dolorosi.

«Si son conosciuti nell'azienda in cui lavorava lui durante una conferenza. Lei è salita con il suo capo a Milano e così niente, si sono incontrati. Da lì sono diventati inseparabili.» racconto e lui mi ascolta attentamente «Tu sei felice?»

Alzo lo sguardo verso di lui «Certo, mio padre è tutto per me. Se lui è felice lo sono anch'io. Poi ora ho un fratello che amo più di qualsiasi altra cosa, Diego. Anche se ci conosciamo da pochissimo, è sempre stato dalla mia parte, mi ha aiutata tanto. Ora non rinuncerei mai a lui.»
«Ah si, il ragazzo che c'era l'altra sera alla festa.» annuisco «Bene, sono contento.»

Evita di domandarmi di mia madre e per questo lo ringrazio mentalmente.

«Come mai hai deciso di trasferirti qua?» 
«Mia madre è americana e mio padre italiano. Anche lui per lavoro si era spostato in America ma dopo tutti questi anni sentiva la mancanza dell'Italia e siccome anche mia madre era stufa e voleva cambiare, abbiamo deciso di spostarci. Poi destino vuole abbiamo conosciuto Cecilia e la sua famiglia che ci hanno parlato benissimo di questo posto ed eccomi qui.»

Arriviamo davanti a un bar con tavolini all'esterno e dopo esserci assicurati che siano asciutti ci sediamo.

«Quindi... Come mai sei in punizione?»

Gioco con una bustina dello zucchero.

«Niente, ho avuto una discussione piuttosto accesa per un'interrogazione con la ragazza di Gianmarco e siccome lui si è intromesso è stato punito anche lui.» decido di evitare di raccontare l'altra parte della storia.

«E perché la sua ragazza non è in punizione?»
«Perché è la figlia del preside.»

La sua faccia sconcertata esprime pienamente il pensiero di tutti.

«Quindi cosa dovete fare?» 
«Dobbiamo pulire la palestra e la biblioteca. Stiamo iniziando a prenderci la mano.» 
«Oh, bella noia.» dice ridendo.

Il resto del pomeriggio lo passiamo a chiacchierare conoscendoci meglio l'un l'altra.

«Sono tornata.» urlo entrando in casa. 
«Ciao tesoro.» mi saluta a sua volta Lola dalla cucina.

Questione di sguardi Where stories live. Discover now