57. Un cambiamento radicale.

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Caleb's pov.

Quella mattina, non mi svegliai con il solito malumore. C'era qualcosa nell'aria che alleggeriva il peso che portavo dentro. Non ebbi neanche il tempo di alzarmi dal letto che i ricordi della sera prima riapparvero nitidi nella mia testa.

Giorno per giorno, quella ragazza si stava impadronendo dei miei pensieri e non sapevo se definirlo qualcosa di bello oppure il contrario.

Ripensai a quell'ultimo bacio, ai pantaloni stretti mentre mi assaporava le labbra, a quella dolcezza innata che le colorava il viso.

Fu quando mi venne in mente lui, che la mia mascella si serrò istintivamente.

Non volevo spaventarla più di quanto già non lo fosse, ma sapevo bene che quel viscido non si trovava lì per caso, dietro un paio di fottuti cassonetti.
Voleva qualcosa, voleva vendetta, forse, ma lei, non doveva neppure guardarla e il fatto che la sera prima , fosse lì, a spiare uno di noi, non faceva altro che innervosirmi ulteriormente.

"Sei sveglio"Assottigliai lo sguardo in direzione di Bret, seduto sullo sgabello della cucina.
"Che c'è?"
"Niente" disse vago.
"Solo che ieri sei sparito e non ti ho più visto" affermò, stringendosi nelle spalle.

"Troppo impegnato a sc..." esordì Jacob, sbucando alle mie spalle dalla sua camera da letto.
"Sta zitto" lo interruppi.
Non ero ancora pronto a sentire le sue idiozie.
"Beh, ora che ci penso, in realtà è un bel po' che non fai sesso, no?"
Continuò, scoppiando in una fragorosa risata.

"Ma che ti prende oggi?" Replicai guardandolo male.
"Stavo solo facendo un'osservazione" sbuffai una risata.
Non era il genere di conversazione che potevo sostenere alle sei e trenta di mattina.

"Non capisci Jacob! Il nostro amico ha altro a cui pensare..." ammiccò Bret, dandogli corda.
Ma che diavolo stava succedendo?
"È completamente andato, Jacob, l'abbiamo perso" si lanciarono un'occhiata complice.

"Ma di che cazzo state parlando?" Borbottai. Mi stavo alterando. Troppo.
"Andiamo, Caleb, sappiamo che ci sei sotto parecchio! Quella ragazza ti ha stravolto" Scossi la testa.
"State blaterando" Eccome se mi aveva stravolto.
"Come vuoi, tanto prima o poi capirai anche tu" Alzai gli occhi al cielo.

In quel momento, il mio cellulare squillò.

"È mio padre"
Affermai preoccupato.
Era strano che mi chiamasse a quell'ora, o che semplicemente lo facesse.
Accettai la chiamata, sotto gli sguardi attenti dei miei amici.

"Che succede?" Domandai subito.
"Ho una notizia importante da darti" esordì, con un tono stranamente squillante.

"Cioè?"

"Abbiamo una pista, Caleb" mi paralizzai.
"Se tutto va bene, presto scopriremo l'identità di Gloomy" deglutii a fatica.
Non riuscivo a crederci.
Tutto quello che aspettavo da anni, stava accadendo in quell'istante.

Non ci riuscii. Non riuscii a mettere a freno l'emozione che si impossessò del mio volto, sfociando in uno dei miei più ampi sorrisi. Quel pezzo di merda avrebbe pagato, una volta per tutte.

"Sto arrivando" riattaccai.
"Dannazione, Caleb...questo cambierà tutto" Annuii, lo avrebbe fatto.
Avrebbe cambiato tutto, ed in un modo irreparabile.

***

"Caleb, accomodati" mi sedetti sulla quella poltrona marrone davanti alla sua scrivania. Mi dava l'impressione di essere ad un colloquio di lavoro, cosa che odiavo, ma non dissi niente.
Non volevo discutere, non in quel momento.

"Dunque? Di che pista si tratta? Avete già un nome?" Alzò uno spigolo della bocca.
"Calma, ragazzo. Ora ti spiego" Sospirai.
Lo tolleravo a malapena in quella situazione.

"Siamo stati in alcune delle sue zone, nel tentativo di trovare qualcuno disposto a collaborare" iniziò.
"Non è stato facile, ma alla fine dopo svariati tentativi siamo riusciti a ottenere la fiducia di un paio di negozianti nelle sue mani. Abbiamo dato loro soldi e garantito sicurezza, tutto ovviamente alle spalle degli altri" corrugai le sopracciglia, attento ad ogni parola che pronunciava.

"Non avevano grandi informazioni, anzi, ma dalle loro descrizioni siamo riusciti a risalire a qualche nome. Non ti ho detto niente prima, perché meno persone ne sono a conoscenza meno sono le possibilità di venire scoperti. Sappiamo entrambi che se Gloomy venisse a sapere ciò , la vita di molti verrebbe messa a rischio" Annuii.

"Bene, a questo punto, nel giro di molti mesi, tramite le persone che abbiamo corrotto, siamo arrivati a dei dati bancari, riguardanti il traffico di droghe soprattutto. Adesso siamo alla fase finale, nel giro di un paio di settimane scopriremo dove converge la maggior parte dei soldi sporchi di questa città. Se tutto va bene, avremo un nome"
Terminò vittorioso.

Tuttavia sapevo che finché non avevamo qualcosa di certo su quell'identità, c'era poco da festeggiare.Erano anni che Gloomy sfuggiva dalle nostre mani.
"Quell'uomo è stato nascosto per anni, è fin troppo furbo. Chi ci dice non nasconde i suoi soldi da qualche parte al sicuro?"

"Nessuno, Caleb, hai ragione. Ma una somma così importante, non può essere nascosta così bene. Probabilmente, investe buona parte del suo denaro per cercare di occultare le attività criminali.
E ciò potrebbe giocare a nostro favore"

Speravo solo che quello non fosse un altro stupido fiasco.
"E se i soldi non portassero a lui?" Domandai stranamente ansioso.
"Vale la pena rischiare"

***

Incredibile ma vero, dopo l'incontro con mio padre mi ero ritrovato davanti all'entrata della scuola.
Erano passate già diverse ore dall'inizio della giornata scolastica, ma ovviamente non era delle lezioni che mi importava.

Se ero lì, era soltanto per un paio di occhioni celesti.

Avevo imparato a conoscerla, ed ero sicuro che il fatto che non mi fossi presentato a scuola quel giorno, senza dirle niente, avesse scatenato in lei una marea di domande e preoccupazioni.

Di certo, non volevo che le venisse in mente qualche idea malata, come le precedenti, e che si presentasse da sola davanti alla porta di casa mia.

Entrai nell'edificio quando la campanella suonò, non sapevo dove si trovasse ma prima o poi l'avrei vista passare.

Ed eccola lì.

Accanto ad un paio di ragazze.
Parlavano, ridevano. Non lei.
Lei aveva gli occhi puntati verso il pavimento, la sua bocca non accennava neanche un sorriso.

Vederla così era un pugno allo stomaco.

"Kylie" lo sguardo di mezza scuola si posò su di me, ma a me ne importava solo uno. Mi corse incontro con quell'espressione tremendamente preoccupata.
"Cal, è successo qualcosa?" Deglutii. "Niente di importante, avevo solo da fare" emise un sospiro di sollievo.

"Oh menomale, pensavo fosse successo qualcosa di grave" mi sorrise
ed io lo giuro, crebbi di morire.

Se è davvero questo il modo in cui morirò, allora non ho poi così tanta paura di volare in cielo, pensai.

Non avevo neanche bisogno del paradiso: di angelo ne conoscevo già uno, ed era di fronte a me.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora