52. Rinfrescata d'autunno. (pt.2)

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L'ansia si impossessò di me.
Mi voltai di scatto ed un istante dopo fui trascinata nell'acqua fredda della piscina.

Dopo attimi che sembrarono infiniti, ritornai in superficie e presi un lungo respiro, prima di abbattermi contro di lui.

"Si gela, dannazione, ma che ti salta in mente?" Sbraitai puntandogli un dito contro.
"Sei così divertente" assottigliai lo sguardo spostando una ciocca di capelli bagnati da davanti agli occhi.
"Sei un cretino" aggiunsi, stavolta ridacchiando.

"Attenta a come parli potrei sempre affogarti" feci una smorfia.
"No grazie"
Il suo sguardo mi suggerì di allontanarmi un po', era meglio non rischiare con lui nelle vicinanze.

Tuttavia non feci molta strada perché le sue dita si strinsero presto attorno ai miei fianchi e prima che potessi rendermene conto, fui scaraventata in aria dalle sue mani grandi.

Quella volta mi sarei vendicata.

Lo raggiunsi sott'acqua, e quando mi ritrovai il suo polpaccio immerso davanti agli occhi, vi addentai un morso.
Lo sentii grugnire, così decisi di riemergere a debita distanza.
La maglietta, nel frattempo, era diventata un tutt'uno con la pelle.

"Hai dichiarato guerra, dolcezza"

***

Passammo cosi un po' di tempo, immersi nell'acqua a rincorrerci, giocare come bambini, e ridere di giusto. Era da tempo che non mi sentivo così felice.

Quando divenni troppo stanca, mi arresi e arrestai la mia fuga contro il muro della piscina.

Mi guardò serio, poi afferrò le mie gambe e le avvolse attorno al suo bacino.

Eravamo così vicini che potevo sentire il suo respiro farmi vibrare la pelle.

Mi rubò un bacio a stampo.
Poi un altro e un altro ancora.
Bocca, guancia, fronte, mento. Le sue labbra avevano scontrato ogni più piccola parte del mio viso.

"Non mi hai risposto prima" gli ricordai.
"Non c'è niente da dire" replicò impassibile.
"È una cosa seria" alzò le spalle.
"Pensi davvero che la tua vita valga così poco?" Pressò le labbra tra loro.
"Non ho più niente e nessuno da perdere" scossi la testa, lasciando vagare gli occhi su tutto il suo viso.

"Questo non è vero, Cal, ci sono i tuoi amici, Bret, Jacob. E poi..."
mi fermai per riprendere fiato, la voce mi tremava.
"Ci sono anch'io" il cuore batteva così forte che temetti lo potesse sentire.

"Io tengo a te" Mi fissò in modo viscerale.

Dio, se ci tenevo a lui, così tanto da sperare che non li avesse sentiti i miei occhi che gridavano di amarlo.

"Non meriti una persona come me, Ky"
Asserì, mentre le mani stringevano lentamente le mie natiche.
"Non sei il mostro che credi di essere" sospirò combattuto.
"Non puoi esserne così sicura. Hai visto solo alcune cose di me"
Ansimai, quando le sue dita mi sfiorarono l'interno coscia.

"Q-quanto basta per capire"
"Capire cosa?"
La mano sfregò contro la mia intimità. Avvampai. Che stavamo combinando?

"Sei una brava persona" si inumidì il labbro, agitando il capo.
"E cosa vedi di buono in me?"
Mi morsi un labbro quando il suo indice si appoggiò sulla mia entrata.

"Quando sto con te, anche solo per poco, smetto di sentirmi sola" Scostò le mutandine ed io soppressi l'imbarazzo prima che si impossessasse di me.
Ero fuoco sotto le sue mani.

"Qualcos'altro?" Respirai affannosamente.
"Mi fai dimenticare di tutti i problemi, e soprattutto..." l'indice si infilò dentro di me.

"Mi fai stare bene!" Quasi urlai, pentendomene poco dopo.

"Dimmi che nessun altro ti ha mai toccata" ringhiò contro la mia bocca.
"N-Nessuno, nessun altro" biascicai.

Il suo dito iniziò ad entrare ed uscire ripetutamente dalla mia fessura, propagando calore e piacere nel mio basso ventre.

"Sei così perfetta, cazzo"
aggiunse un altro dito, facendomi boccheggiare.
Un mese prima non avrei immaginato assolutamente niente di tutto quello.

"Voglio che tu sia felice" balbettai, tra un affondo e l'altro.
"Sei davvero consapevole di quel che dici? Stai per venire, e ciò potrebbe offuscarti la mente" arrossii ancora, ma annuii.

I suoi occhi erano illuminati da un fascio di luce nuovo, e per la prima volta, vedevo la speranza combattere contro il buio del male.

Raggiunsi l'apice del piacere, così forte e carnale, che mi scosse per intera, come una scarica elettrica.

Tremai, tremai ancora.

Ciò che stavo vivendo era un qualcosa di surreale, e dal modo in cui mi guardava, capii che forse scosso da quella situazione tanto intensa quanto nuova, lo era anche lui.

Passammo altri cinque minuti così, senza muoverci da quella posizione, ma soltanto guardandoci negli occhi, come se il mondo si fosse fermato.

Solo io, lui, e la luna.

E mi resi conto che era così che avrei voluto passare il resto della mia vita. Avevo solo diciassette anni, e pensarlo forse era stupido e pazzo, eppure in quel momento diventò davvero, il sogno che avrei voluto si realizzasse in futuro.

Non passò molto prima che decidessimo che si era fatto tardi e che forse era meglio tornare. Mi diede la sua maglietta, la mia era fradicia. Indossò soltanto la felpa, affermando di non avere freddo.
Mi riportò a casa, e mi augurò la buonanotte.

"A lunedì" aveva detto.
Non ci saremmo evitati come le altre volte. Ci saremmo rivisti.
Una cosa così sciocca, che eppure mi fece battere il cuore all'impazzata.

Non parlammo più molto, lo fecero gli occhi. Ci lasciammo soltanto, in una marea di ricordi.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora