40. Bella da fotografare.

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Salii i gradini di quelle scale con il cuore a mille. Per qualche ragione l'idea di essere a pochi metri da casa sua mi agitava.

Raggiungemmo un pianerottolo, illuminato solo dalla luce fioca di una lampadina appesa al soffitto.

Aprì una porta, invitandomi ad entrare all'interno del piccolo ma funzionale appartamento.

"Vivi qui da solo?" Domandai incuriosita. "No, con Bret e Jacob"
"Oh" mi guardai intorno, le pareti erano spoglie, così come il resto.
Niente che non si potesse immaginare per una casa abitata da tre ragazzi.

"Com'è vivere con loro?"
Si voltò verso di me.
"Normale, la maggior parte delle volte"
Sbuffai.

"Puoi anche dirmela qualcosina in più, per te è sempre tutto 'normale'"
Piagnucolai, facendolo sorridere.
Non lo faceva spesso, e quando succedeva, il cuore mi si riempiva di gioia.

"La lingua la tiri fuori solo con me, eh" Incrociò le braccia al petto.
"Con le persone con cui sto bene"
"Quindi con me stai bene" Alzai le spalle. Lui sollevò un angolo della bocca soddisfatto.

"Perché hai deciso di portarmi qui?" Chiesi d'un tratto.
"Quante domande..." inarcai un sopracciglio.
"L'ultima l'hai fatta tu" Esultai mentalmente per l'ottima risposta, ma la sua replica non tardò ad arrivare.

"La mia era un'affermazione, che tu stessi bene in mia compagnia lo sapevamo già entrambi" ridacchiò, osservando la mia espressione sconfitta.

"In ogni caso, volevo solo stare comodo" precisò, sistemandosi meglio sul divano. "Mmm...d'accordo" qualcosa, su un piccolo tavolino davanti alla televisione, attirò la mia attenzione.

"È la tua macchina fotografica?" Annuì.
"La prendo un attimo" lo avvertii. "Caspita...e menomale che la fotografia era una stupidaggine" Affermai, osservando l'ottimo dispositivo.
"Me l'hanno regalata anni fa" Mi informò.

Accesi la macchina, ed inquadrai il ragazzo di fronte, proprio nell'istante in cui si strofinò la patta dei pantaloni.
"Che stronzetta..." scattò nella mia direzione, ed io dovetti difendermi dal suo agguato schizzando sul divano.

Le risate risuonavano allegre nella stanza.

Alla fine, si gettò su di me, bloccandomi sotto la sua possente figura. Cercai di divincolarmi dalla sua presa ma non ottenni alcun risultato.
"Questa la prendo io" strappò la macchina fotografica dalle mie mani.
"Uffa!" Brontolai, sbuffando.

Le sue dita avvolsero l'apparecchio, puntando l'obbiettivo su di me.
"No, ti prego vengo malissimo nelle foto" tentai di liberarmi ma il suo corpo mi schiacciava a tal punto da non permettermi di muovermi così mi arresi ed un clic, mi fece intuire che la fotografia era stata scattata.

La guardò per qualche istante, poi posò la macchina sul tavolino accanto. Approfittai di ciò per sollevarmi leggermente, senza però sfuggirgli.

"Sono orribile nelle foto" mi scrutò tanto intensamente da consumarmi la pelle.

"E invece sei bellissima"

Il cuore pulsante venne stravolto da quelle parole inaspettate quanto il bacio che ne seguì.

Le labbra si unirono inevitabilmente con la stessa fame della volta precedente.
Le mani di Caleb si strinsero attorno ai miei fianchi con forza, mentre le mie afferravano le sue spalle.

Le bocche si aprirono lasciando le lingue alla loro danza.

Perché tremavo dalla testa a i piedi, proprio non lo capivo.
In circa sei mesi con Dylan non avevo mai provato niente di minimamente simile a quello, niente che mi facesse sentire viva quanto le sue mani, la sua bocca o i suoi occhi.

"Scappa finché sei in tempo" mormorò con voce roca, tra un bacio e l'altro.
I nostri respiri si unirono, formando la combinazione perfetta.

Ansimai contro le sue labbra.
"Sai che non lo farò" sussurrai con voce vibrante. Non mi controllavo, non più.

Con lui la ragione non esisteva.
Con lui avevo smesso di essere razionale.
Con lui era il cuore a parlare e non la mente.

La porta di aprì di colpo, lasciando intravedere tre figure.

Caleb imprecò qualcosa ed io scattai in piedi, sistemandomi i vestiti.
Bret, Jacob ed una bionda, che non conoscevo, si fecero avanti dalla penombra, ed io non mi trattenni dall'arrossire.

Cal si alzò non molto contento, ma osservando le mie guance rosse, mi lanciò un occhiata con l'intento di rassicurarmi.

"Ehm scusate, non volevamo disturbare" esordì Bret tossicchiando.
"Non avete disturbato un cazzo, tranquilli" replicò stizzito il moro al mio fianco, tornando al divano.

Prima di sedersi, però, si rivolse all'altro amico, che se la rideva sotto i baffi:
"Ah Jacob, sappi che stanotte voglio dormire" disse indicando la bionda con lo sguardo.

Lo raggiunsi e timidamente mi avvicinai al suo viso.
"Forse è il caso che io vada" dissi con voce bassa, mentre gli altri appena arrivati, scherzavano animatamente.

Feci per afferrare la giacca di jeans ma la sua mano mi fermò.
Dal modo in cui mi guardava, direi che l'idea non gli era piaciuta poi così tanto.

"Tu, da sola, non andrai da nessuna parte, intesi?" Tentennai qualche istante per poi lasciarmi trascinare dal suo braccio nuovamente sul divano.

"Se proprio devo dirti la verità, non ho alcuna voglia di tornare a casa" le sue dita avvolsero alcune ciocche dei miei capelli portandole dietro l'orecchio, così da poter osservare entrambi gli occhi.

"Mio padre non c'è. Mi ha lasciata sola in casa, e la cosa non mi rende chissà quanto allegra." Il suo sguardo cambiò, divenne più cupo, quasi preoccupato, oserei dire.
"A questo pensiamo dopo" Annuii.

"Dai facciamo qualcosa!" Esclamò Bret. "Guardiamo un bel film!"
Caleb alzò gli occhi al cielo.
"Fate quello che vi pare"

Iniziò il classico battibecco da fatidica scelta del film, che terminò con la saggia decisione di vedere una commedia, ovviamente senza che io o lui partecipassimo.

Vidi le prime tre, forse quattro scene, lasciando continuamente spostare gli occhi dallo schermo a Caleb e viceversa.

Poi, crollai.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora