27. Solo una cotta passeggera.

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Vattene.

Gli era bastato scandire lettera per lettera quella semplice ma efficace parola per far sì che Dylan, si arrendesse.
Ma del resto, chi non lo avrebbe fatto? Era pur sempre Caleb Moore, il soggetto in questione.

"Fanculo" Fu l'ultima e unica parola che il ragazzo, a me difronte, pronunciò prima di allontanarsi.

"G-grazie, davvero" Mormorai.
"Non c'è bisogno che mi ringrazi. Non l'ho fatto certo per te" Asserì con estrema tranquillità.
"Oh. Sì insomma, io credevo solo..."

"Non voglio coglioni che rompono il cazzo nella mia scuola" Annuii, fingendo di non esserne rimasta delusa.
"Torna a lezione" ordinò.

"Tu non devi andar..." si abbassò alla mia altezza.

"Io, piccola nanetta, sono un caso a parte" sussurrò contro il mio viso in fiamme.

"Non mi piace essere chiamata così" Ammisi coraggiosamente.
"Da me, non dovresti neanche essere chiamata" Sentenziò, allontanandosi.
Lo guardai confusa.

"Che significa?"
"Che dovresti evitarmi come la peste"
"Che idiozia" replicai.
"Vai, Kylie"
"Avevi detto che non mi avresti più chiam..."
"Vai"
"Vado" 

E quella volta lo feci davvero.
E lo feci con il cuore a mille, perché avrei giurato di averlo visto, sulle sue labbra quel sorriso nascosto.

***

"Dylan sta esagerando" affermò Chloe, addentando una fetta di pane.
"I-io lo capisco, ma così non risolverà niente" ammisi.
"Cos'altro c'è da risolvere? Non tornerete mai insieme" Ribatté.
"Lo so, ma vorrei che io e lui fossimo almeno amici" Le dissi.

"Sì ma piuttosto...prima in mensa venerdì, poi quando ti sono caduti i libri, l'altra sera al pub, oggi le minacce di Jenna, poi quello che è successo in corridoio e tanti altri episodi. Che sta succedendo Kylie?" Mi accigliai.
"A che ti riferisci di preciso?"

"A Caleb!" Sussurrò, un po' troppo forte per i miei gusti.
"Niente, insomma cosa dovrebbe succedere?" Risposi nervosamente.
"Non prendermi in giro e dimmi la verità. C'è qualcosa tra voi due?"
Per poco non mi strozzai con la saliva.

"Sei impazzita? Ma mi hai vista? Non potrebbe neanche guardare una come me" Ammisi, con un accenno di tristezza. "Questo lo so! Ma perché ho l'impressione che l'altra sera non ti abbia semplicemente accompagnato a casa?"
Sospirai, evidentemente non ero così brava a nascondere le cose.

"Ok, abbiamo passato del tempo insieme, ma solo per nasconderci dalla polizia!"
Mi giustificai.
"Kylie dimmi una cosa...ti piace?" Prese un profondo respiro in attesa della mia risposta.

"Cosa? La pasta che hanno servito oggi? Sì, molto, è davvero saporita!"

"Kylie! Non prendermi in giro, stiamo parlando di Caleb" mi ricordò sconsolata dal mio inutile fingere di non sapere a cosa si stesse riferendo.
"Oh sì, giusto. No. Cioè, lui è piuttosto presuntuoso, scontroso, sì insomma...a tratti antipatico..." farfugliai ansiosamente.

"Però con lui sto bene, mi sento me stessa" confessai a disagio.
"Lo sapevo, accidenti" scosse la testa, con fare preoccupato.
"Perché fai così?" Domandai, non capendo il motivo di tanta agitazione.
"Ti porterà sulla cattiva strada. Tesoro, lui non è un ragazzo come tutti gli altri. Ti farà solo del male." Affermò lei.

"È solo una cotta passeggera, non enfatizzare il tutto" Replicai.
"Voglio sperare che sia così, davvero"
Annuii, lo speravo anch'io.

"Hey, ragazze" ci voltammo entrambe.
"Bret, siediti pure" appoggiò il suo vassoio sul tavolo.
"Spero di aver interrotto qualche importante discussione" ci disse.
"Ma figurati, parlavamo di cotte passeggere" ammiccò Chloe, che ricevette come risposta un'occhiataccia da parte mia.

"Chi ha una cotta?" Domandò Bret con tono malizioso.
"Nessuno" anticipai la mia amica, prima che potesse anche solo fiatare.

"Oggi pomeriggio abbiamo il corso di teatro!" Esclamò entusiasta quest'ultima. "Non credo che ci sarò" il volto della ragazza a me difronte si dipinse di delusione.
"Perché?" Chiese subito questa.

"Ho delle questioni da risolvere" non mi fu difficile capire di che questioni si trattasse. Era la banale risposta che anche Caleb dava ogni qualvolta che si accennava ad il suo lavoro.

Giusto, Caleb!
Era palese a quel punto che anche lui si sarebbe assentato alle lezioni.

"Al negozio di mio padre" aggiunse.
"Non sapevo tuo padre avesse un negozio" affermò Chloe.
"Ebbene sì. In Rice Street, a Austin" non avevo la più pallida idea di dove si trovasse quel posto, per cui non dissi niente; ci pensò qualcun altro.

"È uno dei luoghi più pericolosi di Chicago!" La mia amica aveva proprio intenzione di metterlo alle strette.
"Lo so, raccoglie vestiti usati per le famiglie più povere" se ne uscì con un sorriso.

Chloe aveva già aperto bocca per dire qualcos'altro ma la campanella fortunatamente la interruppe.

Era ora di tornare in classe.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora