16. Ferite fuori e dentro.

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Le giornate successive passarono lentamente. Per prima cosa, avevo allontanato Dylan da me.

Dovevo riflettere.
Riflettere su di noi e sulla faccenda di mia madre. Ovviamente, lui aveva più volte tentato di avviare una conversazione con me, ma io lo avevo sempre evitato.

La situazione 'Chloe' inoltre aveva solamente reso le cose più difficili.

Mi aveva chiesto come fossi rientrata a casa, dopo la festa, ed io le avevo semplicemente risposto che avevo chiamato un taxi.
Se Dylan fosse venuto a conoscenza del passaggio che Caleb mi aveva offerto si sarebbe scatenato il putiferio.

Né Bret né Caleb si fecero vedere in giro fino a quel giorno.
Erano come dispersi, e, per qualche strana ragione, la cosa mi preoccupava.

"Kylie? Sei viva?" Domandò Maddie, sventolando una mano difronte al mio viso. Sbattei più volte le palpebre.
Ero stata come travolta da un'enorme flusso di pensieri.
"Ehm sì, certo" risposi con poca convinzione.

"Non hai mangiato nulla"
Mi fece notare Chloe, indicando il vassoio pieno difronte a me.
"Tranquilla, non ho molta fame" Ammisi.
Il mio stomaco si era chiuso alla vista del cibo che la cuoca aveva riversato nel mio piatto.

"Allora, parliamo un po' di gossip!"
Esclamò entusiasta Emily.
"Avete visto il nuovo arrivato? Derek Ross? È un grandissimo figo. Ma dicono che stia frequentando..."
Le parole divennero sempre meno chiare. Maddie continuò il suo monologo ma la mia attenzione era già rivolta ad altro.

Caleb entrò nella mensa, ed io quasi non soffocai con la mia stessa saliva, quando il mio sguardo cadde sul suo viso.

Labbro spaccato. Occhio nero.
Piccoli tagli sparsi sulle guance rosse.

Anche le altre ragazze si voltarono verso di lui.
"Chissà in quale guaio si è cacciato stavolta" Pensò Chloe sospirando, per poi riprendere la conversazione, come se nulla fosse.
Come se tutto fosse normale.

Ma cosa c'era di normale in tutto ciò?

Gli occhi di Caleb si posarono per un attimo su di me ed io rimasi come una sciocca, ad aspettare un suo saluto che non arrivò.

Mi maledissi mentalmente.
Che accidenti mi aspettavo?
Che lì, davanti all'intera scuola, mi salutasse?
Forse avevano ragione: non avevo ancora ben capito con chi avevo a che fare.

***

Le lezioni finirono, ma ben presto ricordai che dovevo ancora affrontare la lezione di fotografia. Percorsi i corridoi della scuola, con lo sguardo basso.

C'erano poche persone, data l'ora, eppure quelle poche continuavano a ridacchiare fastidiosamente al mio passaggio.
Non mi era certo stato difficile capire che il motivo di tanto divertimento fosse stata la scenata di Jenna di quel sabato sera.
Cercai di non farci caso, era una storia che ormai andava avanti da giorni.

Raggiunsi l'aula assegnata per il corso, assicurandomi di non essere in ritardo come la volta precedente.
Non volevo che il professore pensasse che fossi un irresponsabile ritardataria.

Aprii la porta, ed improvvisamente, una ragazza bionda, che usciva di corsa dall'aula, mi si precipitò addosso.
Ero sul punto di cadere, quando due possenti braccia afferrarono saldamente la mia vita, impedendomi di schiantarmi contro il pavimento.

"Sta più attenta" Non ebbi bisogno di voltarmi per capire a chi appartenesse quella voce. Ormai avevo imparato a riconoscerla, e lo avrei fatto anche tra altre mille.
"Oh, s-scusami" Balbettai, in difficoltà.
La ragazza, nel frattempo aveva già superato entrambi, fuggendo via, senza accennare parola.

Le sue mani lasciarono la presa sulla mia vita, spegnendo il fuoco che esse stesse avevano accesso.

Entrai in aula, e presi posto di fianco al suo, in attesa del professore.

"Cosa ti è successo?" Domandai, lasciando scorrere preoccupata gli occhi sul suo viso malconcio.
"Niente che ti possa minimamente interessare" Sibilò, con una fermezza spaventosa.

"Ok, volevo soltanto dirti che mi dispiace vederti ridotto così male"
Si voltò di scatto, inchiodandomi con i suoi occhi spenti.
"Rischi del mestiere"
Affermò con tranquillità, seppur avessi notato i suoi lineamenti irrigidirsi.

Rabbrividii al solo pensiero di uno di quei tanti pericoli che il suo lavoro implicava. Non sembrava molto propenso a parlare di quando accaduto al suo povero viso, per cui decisi di cambiare argomento.

"Perché hai scelto proprio questo corso?" Si prese qualche secondo, prima di rispondere.
"Era una delle tante stronzate a cui ero costretto a partecipare"
Disse soltanto, picchiettando una penna sul banco.

"Non credo che la fotografia sia una sciocchezza" Controbattei pacatamente.
"Sì insomma, è un modo di esprimersi"
Aggiunsi, riavviando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"E tu?" Mi fissò attentamente, facendo aumentare l'irregolarità dei miei respiri.
"Cos'hai da esprimere?"
La sua voce roca mi riempì di brividi.

"Buonasera ragazzi!"
L'arrivo del professore mi salvò da una domanda a cui non sapevo rispondere. Cosa avevo realmente da esprimere io?

"Siete tutti, e questo mi fa molto piacere!" Iniziò il professore, schiarendosi la voce.
"Oggi passeremo finalmente parte pratica, l'aspetto più affascinante di questa meravigliosa arte."
Qualcuno al mio fianco sbuffò.

"Impareremo le basi necessarie per scattare una buona fotografia. Per la prossima volta, voglio che mi portiate una foto che rappresenti in qualche modo una parte di voi" Annuii, seppur non avessi una grande voglia di portare a termine il compito assegnato.

"Cosa la diverte, signor Moore?"
Gli occhi del ragazzo al mio fianco puntarono il viso irritato del professore.
"Vuole la verità? La sua faccia"
Sputò, lasciandomi a bocca aperta.

Nessuno rispose.

In un attimo, Caleb aveva già oltrepassato la soglia della porta e abbandonato la lezione.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora