47. Soltanto un errore.

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Ignorò tutti, nemico compreso, e mi afferrò per un braccio, trascinandomi fuori dalla cantina.

"Qual è il tuo problema? Qual è il tuo cazzo di problema?"
Sgranai gli occhi.
"Non urlare ci sentono tutti" lo pregai a bassa voce.

"Qui dentro vive solo gente come me, o pensi che avrei sequestrato un uomo sotto l'appartamento di una vecchia con un paio di gatti?" Lo guardai male.
"Si può sapere perché te la stai prendendo con me?" Sbottai.
"Perché hai fatto una cazzata e non ti rendi conto della gravità della situazione!" Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe.

"Come ti è venuto in mente di venire qui?" Mi morsi un labbro.
"Ero preoccupata per te, non eri a scuola" il modo in cui mi guardò mi fece sentire ancora più stupida.
"Bret era agitato, credevo ti fosse successo qualcosa" ammisi.

"Tu sei pazza, completamente pazza"
"Perché reagisci così?" Rise istericamente.
"Vuoi che ti dia anche una pistola, così ti senti più coinvolta? Così ti unisci a noi e ci dai una mano con le rapine?"

"Caleb, mi dispiace interrompere ma che facciamo con il tipo?" Intervenne uno dei due ragazzi che non conoscevo.
"Lascialo andare" Rispose continuando a fissarmi serio.

Pochi attimi dopo arrivarono con il corpo tra le mani. Il modo in cui quel tipo guardò Caleb mi fece gelare il sangue nelle vene.
"La pagherai, in un modo o in un altro" deglutii rumorosamente.
Mi incuteva paura, parecchia.
Lo portarono fuori, lasciandoci soli.

"Mi dispiace" mormorai sincera.
"Non è abbastanza, cazzo, non lo è"
Continuò.
"Non stiamo giocando, Kylie. Le armi, i feriti, la droga, è tutto vero, dannazione" sospirai.

"Lo so" biascicai.
"Eppure eri lì, e non è la prima volta, ti avevo avvertita ma tu continui a non darmi ascolto! Come se fosse normale piombare in una stanza mentre sto picchiando uno spacciatore! Come se fosse normale far finta di niente mentre si è circondati da gente armata"
assottigliai lo sguardo.

"Beh neanche essere sul punto di uccidere di botte un uomo è normale!"
Gridai a mia volta, facendolo sospirare pesantemente.

"Sono in questa merda da anni, e quando ti dico che devi starne alla larga è perché devi farlo davvero" si inumidì il labbro. "Non c'è bisogno di utilizzare questi toni" lo ammonii.

"È solo che mi rendo conto di che sbaglio io abbia commesso, smettendo anche solo per un attimo di tenerti alla larga"
sentii le palpebre appesantirsi.

"Pensi davvero che quello che abbiamo vissuto fino ad ora sia stato un errore?" Domandai in un sussurro.

"A questo punto sì, lo penso davvero"
la fermezza e l'impassibilità con le quali emise la sua risposta mi raschiarono il cuore.
Tutto ciò suscitava in me tristezza, rabbia, e delusione allo stesso tempo.

"Forse l'errore l'ho commesso io, ed è stato credere che nel momento in cui ti facevo entrare nel mia vita, di me ti importasse qualcosa" così dicendo, girai i tacchi amareggiata.

"Ti accompagno a casa"
Mormorò alle mie spalle, privo di emozioni.

"Non importa, prendo un taxi"

Caleb's pov.

"Non dovresti essere così duro con lei" sentenziò Bret, aprendo la porta dell'appartamento.
"E tu dovresti tenere la bocca chiusa" ringhiai una volta entrato.
"Si sta immischiando in qualcosa più grande di lei, e tu lo sai bene"
Lo vidi annuire.

"Solo il fatto che quel verme l'abbia vista ha messo...porca puttana ha messo in pericolo la sua sicurezza" Sbraitai, colpendo il piano della cucina con un pugno.
"E non se ne rende neanche conto" aggiunsi, stavolta con un tono meno alto, e afferrando una bottiglietta d'acqua.

"L'ho portata io qui" la plastica della bottiglia venne stritolata tra mie mani. "Di che stai parlando?"
Chiesi a denti stretti.
"L'ho incontrata all'uscita da scuola, dopo che mi avevano chiamato. Voleva sapere a tutti i costi cosa stava succedendo e non ricevendo risposte si è piazzata nella mia auto" socchiusi gli occhi qualche istante.

"Sei un gran cazzone" strinsi i pugni.
"Un fottutissimo cazzone" ripetei.

"Lo so, ma non potevo puntarle una pistola alla tempia obbligandola ad uscire dall'auto" cercò di giustificarsi.
"Potevi fare qualunque cosa , tutto tranne che portarla qui, sapendo cosa stava succedendo" replicai, fulminandolo con lo sguardo.

"Ho sbagliato, non dovevo" si scusò.
"Non importa, è abbastanza grande per capire da sola che non avrebbe dovuto varcare quella soglia" stappai una birra e ne mandai giù qualche sorso.

"Lo ha fatto per te, per mettere fine alla tua devastazione" afferrò la bottiglia poggiata sul tavolo.
"Se non fosse arrivata, non sono così sicuro che ti saresti fermato in tempo"

Ed io lo sapevo? Lo avrei davvero ucciso se la sua voce non mi avesse oltrepassato le orecchie e il petto?

"Se ha questo potere su di te, se riesce a riportarti alla realtà soltanto pronunciando il tuo nome, non lasciartela scappare, fratello. Non farlo"
La verità era che forse lo avevo già fatto, ma preferii tenerlo per me.

"È passato parecchio tempo, dovresti cercare di controllarti. Non puoi diventare così violento e pericoloso solo quando si accenna a tua sorella" mia sorella.
Il sol pensiero mi rese incapace di pensare.
"Non dirmi quello che devo fare"

"Ti sto solo dando dei consigli"
"Beh non farlo!"
Scuotendo la testa me ne andai. Avevo bisogno di una doccia; l'acqua fredda avrebbe sbiadito quei pensieri che portavano il suo nome.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora