24. Rabbia devastatrice.

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"Bret!" Strillò Chloe, sventolando una mano in aria.
"Veniamo anche noi" squittì, accodandosi ad un gruppo di ragazzi. La seguii, ed insieme alla mandria, uscimmo dalla palestra.

"Dov'è Dylan?" Domandai, accorgendomi della sua assenza.
"Credo sia già andato al pub. Era parecchio strano" Mi informò Bret.

Feci finta di niente, restando in silenzio. La situazione era già abbastanza pesante.

***

In pochi minuti, raggiungemmo a piedi l'entrata del locale.

Tentai di farmi spazio tra la folla.
Sembrava un covo di formiche, ed io iniziai a chiedermi cosa ci facessi in un posto del genere.

I jeans larghi, e le sneakers ai piedi, non facevano altro che accrescere il mio sentirmi a disagio. Ma d'altro canto, credevo che fosse una semplice partita di basket, non una festa!

Come per miracolo, riuscii a conquistare un piccolo tavolino nero, affiancato ad una parete. Mi sedetti e lo stesso fece Chloe.

"Rimarrai seduta per tutta la serata?" Alzai le spalle.
"Può darsi" scosse la testa, sconsolata. "Goditi questi cinque minuti, perché dopo voglio vederti ballare!" Ridacchiai, sperando davvero che non mi lasciasse sola per più di cinque minuti.
Non volevo passare l'intera serata a fare chiacchiere con un tavolino.

Mi guardai intorno. La maggior parte dei ragazzi era ormai già immersa nei bicchieri.

"Hey" Mi voltai, in direzione della voce che avevo udito.
"Oh ciao. Ehm Derek, giusto?"
"In persona" Accennai un sorriso, rasserenata per aver ricordato bene il suo nome.

"Sei qui per il dopo partita?"
Domandò, sorseggiando un drink.
"Già, ma diciamo che questo non è il mio genere di serata" Ammisi.
"Si vede. Non sembri divertirti molto" Ridacchiò.

"Che sta succedendo?"
La folla era interamente radunata attorno ad un qualcosa che non riuscivo a vedere, ma riuscii a sentire.

"Figlio di puttana! Scommetto che ancora una volta è colpa tua!"

Il cuore smise di battere.
Era Dylan.

Scorsi tra le teste di decine di persone, il suo corpo barcollare in direzione di qualcuno.

"Sei ubriaco fradicio" Sussultai, quando la sua voce, giunse alle mie orecchie.

"Dimmi, hai intenzione di farla cadere nella tua trappola come fai con tutte?"
Le sue braccia spinsero all'indietro il corpo tonico di Caleb, il quale si spostò solo di qualche centimetro.

Avanzai nella loro direzione, stava diventando troppo, perfino da guardare. "Dylan" Lo richiamai.
"Non sei in te, andiamo via" I suoi occhi rossi scattarono verso di me.

Una visione che mi raggelò il sangue nelle vene.

"Kylie ha ragione, ascoltala Dylan" Intervenne Bret, affiancandomi.

"La piccola Kylie...che farai ora? Ti lascerai trattare come una delle sue puttane?" Fu questione di un attimo.

Le mani di colui, che fino a quel momento era rimasto immobile, si chiusero attorno al colletto della felpa di Dylan.

Uno, due, tre pugni.

"Basta, vi prego!" Gridai, con le mani tra i capelli. Bret afferrò le spalle di Caleb, nel tentativo di placare la sua inarrestabile e distruttiva rabbia.

Nel frattempo, le lacrime scorrevano copiose sul mio viso.

"Caleb, dobbiamo andare stanno chiamando la polizia!"
Lasciò andare il corpo di Dylan ed il suo sguardo cadde su di me.

"Vieni con me"

Mi afferrò il braccio, con la mano impregnata di sangue. Sporcarmi era l'ultima cosa di cui mi importava in quel momento.

Mi lasciai trascinare da lui, senza minimamente pensare al resto, alle conseguenze. Non riuscivo più a ragionare.

"Sali, veloce!" Si assicurò che fossi ben agganciata a lui, per poi partire a velocità fuori dal normale.

Mi strinsi forte al suo busto, respirando il suo profumo, e approfittando della vicinanza. Ero stupida a pensare certe cose, ma non riuscivo a evitarlo.

La moto si fermò, sul ciglio di una strada, dopo una decina di minuti. Non avevo la più pallida idea di dove ci trovassimo.

Tentai di scendere, ma come poteva farlo una come me, senza dare spettacolo?

Persi l'equilibrio, scontrando la schiena, per fortuna o per sfortuna, contro qualcosa di duro.

Il suo petto.

"S-scusa" Balbettai, non appena lo sentii irrigidirsi.

Non rispose, così mi guardai intorno.
Eravamo all'estremità di un boschetto, in una piccola piazzola deserta.

"Dove siamo?"
"Lontano dagli sbirri"
Mi voltai nella sua direzione.

"Come hai scoperto questo posto?"
"Un tempo era zona di spaccio" Si sedette su una panchina, ed io feci lo stesso.

"Mi dispiace per quello che è successo" Esordii. "È colpa mia se adesso ti trovi in un questa brutta situazione" Estrasse una sigaretta dalla tasca.

"Tu non c'entri proprio un cazzo"
Il tono mite e calmo era in contrasto con le parole che sputavano rabbia.

"Stai perdendo sangue"
Come attratta da una calamita, la mia mano sfiorò il suo viso ferito.

La pelle ardeva sotto il tocco delle mie dita. Era teso come una corda di violino.

Con la mano tremante, tirai fuori un fazzoletto.

"P-posso...?" Non riuscii a terminare.
Il suo braccio afferrò la mia mano, portandola sulla ferita.
Le mie guance avvamparono inevitabilmente.

"Ti sta bene il rosso"

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora