Capitolo 16

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Eccola, posso sentirla. La lama invisibile che mi ha perforata proprio all'altezza dello stomaco. La lama è invisibile ma il dolore è nitido e vero sotto la mia pelle. Sono schiacciata al muro senza avere la forza di muovermi. Cosa ho sbagliato adesso? Le lacrime minacciano i miei occhi, un peso indescrivibile si è aggrappato alla mia gola. Lui è stato ad avvicinarsi a me, lui si mette sempre ad un millimetro dalla mia bocca, anche stanotte ha fatto la stessa cosa. Ieri, stamattina, due giorni fa. Lo fa sempre. Lui mi fa complimenti sfacciati. Mi guarda con quegli occhi; quei maledettissimi occhi. E poi se ne esce con queste frasi del cavolo? Che cosa significano? Non hanno contesto logico, per la miseria. Mi butto i capelli lontano dal viso con un gesto frustrato. Sembro una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Voglio urlare. Questa volta non coverò tutto dentro facendomi continue analisi interiori. Stavolta parlo. Tiro un respiro risoluto. Sono decisa a preservare me stessa da tutto questo. Fregandomene completamente di essere in intimo e mezza nuda, mi dirigo decisa verso la cucina. Henry ha i gomiti poggiati sul bancone, lo sguardo perso in direzione del tostapane in funzione. Lo guarda come se fosse chissà che cosa. Non mi soffermo a notare la sua bellezza, la sua perfezione; in questo momento la detesto. Mi schiarisco la gola, attirando all'istante la sua attenzione. Il timer del tostapane suona cacciando fuori i toast abbrustoliti e fumanti, ma gli occhi di Henry sono fissi su di me. Mi guarda incapace di agire. Piega la testa di lato. Devo parlare. Sa che devo parlare.
"Mi hai trascinata in questa situazione orribile a causa di un debito di mio padre. Potrei andare subito alla polizia e denunciare questa situazione assurda, sarebbe stata la cosa più facile, più normale. Ci ho pensato all'inizio, prima ancora di mettere piede in questa casa ho pensato a mille modi per evitarmi questa costrizione, sai? Ma poi ti ho conosciuto e puft!, me ne sono dimenticata!" Enfatizzo le parole mimando con le mani una bolla di sapone che scoppia. Mi guarda con gli occhi spalancati. "Me ne sono dimenticata perché avvertivo una sensazione di fiducia ad averti vicino, non disgusto o ribrezzo o qualsiasi cosa avrei dovuto provare dato quello che mi stai costringendo a fare. Se non lo farò, se non ti denuncerò, sarà prima di tutto per mio padre, ne ha passate fin troppe e anche se lo odio in questo momento non voglio vederlo dietro le sbarre di un carcere. Ma tu? Ti stai divertendo in questo gioco? Ne trai una sorta di piacere o soddisfazione personale? Sicuramente. Solo un degenerato poteva chiedere la figlia di un tizio al posto del denaro. Io non sarò il tuo giocattolo, il tuo passatempo. Avevi chiesto amicizia? Non avrai nemmeno quella. Porterò in scena questa farsa ma io e te saremo due estranei. Non ti permetterò di avere atteggiamenti simili a quelli di questi giorni. E con questo avvertimento, ho chiuso." Sta cercando di rispondere, di dire qualcosa, ma sembra che la voce sia sparita. Lo fisso per un altro secondo. Ottenendo solo silenzio decido che non devo aggiungere altro. Mi giro e cammino spedita nella mia stanza. Sbatto involontariamente la porta e la chiudo a chiave. Una parte di me si sta già buttando sul letto che ha di fronte per piangere fino ad espellere ogni liquido possibile dal corpo. Ma oggi vincerà la Lily risoluta. Niente pianti. Niente melodrammi. Niente. Mi dirigo verso il bagno. Mi libero della poca roba che ho addosso e la getto nel cesto del lavaggio. Apro la manopola della doccia e dopo qualche secondo, non appena il fumo che accompagna l'acqua mi dà conferma che finalmente è calda, mi lascio accarezzare da essa. I muscoli si rilassano al ritmo costante dell'acqua, sembro poter respirare meglio e sentirmi sollevata. Tutto mi sarei aspettata tranne che avesse una reazione simile stamattina. Poche ore fa mi stava baciando con così tanta passione da soffocarmi. Cosa gli passa per quella testa? Cosa ho che non va? Credevo di poter parlare con lui e scherzare, di poterlo baciare...sì. Come stanotte o anche di più. Di essere vicini. Volevo rivedere quel fuoco nel ghiaccio dei suoi occhi. Lo avevo quasi ottenuto stamattina, ma mi ha lasciata spiaccicata nel muro del corridoio con troppi rancori. Ogni speranza infranta. Non avrei immaginato di provare qualcosa di così forte per lui. Non so esattamente cosa sia, ma c'è e ogni fibra di me stessa lo sa. Lo conosco appena e mi sono esposta così tanto. Una ragazza qualsiasi di solito ottiene qualcosa di più bello dopo il primo bacio, nel migliore dei casi c'è amore sin dal primo bacio. Questa non è la mia storia, però. Un bisogno così grande di essere amata senza che nessuno voglia mai soddisfarlo. Questa è la mia storia di sempre.

Allaccio le Vans nere velocemente. Sono pronta. Non mi guardo nemmeno allo specchio, i miei jeans a vita alta e il top nero mi piacciono sempre. Prendo la mia enorme borsa e ci butto il cellulare dentro. Non me ne starò chiusa in questa casa a fare la prigioniera del castello. Visto che non passerò il mio tempo con Henry, troverò il modo di farlo passare diversamente. Oggi è domenica, la città sarà viva come non mai. Prenderò un bel caffè e darò un'occhiata al quartiere. C'è un sole splendido e voglio godermelo. Se sarò fortunata troverò anche qualche cartello informativo in cui cercano qualche ragazza nuova da assumere in qualche bar o negozio, non lo so. Voglio lavorare e avere le mie cose senza chiedere niente a lui. La mia indipendenza mi è sempre piaciuta, non ci rinuncerò mai, dovessi fare anche i lavori più umili e stancanti. Borsa in spalla e tanti buoni propositi mi accompagnano lungo il corridoio verso il salotto.
"Buon giorno, Lily." La voce tranquilla di Ezra mi fa sorridere.
"Buon giorno a te." Ricambio dolcemente. È incredibile come trasmetta un senso di serenità quest'uomo.
"Esci?" Mi chiede. Ha la solita divisa scura e un piattino d'argento pieno di lettere in equilibrio su una mano. Mi avvicino a lui.
"Sì. Voglio fare un giro, prendere qualcosa fuori." Sorrido sporgendomi un po' sui numerosi pezzi di carta davanti a me. I miei occhi catturano un nome che vorrei non aver visto. Sì è quello. 'da Amanda' è scritto su una carta bianchissima con una calligrafia elegante. Ezra scosta il piattino dalla mia vista.
"Non credo che il signor Cavill ne sarà contento." Poggia il piattino sul bancone della cucina, mentre lo seguo. Si è accorto che stavo sbirciando.
"Perché? È solo un giro. Torno per pranzo."
"Per me non c'è problema, Lily. Il signor Cavill lo sa?" Mi domanda reggendosi il mento con fare intellettuale e alzando un sopracciglio.
"Non devo dire tutto quello che faccio al signor Cavill!" Ridicolizzo un po' il nome per farlo ridere.
"Se mi chiede dove sei cosa rispondo?" Sta ancora sorridendo.
"Che sono andata a fare una passeggiata." Rispondo calma.
"Va bene. A dopo, Lily." Si volta per versarsi un po' di spremuta d'arancia.
"A dopo, Ezra." Attraverso la cucina e il salone e apro la porta d'ingresso. Mi sento sollevata. Respiro a pieni polmoni l'aria calda e riposante, mi lascio accarezzare dai raggi pesanti del sole cocente. Potrei addirittura abbronzarmi un pochino, la mia pelle è fin troppo pallida. Non voglio pensare a quella lettera che ho visto un minuto fa, al nome che ho visto su quella lettera più che altro. Mi suona strano, non nego il senso di disgusto che si è formato alla bocca del mio stomaco, ma sinceramente non voglio applicarmi più di tanto. Non saranno più miei problemi e una banale gelosia da ragazzina non cambierà i miei propositi. Alla fin fine cosa so di lui? Che ha gli occhi azzurri e che adorava suo padre? E che non ha relazioni stabili. Avevo dimenticato l'informazione più importante per me. Solo questa cosa deve farmi comprendere il perché della sua reazione strana questa mattina.

Afferro il caffè freddo tra le mie mani. Il frappuccino è il mio preferito. Dio benedica chi lo ha creato. Il mio bisogno di caffeina puó essere soddisfatto anche in estate. Tiro già un sorso mentre pago il conto. Piacere e sollievo per le mie papille gustative. Ho trovato questa caffetteria ad un isolato di distanza dalla casa di Henry. Data l'affluenza di persone ne ho dedotto che avrei trovato sicuramente qualcosa che avrebbe indirizzato per il verso giusto la giornata. Che ragazza noiosa sono, rido tra me e me, mi accontento di un frappuccino per stare meglio. Lascio la caffetteria per continuare la mia passeggiata. Mi soffermo a guardare qualche negozio carino, c'è anche un tatuatore in zona...interessante. In vetrina ha esposta la foto di una ragazza asiatica completamente tatuata, ma non è volgare o sconcia; ha tatuati fiori di pesco e rami, sembra un'albero, è bellissima. Per fare un capolavoro del genere è necessario talento. Sono davvero incantata. Qualcosa si scontra con me sulla destra. Riesco a vedere me stessa riflessa sulla vetrina che mi schianto al suolo con tanto di frappucino versato addosso. Spalanco la bocca nel vedere caduto su di me un ragazzo riccio. Subito si mette sulle ginocchia cercando di recuperare l'equilibrio. Il suo skate è ai piedi della vetrina. Io sono caduta sul fianco sinistro. Si sposta i capelli dal viso mostrandomi i suoi occhi verdi. Ha l'aria imbronciata, poi sorride mostrando delle dolci fossette. Ricambio imbarazzata.
"Scusami." Mi porge la mano per aiutarmi.
"Non immaginavo di essere invisibile." Cerco di sdrammatizzare accettando la sua mano.
"Sai, lo faccio apposta a scontrarmi con le belle ragazze." Si alza anche lui e subito la sua altezza torreggia su di me.
"Preferivo un: ciao, come va?" Sorrido guardandomi poi il top completamente macchiato.
"Scusa, davvero...?" Mi porge una stretta di mano. Il ragazzo è molto diretto, ma ha quasi la mia stessa età e non mi sento a disagio. Ha un accento inglese, si sente benissimo.
"Lily." Stringo la sua mano.
"Harry." Si presenta. Oh per l'amor del cielo. Qualcuno lassù sta davvero ridendo alle mie spalle, vero?

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