Capitolo 34

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Eccomi di nuovo qui, su questo pavimento, a piangere, come il primo giorno. Sono al buio, solo le stelline fluorescenti alla parete a farmi luce. Per la prima volta non ho paura del buio, se potessi mi fonderei con esso fino a diventare una semplice ombra e scomparire. Non comprendo il senso della mia vita. Più che vita mi sembra sopravvivenza. Speranze che spiccano il volo a cui troppo presto vengono spezzate le ali. La mia speranza era Henry. Avevamo parlato così tanto questa settimana, ero riuscita ad aprirmi con lui e abbandonare un po' la mia maschera e abbassare i miei muri di difesa. Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Sono innamorata di un uomo che non ha capito niente di me. Ha fatto finta di ascoltarmi, ha fatto finta di comprendermi, ha fatto finta di provare qualcosa di nuovo e forte per me. Sono ancora la sua messa in scena, la sua recita mentre io mi aspettavo un "Ti amo" da un giorno all'altro. È un gioco per lui. Solo un misero gioco. Perché tanta dolcezza, tante cure, tante frasi a effetto? Mi sono ritrovata a dare tutto alla persona sbagliata. Sono una deficiente, una stupida imbecille. Un'illusa.
Provo ad alzarmi, aiutandomi con le mani. Le lacrime e le cadute hanno dominato la giornata, credo di aver sorriso nervosamente al pensiero. Zoppicando raggiungo il letto. Mi sfilo il vestito lasciandolo sul pavimento. Mi avvolgo tra le lenzuola. Alcune lacrime scendono silenziose ancora lungo le mie guance, bagnando il cuscino.

Un raggio di sole mi colpisce in pieno viso, costringendomi a svegliarmi. Mi sento così male. Ho mal di testa e mal di stomaco. Vorrei poter dormire per sempre. Perché non farlo? Richiudo gli occhi invocando riposo a Morfeo.

"Lily!" La sua voce mi sveglia. Bussa la porta rumorosamente. "Lily, mi sto fottutamente preoccupando."

Decido di non rispondere. Alzo il lenzuolo coprendomi anche la testa.

"Lily, è ora di pranzo." Bussa ancora. Sbuffa nervosamente. "Lily come cazzo faccio a sapere se ti è successo qualcosa! Rispondimi cazzo!"

Alzo gli occhi al cielo. Adesso è preoccupato per me? Addirittura?

"Vai via." Mi limito a dire alzando un po' il tono di voce.

"Apri la porta, Lily! Mi vuoi far venire un fottuto attacco cardiaco?" Impreca.

Mi limito a girarmi nel letto cambiando posizione e chiudendo gli occhi. Non ho la forza di vederlo né la voglia. Si arrende e i suoi passi diventano sempre più lontani.

Sento un rumore. Apro gli occhi di scatto. La chiave è caduta sul pavimento. Una chiave gira nella toppa e la porta viene spalancata. Il suo petto si alza e abbassa velocemente, il respiro irregolare. I suoi occhi sono più scuri del solito. Si paralizza nel vedermi a letto, sconfitta e stremata. Fa un paio di passi verso di me, poi si blocca. Come se le parole gli morissero in gola.

"È sabato." La voce roca e bassa, troppo bassa. "Stasera ti porto a cena e parleremo di tutto questo."

"E se io non volessi?" Lo sfido.

"Tu vuoi eccome, Lily. Sono le sei passate. Risolverai qualcosa in questo letto?" Gesticola nervosamente, come se fosse in imbarazzo. Henry in imbarazzo?

Lo fisso senza rispondere. Non ho voglia di passare del tempo con lui. Non dopo quello che è successo, non dopo quelle parole.

"Voglio un appuntamento, un vero appuntamento con te. Noi, da soli." Continua avvicinandosi di qualche passo.

In effetti siamo stati ad un compleanno, al party per Sean, e poi sempre in casa. Non abbiamo mai passato del tempo insieme fuori da qui. Ma perché vuole stare solo con me, non capisco.

"Soli con i paparazzi a fotografarci vorrai dire." Ribatto acida.

"Lily, non me ne frega un cazzo di quei fotografi di merda. Non è questo il motivo dell'appuntamento. A costo di andare anche nel buco più schifoso di Washington, voglio passare una serata fuori con te." La voce tremolante in alcuni punti. Mi sto perdendo qualcosa?

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