Capitolo 21

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Apro gli occhi e avverto ancora il terrore del mio sogno. Il mio battito è accelerato e sono sudata. Alzo il busto dal letto, come per convincermi che l'incubo è finito e sono al sicuro. Sento il bisogno di chiamare mio padre. Voglio sapere se sta bene.

"Lily, sei tu? Davvero tu?" Le sue prime parole farfugliate e sorprese. Ha risposto praticamente al primo squillo, come se avesse il telefono attaccato alla mano in attesa di una mia chiamata.

"Ciao, papà." Dico debolmente. Il mio stomaco si libera di quel peso incombente e del dolore al solo formulare un pensiero su di lui.

"Cosa succede? Sei in pericolo?" Il terrore nella voce.

"No, papà, sto benissimo qui." Confesso. "Piuttosto ero preoccupata per te."

"A me va tutto bene, tesoro. Ma mi manchi. Ogni giorno mi colpevolizzo per quello che ti ho fatto." Sta trattenendo delle lacrime.

"Papà, io sto bene. Sul serio. Mi trattano come una principessa qui."

"Cosa che tuo padre non ha mai saputo fare, vero?" Adesso sta piangendo, il senso di colpa lo sta divorando e io non riesco a trattenere le mie lacrime che, calde, cominciano a bagnarmi la guance. "Sai, non vado più in quei bar e non scommetto più niente. Sto cercando di non bere più, ti rivoglio a casa, figlia mia."

"Papà è la più bella notizia che potessi darmi." Dico sinceramente. Ci sta provando, forse la mia assenza ha smosso qualcosa dentro di lui.

"Abbiamo già perso la mamma, non perderò anche te Lily. Questo non potrei superarlo." Sta continuando a piangere e mi sono unita chiaramente a lui.

"Chiamami ogni volta che vuoi, ogni volta che ne hai bisogno. Mi hai capita?"

"Lo farò. Grazie Lily, mi hai dato tanta forza oggi." È commosso.

"Anche tu, papà. Ciao..." Non vorrei staccare, ma non riesco più a stare al telefono.

"Ciao, tesoro." Stacca la chiamata.

Mi lascio cadere sul letto, colma di emozioni contrastanti. Ho sempre cercato di trascinare mio padre fuori dal tunnel di rovina che si era creato. Mia mamma era il centro del suo mondo, il cancro gliel'ha strappata via dalle braccia senza che lui abbia avuto la possibilità di rimediare. La amava più di ogni altra cosa, e nessuno poteva riempire quel vuoto che si era creato, soprattutto una bambina che aveva gli stessi occhi del suo amore perso per sempre. All'inizio ci ha provato, mi ha fatto sia da padre che da madre, ma ogni giorno era una tortura, ogni giorno somigliavo di più a lei e vedeva davanti ai suoi occhi un ricordo insopportabile. L'alcol lo faceva apparire offuscato quel ricordo, quasi lo cancellava, lo allontanava. Essere pieni d'alcol cominciò ad essere una cosa positiva tutta ad un tratto. Una cura al dolore. Una cura che ti fa perdere il lavoro, gli affetti, e tua figlia. Una volta me lo ha spiegato mentre cercavo di farlo dormire, era il mix di alcolici a renderlo tanto audace e chiaro nel suo discorso. Ma non cancellerò mai dalla mente quella notte. Solo sapere che è lui veramente a volerci provare, è qualcosa di troppo forte e mi sento felice. Piena. Appagata. Questo sarà un giorno buono, un giorno da ricordare.

L'acqua calda scivola sul mio corpo ricoperto di schiuma. La doccia è stato sempre il mio momento di relax. Il momento in cui anche piangere non ti sembra così orribile, visto che l'acqua ti accompagna. Oggi, però, non ci sono lacrime brutte e problemi, piuttosto speranza e emozioni tutte nuove. Non posso fare a meno di ripensare a Henry e a ieri pomeriggio. Anche adesso quasi non ci credo. Le sue parole sono state importanti per me, ne avevo bisogno per capirci realmente qualcosa. È stato praticamente in grado di sconvolgere la mia vita. Se facciamo le cose con calma riusciremo a capire cosa proviamo, potremmo dare una forma a tutto ed evitare illusioni e delusioni reciproche. Io forse già so che mi sono innamorata, per me è stato fatale incontrare i suoi occhi sin dal primo istante. Non riesco a dimenticare la sua espressione quando ha notato il disegno che stavo facendo e che avevo lasciato sul lettino da sole. Mi sono sentita come un ladro colto in flagrante nel bel mezzo di un furto. Lui sorrideva e mi guardava di continuo, mi ha anche detto che ho talento e che sentiva dentro di sé che avevo qualcosa di davvero singolare che doveva scoprire. Ha insistito per conservarlo. "Per ricordare questa giornata." mi ha detto. Non potevo negarglielo. Se ci ripenso ancora mi batte forte il cuore. Questa sembra essere una bellissima giornata.

Prendo dei pantaloni neri da yoga nella valigia e un top a righe e li indosso velocemente. Domani devo sistemare questi dannati abiti nell'armadio. Vorrei mettere in lavatrice i panni sporchi di questi giorni. Prendo il cesto del lavaggio e a piedi nudi vado in cerca di Ezra. Lo trovo subito in corridoio, ha una serie di scartoffie sotto il braccio e sta aprendo la porta dello studio.

"Ezra!" Lo chiamo; si volta subito.

"Lily. Hai bisogno di qualcosa?" Chiede prontamente.

"In realtà sì. Vorrei lavare le mie cose, dov' è la lavanderia?"

"Poggia il cesto sul pavimento. Ci penso io."

"No, Ezra. Mi farebbe piacere occuparmene." Insisto.

"Il lunedì vengono le signore delle pulizie e mandiamo la biancheria e gli abiti da lavare in lavanderia. Quindi tranquilla." Mi spiega.

"Ma mi sembra di disturbare."
"Lily, non è questo il caso. Ho capito che sei abituata a fare tutto da sola, ma qui non ti devi preoccupare di nulla." Mi sorride. Ricambio il sorriso.

"È vero, non ci sono abituata. Lo poggio qui?" Col tono un po' incerto indico un punto del corridoio con lo sguardo.

Ezra fa cenno di sì con un sorriso e apre la porta dello studio, chiudendola alle sue spalle. Il cellulare che ho in mano vibra. Mi libero del cesto con la biancheria abbandonando con esso ogni tipo di imbarazzo sul far lavare le mie cose da altre persone. Ci sono due messaggi di Harry. Oh cavolo, Harry!

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