53- Fratelli Non di Sangue

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Sto studiano con Lucien, ma non è poi così strano da dire.

Di questi tempi non si fa altro: a Giugno ci saranno gli esami, non passarli sarebbe come buttare al vento sette anni di vita nell'arco di poche ore, e questa è un'opzione che nessuno prende mai in considerazione. Io meno di tutti.

Insomma, sto studiando con Lucien in Biblioteca tutte le materie che non avevamo mai studiato nella nostra vita nel disperato tentativo di recuperare i programmi, e sembra andare tutto liscio: io non capisco come imparare tutta la storia sull'indipendenza dei Centauri possa aiutare la mia carriera, Lucien non capiva perché la capacità di far crescere una Mandragola lo avrebbe avvantaggiato nella ricerca di un lavoro, nulla di che insomma.

"Che ne dici se ci andiamo a fare due tiri a Quidditch?" disse il grifone ad un tratto, chiudendo il suo libro.

In questo ultimo periodo Lucien era strano.

Tendeva ad isolarsi da noi, o in generale da tutti. Sembrava iniziare ad odiare tutto ciò che aveva sempre amato: non si svegliava più all'alba per correre, non si allenava più, aveva smesso di essere energico ed entusiasta, parlava poco, sorrideva poco, non si faceva vedere in giro. Sembrava persino essere tornato a quello stato di timidezza che lo caratterizzava da piccolo, ma poi guardavi meglio e ti rendevi conto che non era colpa sua. Era stanco, perennemente senza forze e con lo sguardo rivolto altrove, le palpebre semi-chiuse.

Sembrava vuoto, una specie di guscio di noce senza noce dentro, a parte per quei momento in cui si faceva forza e camminava sulle sue gambe, cercando di sorridere nonostante desse l'impressione di addolorarsi ad ogni gesto.

"Sicuro" dico io, radunando tutte le pergamene ed i libri ed infilandoli nello zaino.

"A chi arriva primo?" aggiungo, ma è troppo tardi per continuare a parlare: io e Lucien ci lanciammo in corso verso i corridoi, ridendo e scansando gli studenti ignari ed infastiditi.

Lucien aveva un vantaggio su di me dovuto ad uno scatto fulmineo in partenza, ma bastò un aggregato di studenti a rallentarlo ed io passo in testa trionfante. Inciampo in una pergamena vagante lasciata a terra, Lucien mi raggiunse e rise fragorosamente. Lo prendo per la camicia, lo strattono, cadiamo e rotoliamo per le scale che portavano in Sala Grande.

Continuando a ridere e stordito dalla caduta, mi giro in torno per terra cercando con lo sguardo il mio grifone. Lo trovo con la faccia a terra, in posizione fetale con la sua borsa aperta accanto.

"Lucien?" dico, scuotendolo per la spalla. Mi rispose un mugolio distante.

Il sorriso che ho sul volto mi abbandona subito, lasciando al suo posto una smorfia. Non so cosa sta succedendo, ma non mi piace. Lucien Alley si era sempre rialzato, ma ora più lo guardavo più capivo che non sarebbe successo.

Gli studenti continuavano a passare, si fermavano, parlavano tra loro incuriositi. Questo mio grifone è una celebrità di Hogwarts, come anche io, Orion o chi altri: tutto ciò che ci succedeva finiva in poco tempo sulla bocca di tutti, manco fossimo degli dei o simili. Lucien era un simbolo di perfezione, ma ora, steso per terra fragile e debole, non assomigliava a quello stesso Grifondoro.

Devo proteggerlo dai pettegolezzi.

Mi ricompongo con una scrollata di spalle, spolverando i vestiti e aggiustando i capelli. Sfodero uno dei sorrisi più accattivanti che ho, rimetto i libri nelle borse e faccio finta di parlare con Lucien.

"Merlino, Alley, come siamo drammatici! So che vuoi farmela pagare, ma insomma, smettiamola di dare spettacolo. Brutto grifone che non sei altro"

Tiro su il ragazzo tenendolo per le spalle. Ha gli occhi chiusi ed i capelli pieni di polvere, non si regge neanche in piedi.

These DaysWhere stories live. Discover now