23- Puzza di Whisky Incendiario

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Dopo tutto quel macello, le cose avevano finalmente cominciato ad andare per il verso giusto.

La vera versione dei fatti era iniziata a girare, non si parlava più dell'articolo sul Corvo, ed io, Fabian e Lucien eravamo di nuovo amici come prima, e non mi riferisco a prima dello sgabuzzino. No, io dico prima ancora, al primo anno: quando eravamo sinceri e ci fidavamo ciecamente, e mai e poi mai ci saremmo scontarti in questo modo, come se non ci conoscessimo.

Unico tassello del puzzle mancante rimaneva Ilary, che non si lasciava convincere da nessuno.

Avrebbe creduto a quella storia solo se fosse stato Fabian a raccontarla proprio davanti a lei, ma si dava il caso che il corvo si rifiutasse di vederlo.

Se non ci fossimo riconciliati con Lucien, non avremmo mai messo a punto un piano.

Merlino, Lucien... come avrei fatto se non lo avessi perdonato? Quel volo sull'ippogrifo, la notte nel bosco, è stato tutto così... così... ma insomma, vi devo sempre dire tutto! E no, non ve lo dico, sono stufa!

Ad ogni modo, è sera; per essere a fine Novembre c'è uno strano tepore nel castello, ed è tutto molto quieto.

"Inverno" penso subito.

L'inverno porta sempre con se questa sonnolenza, ma ora più che mai la si avverte.

Ero sola mentre camminavo per i corridoi; ad un'ora troppo tarda per le passeggiate, ma ancora non adatta al sonno.
Era l'ora dei fantasmi quella, il momento in cui sulla terra non c'era posto per i vivi ed allora i morti si facevano largo, a godersi la tranquillità.

Sono di fatto solo fantasmi quelli che incontro per i cunicoli illuminati dal tepore delle torce I morti sono i maestri del silenzio, e nel silenzio si dicono molte cose. Lasciano intendere fatti accaduti, ed io so che qualcosa è successo, perché i loro sguardi sono preoccupati.

Il Barone Sanguinario venne da me, voleva che lo seguissi, ed io lo seguo. Solo dopo tante rampe di scale in salita si fermò.

Era una torre isolata, lontana da qualsiasi cosa potesse emettere un sospiro.

"Grazie" mi limito a sussurrare, ma tanto il fantasma già se ne era andato. Le sue campane lo aspettano.

Entro piano, non ho idea di quello che mi può aspettare.

In controluce, scorgo una figura: se ne sta con la schiena contro il muro, lo sguardo rivolto verso una finestra che mostrava una grande luna piena, le spalle abbandonate, una bottiglia di Whisky Incendiario piena solo per metà in una mano penzolante.

Guardo meglio.

"Ma che fai?" gli chiedo piano, e lui si girò verso di me.

"Il mio cognome vuol dire 'l'innamorato'. È mai possibile che i miei problemi partano dal mio cognome?" disse Fabian.

Rideva, ma aveva le guance bagnate; non di sudore, di lacrime.

Aveva pianto, per la miseria. Fabian Valentine aveva pianto per... problemi di cuore?

"Dammi la bottiglia" gli dico, ma è troppo ubriaco per capire veramente quello che sto dicendo.

Credendo che gli avessi chiesto un sorso, prese un bicchiere di vetro spesso e lo riempì per me.

A quanto pare, ho appena scovato il nascondiglio degli alcolici dei Serpeverde.
Ora la mia mappa è al completo: la bottega della cucina per i tassi, la botola dietro la statua di Grodric Grifondoro per i grifoni, il baule incantato nella Torre di Astronomia per i corvi, ed ora la stanza dei fantasmi per le serpi.

Prendo il bicchiere e rovescio il contenuto fuori dalla finestra. Beh, almeno uno di noi due deve rimanere sobrio, no?

Mi siedo accanto a lui; come un bambino mi poggia la testa sulla spalla ed io gli tengo la mano che non stringe forte la bottiglia vetrosa. Anche da ubriachi, c'era sempre bisogno della presenza di qualcuno di caro al proprio fianco.

"Va tutto bene?" faccio io, ma è una domanda generica.

È ovvio che nulla va bene.

"Ah Orion, ma cosa ho fatto di male per meritarmi tutte queste sventure? Insomma, ci vuole una dote naturale, non credi? Prima mi capita di nascere in una famiglia di svitati e di avere come secondo nome Eridanus - dico io, ma proprio Eridanus!-, poi sono diventato un gran figlio di puttana, rischiando di perdervi tutti. Ed ora, ora che sembrava che la mia vita avesse preso una direzione sicura, ecco che di nuovo non ci capisco più nulla!"

"Se può consolarti, neanche io ci capisco molto"

"Nah, tu capisci sempre tutto. Non sei un disastro come me: se avessi messo da parte la stupidità e avessi raccontato a quelle serpi di me ed Ilary, non saremmo finiti in questa situazione. Insomma, ma perché sono un tale macello ambulante? Io volevo solo una vita normale come la hanno tutti"

"Ho paura che le vite normali non esistano, Fabian"

"Giusto, che imbecille che sono. Mi lamento tanto della mia famiglia con te, che di vita normale non ne hai mai visto uno spiraglio!"

"Sei sempre molto d'aiuto. Grazie" sbuffai.

"Vedi? Ora sei arrabbiata con me. Sono un disastro!" disse lui, iniziando a piangere.

Tra un singhiozzo ed un'altro mi diede un altro bicchiere; il whisky finì di nuovo fuori dalla finestra.

"Fabian, devi calmarti: domani è un grande giorno e tu non puoi permetterti di stare così. Fallo per Ilary" gli dico.

Sono molto molto molto preoccupata. Non l'ho mai visto così a pezzi.

"Ma se lei neanche mi vuole? E come potrebbe, sono una serpe. Le serpi sono cattive, lo sanno tutti"

Non posso più sentire queste cose rimanendo calma, non è da me.

"E allora? Sei una serpe, è vero, il Cappello Parlante ha deciso così. Ma io ricordo di dei ragazzini che dopo lo smistamento fecero una lista di promesse; una delle quali diceva di non diventare mai quello che gli altri si aspettavano da noi. Non dovevamo giocare a fare la Corvonero, il Grifondoro, la Tassorosso ed il Serpeverde; ma essere Ilary, Lucien, Orion e Fabian. E sono sicurissima che tu non sei cattivo, quindi perché creare questo personaggio?"

E lui mi guardò.

Pianse, gridò, bevve, dormì, rimase in silenzio, stette fermo a fissare la tempesta che aveva iniziato a balenare sulle nostre teste.

I tuoni mi facevano sobbalzare, ma erano gli unici momenti in cui Fabian sembrava tornare in se: nel sonno, mi stringeva la mano, come a farmi coraggio.

Gli stetti vicino tutta la notte, anche quando lui ormai sembrava addormentato da ore. Io non dormii, ma non lo avrei mai lasciato, non quando aveva più bisogno di qualcuno.

E lui ne aveva bisogno.

These DaysWhere stories live. Discover now