70 - La finale

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Era un foglio formato A3 appeso dentro la bacheca della palestra: il tabellone del torneo di calcetto. Tutti i rami di quell'albero erano stati via via riempiti e ormai ne restava vuoto uno soltanto: quello dei vincitori. Appena alla sinistra di quella riga ancora da completare si leggevano i nomi delle classi finaliste: quinta B sopra e terza C sotto. Sì, quella banda di sfigati dei miei compagni, capitanati da Mike, avevano superato ogni aspettativa arrivando in finale. C'era voluto anche un bel po' di culo, bisogna ammetterlo, ma ce l'avevano fatta. Ancora ci si domanda come Agnesi abbia potuto parare un certo tiro a cinque minuti dal termine della semifinale con la quinta C, una specie di derby tra classi della stessa sezione, e si cerca inutilmente di far ammettere a Mike che il colpo di tacco con cui ha segnato il gol della vittoria nel quarto di finale con la quarta A è stato casuale. Fabbri, almeno, lo dice chiaramente che quando tira la palla non va quasi mai dove lui vorrebbe mandarla, forse è per questo che nel corso del torneo è riuscito a buttarla per ben quattro volte nella porta avversaria. Fabbri ha fatto due gol in semifinale, quelli di quinta C non potevano crederci, ma gli dei del calcio, si sa, a volte sono capricciosi.

Così eravamo lì, tutti quanti attorno al campo, per scoprire se era possibile per una classe terza vincere questo stupido torneo, sarebbe stata la prima volta in assoluto. Persino Vincenzo, in piedi accanto a me, faceva il tifo come un gorilla, non l'avevo mai sentito urlare tanto prima di oggi. Su Sabrina rifiuto persino di esprimere un parere, dirò solo che ha rinunciato a ogni residua dignità per incitare Mike e lui, bisogna ammetterlo, ha fatto di tutto per renderla orgogliosa.

Alla fine del primo tempo stavamo 2 a 1 per noi. Tanto per cominciare il solito tiro da lontano di Mike aveva incontrato per caso il solito stinco di Fabbri ed era finito nel solito angolino. Quando è successo ho guardato in alto pensando che lassù dev'esserci davvero qualcuno che ama la terza C. Il pareggio, per una volta, è stata una cazzata eclatante di Agnesi che si è fatto passare un tiro fiacco in mezzo alle gambe. Non la finiva più di scusarsi, credo abbia temuto che l'incantesimo fosse finito e da lì in avanti sarebbe tornato a essere il brocco che tutti si aspettavano. Si è ripreso, invece, ha fatto un paio delle sue assurde parate e Mike ha rimesso le cose a posto scartando un paio di avversari in bello stile prima di scaricare una bordata all'incrocio mandando in estasi séstesso, noi tutti e soprattutto quell'irriconoscibile ultras di mia sorella.

Pacche sulle spalle e incoraggiamenti durante l'intervallo ma nessuna illusione, gli occhi di tutti i ragazzi erano quelli giusti, quelli che ci vogliono per arrivare fino in fondo. Ero elettrizzata e ho iniziato a credere davvero che alla fine di quella partita avremmo avuto qualcosa da festeggiare. Forse sono stati proprio questi miei incauti pensieri a irritare le volubili divinità sportive, sta di fatto che, d'un tratto, Mike ha cacciato un urlaccio senza apparente motivo e si è accasciato a terra. In perfetta simbiosi con il suo ragazzo quella frignona di mia sorella ha iniziato a disperarsi e, udite udite, le sue lamentazioni erano condite da imprecazioni molto originali che me l'hanno fatta un poco rivalutare. Passato il disappunto iniziale Mike si è rialzato e appoggiandosi a un compagno è uscito zoppicando dal campo, in qualità di esperta in materia di pronto soccorso mi sono precipitata al suo capezzale insieme al prof di Educazione Fisica che per l'occasione ha smesso i panni dell'arbitro per indossare quelli del massaggiatore. Non ci voleva certo un luminare per arrivare alla diagnosi, la caviglia sinistra del nostro capitano e miglior giocatore stava subendo un'inesorabile metamorfosi, da articolazione del corpo umano a controfigura di un melone. Un capannello di varia umanità si è raccolto attorno al malcapitato, si notavano tra l'altro: una fidanzatina piagnucolosa, un allampanato e occhialuto portiere con lo sguardo perso nel vuoto, Rota imperturbabile come un becchino, l'apparecchio dentale di Fabbri che brillava incontrando un capriccioso raggio di sole, alcuni avversari rispettosamente preoccupati, e, come al solito, altra gente che evitava accuratamente di farsi i cazzi suoi. Mike, da quello zuccone eroico che è, ha detto: «Ce la faccio» e si è rialzato dissipando lo stupore generale con ampi gesti delle braccia. I più entusiasti e sollevati da quel comportamento stoico erano le nostre sfigatissime riserve, Grassi e Zanotti. Due minuti dopo il suo sacrificio tanto ammirevole quanto sciocco Mike ha causato il pareggio regalando il pallone a un avversario. «Esci, cazzo! Prima di farti male sul serio!» gli ho gridato, lui si è voltato verso la zona dove eravamo io e Sabrina e lasciando cadere il mento sullo sterno si è arreso all'evidenza. Rendendosi conto di essere ormai davanti al baratro Grassi e Zanotti si sono specchiati l'uno nell'altro incutendosi terrore a vicenda, nessuno dei due aveva la minima voglia di scendere in campo proprio quel giorno e in quella partita; date le loro scarse capacità la figura di merda non era soltanto probabile, era garantita. Prima di sedersi per terra a gambe incrociate Mike ha reso felice Grassi, indicando Zanotti e quelli che gli stavano vicino hanno incoraggiato il prescelto mostrando la stessa convinzione di chi deve affrontare l'ultima verifica di matematica partendo dalla media del tre.

UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now