14 - I nonni

75 0 0
                                    


Ieri era domenica, prima di andare alla partita siamo stati a pranzo dai miei nonni materni che abitano a Milano in un bel palazzo non lontano dal centro. Nonna Alba ci ha accolto con la sua voce acuta e la sua dose di smancerie eccessive che fa subito innervosire mio padre. Lei ci vuole bene, per carità, ma sullo sfondo delle sue accoglienze festose e della sua ospitalità impeccabile rimane sempre un residuo di insoddisfazione che non le riesce proprio di scopare sotto il tappeto prima del nostro arrivo.

Anni fa, quando il mondo degli adulti ha iniziato a sembrarmi più interessante di quello delle bambole mi sono subito resa conto che nelle conversazioni tra i miei genitori e i nonni c'era qualcosa che non andava. Dopo un po', se uno stava bene attento, tra le parole s'iniziava a sentire un rumore insopportabile, come di gesso strisciato sulla lavagna, e anche se le facce di tutti cercavano di far finta di nulla i sorrisi diventavano più tirati e le mascelle più serrate. Non c'è voluto molto a capire qual era la causa scatenante: la rugiada diventava brina quando nonna Alba iniziava a parlare di zio Angelo. Il fratello maggiore di mia madre è una specie di genio capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca. Bravissimo a scuola fin da bambino, si è laureato in ingegneria con il massimo dei voti, è diventato un brillante ricercatore universitario finché non è stato rapito da una multinazionale in cui ha fatto istantaneamente carriera fino ai massimi livelli, poi si è messo in proprio e ha fondato un'azienda sua che gli ha fatto guadagnare soldi a palate, ora vive da qualche parte in Sudamerica e, stando a quello che dicono i nonni, nel giardino della sua villa ci sono due piscine, un campo da tennis e, probabilmente, per la prossima volta che verremo a trovarli sarà stato aggiunto anche un piccolo zoo.

A mia madre, che si chiama Marina, mancavano pochi esami alla sudatissima laurea in lingue quando ha sposato mio padre, poi si è, per così dire, dimenticata di terminare gli studi. Per colpa mia, qualcuno potrebbe sostenere, ma è appena il caso di ricordare che non sono arrivata da sola. La mamma era una bellissima ragazza e parecchi tizi le correvano dietro; ognuno di loro, manco a dirlo, è diventato come minimo un avvocato di successo quando non un medico in predicato per il Nobel. Tutte queste storie, quelle dello zio e degli spasimanti di mia madre, saltano casualmente fuori ogni volta che siamo in compagnia dei nonni. Devo aggiungere altro?

Da certi sguardi si capisce che nonno Gianni, se potesse, chiuderebbe volentieri la bocca di sua moglie con del nastro adesivo molto robusto; anche lui però s'intenerisce per la sua Marina, quella biondina bella e sfortunata che, non lo dice ma si capisce benissimo quando lo sta pensando, è finita chissà come tra le braccia di uno zoticone provinciale. Così va a finire che il silenzio rassegnato del nonno e i suoi occhioni pieni di comprensione per la mamma diventano quasi più offensivi delle sorridenti insinuazioni che sibilano dalla boccuccia della nonna.

Luigino prende e porta a casa, non reagisce ma si vede anche da molto lontano quanto vorrebbe non essere lì, negli occhi gli si allarga il desiderio di tornare al più presto nel suo piccolo mondo, dove la sua casa è una reggia, sua moglie una regina e le sue figlie due principessine. Forse, certe volte, pensa anche ai suoi di genitori, la Ida e il Federico, come li chiama lui quando si ricorda di loro. Li descrive come due taccagni bestiali, e non si fa fatica a credergli, però, a suo dire, hanno avuto il grande merito di insegnargli a fare sacrifici. Sono schiattati entrambi prima che io avessi cinque anni; non mi ero ancora affezionata a loro e, sinceramente, temo che non sarebbe mai accaduto. Mio padre era l'unico figlio, arrivato quando ormai pensavano che la cicogna si fosse dimenticata di loro, è così che lui stesso descrive le circostanze che l'hanno portato in questo mondo. Avrei voluto essere una mosca sul muro, anzi no, che schifo, potendo scegliere avrei voluto essere una farfalla posata su un lampadario o, meglio ancora, un gatto stravaccato sul divano, quando la Ida e il Federico sono venuti qui a Milano a conoscere i consuoceri. Mi sarebbe piaciuto vederli camminare sui tappeti persiani, aggirarsi in mezzo ai mobili antichi e poi sfoderare il loro italiano con venature dialettali - o forse era dialetto con tracce d'italiano? Mah, fate voi - per conversare con i due fighetti di Milano. Forse anche la Ida e il Federico si sono domandati cosa ci facevano lì e, soprattutto, com'era riuscito il loro Luigi a trovare quella biondina così fine ma loro non potevano sapere né immaginare cos'era successo davvero su quel treno fatale dove i due si erano incontrati per caso. Purtroppo, porca zozza, non lo posso sapere neanche io e per essere stata lì avrei accettato anche di essere la famosa mosca, per quanto il solo pensiero continui a farmi veramente schifo. Ma, insomma, anche stare dentro al corpo di uno scarafaggio o di un pidocchio mi sarebbe andato bene, pur di ascoltare le parole esatte con cui Luigino ha abbordato quello schianto della mia mamma, una studentessa dieci anni più giovane di lui. Gliel'abbiamo chiesto un milione di volte io e Sabrina ma lei ogni volta si rifiuta di dircelo e si mette a ridere, si è inventata che ce lo racconterà quando la prima di noi due si sposerà, così la curiosità non fa che aumentare di anno in anno e se Sabrina non toglierà le castagne dal fuoco mi sa che potrei decidere di sposarmi col primo venuto solo per scoprire questo segreto. Ah, sì, l'abbiamo chiesto anche a Luigino ma pure lui tergiversa, forse è già tanto se si ricorda che era successo su un treno.

Dopo pranzo nonno Gianni vuole giocare a carte, in un'altra era geologica ci ha insegnato tutti i giochi che conosce. Quando eravamo bambine era bello sentirsi un po' più grandi per il solo fatto di riuscire a tenere in mano le tredici carte della scala quaranta, adesso stare incatenati al tavolo della sala è di una pallosità micidiale e non si fa che guardare l'orologio per tutto il tempo. Dovreste sentire la gioia che tintinna nella voce di mio padre quando annuncia che è ora di andare e vedere il mio sguardo sadico quando auguro buon divertimento a Sabrina. Mentre noi saremo allo stadio gli altri faranno una passeggiata in centro, li conosco bene i pomeriggi come quello e preferirei cospargermi di benzina e darmi fuoco piuttosto che viverne un altro.

Bel quadretto vi ho fatto della mia famiglia, non trovate? Ma non azzardatevi a criticare, guardate in casa vostra piuttosto.

Bel quadretto vi ho fatto della mia famiglia, non trovate? Ma non azzardatevi a criticare, guardate in casa vostra piuttosto

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now