13 - Jogging

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Ieri pomeriggio, mentre tornavo in motorino dalla lezione di chitarra, ho visto un tizio che arrancava correndo lungo un viale alberato. Aveva qualcosa di familiare e quando l'ho sorpassato mi sono voltata a guardare per vedere se lo riconoscevo: era Vincenzo. Ho rallentato e ho fatto ciao con la mano, lui ha risposto con un cenno del capo, non ero nemmeno sicura che mi avesse riconosciuta ma in ogni caso non avrei potuto fargliene una colpa, io portavo il casco, tanto per cominciare, e lui aveva la faccia rossa come la polpa di un'anguria matura, stava praticamente scoppiando. Questa mattina all'intervallo sono andata da lui e ho provato a sfotterlo un po'.

«Fatica correre eh?»

Ha sorriso, senza mostrare alcuna sorpresa, sapeva che ero stata io a salutarlo.

«No, per niente» ha risposto, ma il suo viso accentuava abilmente la consapevolezza della cazzata che stava dicendo. Autoironia, chi se lo sarebbe aspettato?

«Come no, ciccio, guarda che ti ho visto in faccia quando ti ho superato, scommetto che un minuto dopo hai dovuto smettere di correre e iniziare a camminare» ho insistito.

«Anzi, ho aumentato l'andatura» ha continuato a bleffare, ma ancora una volta non era sgradevole.

«Come mai corri?» ho azzardato. «Ti alleni per qualcosa in particolare?»

«La maratona di New York.»

Ha provato a rimanere serio mentre lo diceva ma questa volta la cazzata era davvero troppo grossa e ha dovuto girare la testa per nascondere la risatina che gli era sbocciata nell'angolo della bocca.

Ho deciso di essere magnanima e prima di abbandonarlo al suo destino di sfiga eterna gli ho dato un'altra possibilità di continuare la conversazione.

«Dai, seriamente, che cazzo ci facevi in giro ad ammazzarti di fatica?»

«Seriamente?» ha chiesto, spalancando all'eccesso tutte le vocali di quella parola, e, ci potete scommettere, si è gustato fino in fondo il mezzo sorriso che è riuscito a strapparmi in quel momento.

Poi se n'è meritato uno intero di sorriso quando ha spinto ancora più in fuori la pancia già evidente sotto la camicia e ci ha battuto sopra le mani come se fosse un tamburo. Nello stesso istante la pelle tesa del suo stomaco ha suonato in modo buffo, la bocca gli si è piegata in una smorfia di rassegnazione e le sopracciglia hanno disegnato di nuovo un po' d'ironia sulla sua fronte.

Dopo aver illuminato la stanza con la parata dei miei denti smaglianti al completo me ne sono andata scuotendo la testa. Questo cazzo di Vincenzo, mi sta un po' meno sui coglioni.

 Questo cazzo di Vincenzo, mi sta un po' meno sui coglioni

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