65 - Caffè?

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Ieri sera ero di turno con la mia squadra per il servizio di ambulanza, sarebbe stata una serata tranquilla se non fosse successo quel che è successo. Oddio, da che parte posso iniziare? È una cosa talmente incredibile...

Nel cuore della notte mi sono svegliata e non c'era verso di riprendere sonno, per cercare di riabbracciare Morfeo le ho provate tutte. Di solito in questi casi cerco di pensare alle cose più pallose che conosco, tipo mio padre che parla del suo lavoro, certi discorsi idioti di Sabrina, le spiegazioni della Malinverni, eccetera. L'insonnia di ieri era talmente perniciosa che sono arrivata al punto di ripassare mentalmente i teoremi di geometria e i verbi latini. Niente, non c'era verso, allora mi sono rassegnata a convivere con il buio e ho iniziato a fabbricarmi dei bei sogni su misura. Per un po' è stato divertente, sullo schermo della mia immaginazione potevo proiettare quello che mi pareva, passeggiare con Vincenzo, baciarlo, se mi andava, oppure incazzarmi a piacimento con mia sorella, immaginare di prendermi qualche meritata rivincita su di lei o su quella vipera di Manu. Anche questa bella realtà virtuale a un certo punto mi ha annoiato così ho scostato la coperta della mia branda con un bel movimento stizzoso e sbuffando mi sono alzata. Leggiadra, dentro il mio bel pigiamino azzurro con la faccia da schiaffi del canarino Titti stampata sul petto, ho ciabattato stancamente nell'ombra fino a raggiungere la cucina; lì, finalmente, ho potuto accendere la luce e lasciare che quel lampo improvviso mi ferisse gli occhi. La mancanza di sonno iniziava a farsi sentire sotto forma di un'emicrania abbastanza spavalda da promettere un imminente futuro da zombi. Sola al centro di quel locale angusto ho valutato le mie opportunità osservando gli oggetti che mi circondavano attraverso la nebbia del rincoglionimento. Tra due alternative ugualmente insensate: accendermi una sigaretta o prepararmi un caffè, ho scelto la seconda per il solo motivo che era quella più a portata di mano. Stavo frugando nei pensili per trovare il barattolo del caffè, quando la versione più sexy di Gianluca mai apparsa su questi schermi si è materializzata sulla porta. Nemmeno uno sbadiglio represso appena in tempo è riuscito a deturpare il paesaggio offerto dal suo viso appena risvegliato né a diminuire l'effetto dei suoi addominali in bella mostra. Siccome non è già abbastanza figo da vestito Gianluca ieri notte se ne andava in giro a torso nudo, tanto per conciliare il sonno alle ragazze che gli sbavano dietro.

È partito con un saluto indifferente: «Ciao Ginevra.»

«Non riesci a dormire?» ha proseguito spargendo naturalezza per la stanza, neanche fosse incenso durante la messa.

Messo di fronte al mio stupito «Ciao» Gianluca ha iniziato ad aggirarsi per la cucina aprendo ante ed esaminando tazzine con occhio clinico.

«Ci facciamo un caffè?» ha aggiunto, lasciandomi tutto il tempo di prender nota del suo magnifico sorriso.

Cazzo, mi son detta. E, forse per effetto del famoso mal di testa, un'eco dispettosa ha iniziato a ripetere quella parolina dentro la mia testa.

Facevo finta di non sapere quello che stava per succedere ma, cazzo, lo sapevo benissimo.

Quando si è voltato verso di me e mi ha spinto verso il muro ho sentito il peso del suo corpo contro il mio. Non posso negare che quel contatto fosse piacevole, molto piacevole.

No, ho pensato, non adesso.Ti ho sognato per anni e tu arrivi ora. In sottofondo l'eco non accennava a spegnersi e quella parolina magica di cinque lettere continuava a rimbalzarmi dentro come una pallina di gomma. I sistemi d'allarme erano entrati in azione, sirene spiegate e lampeggianti ovunque ma il piano operativo di emergenza tardava a scattare. Ho temuto che Gianluca possedesse l'antidoto per qualsiasi mio scrupolo, oppure di essere abbastanza scema da andare avanti fino a commettere una cazzata di proporzioni gigantesche ma, grazie al cielo, un attimo prima che le sue labbra si chiudessero sulle mie e tutto il resto diventasse inevitabile, sono riuscita ad appoggiargli le mani sul petto per respingerlo. Non si è fermato subito allora mi sono divincolata con più decisione e finalmente mi ha lasciata andare.

L'ho visto trasformarsi in un punto di domanda vivente, mi guardava come se fossi matta. Brutto stronzo, non aveva neanche preso in considerazione l'idea che potessi resistere al suo fascino. Ho rimpianto di non avergli dato una ginocchiata nelle palle quando, poco prima, mi ero trovata nella condizione di farlo.

«Salutami Eleonora» gli ho sibilato andandomene.

«Salutami Eleonora» gli ho sibilato andandomene

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UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now