50 - La sciarpa

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Ero a lezione di chitarra quando il cellulare ha lanciato il suo allarme. Porca vacca, ho pensato, mi sono dimenticata di spegnerlo o almeno di metterlo in modalità silenziosa. Il maestro ha concentrato tutta la riprovazione disponibile nell'inclinazione minacciosa delle sopracciglia, facendomi sentire una perfetta idiota. La suoneria personalizzata che ho scelto per i messaggi di Sabrina non mi è mai sembrata tanto cretina come in quel momento. Ho chiesto scusa ma, allo stesso tempo, ho pensato che poteva trattarsi di una cosa importante.

«È mia sorella» ho detto, azzeccando l'intonazione della supplica.

Le sopracciglia del maestro si sono distese in una linea rassicurante e un gesto a mulinello della sua mano mi ha concesso di prendere il telefono.

Forse, ho immaginato, la mamma non può venire a prendermi e Sabrina mi sta avvisando, insomma, non è che mi aspettassi un annuncio epocale ma almeno un'utile comunicazione di servizio, quella sì.

E invece il messaggio recitava:

-Ginevra, la mia sciarpa azzurra era ancora in camera tua! LDovresti avere un po' più rispetto per le cose degli altri. Non credi?-

Ora, siate sinceri, se qualcuno vi avesse promesso un milione di euro per concepire il messaggio più indisponente possibile sareste riusciti a fare meglio? Lo so, è disarmante, non c'è competizione, il talento di Sabrina è unico e insuperabile. Solo lei può decidere che valga la pena di investire il suo tempo per esprimere concetti di tale inutilità e poi passare all'azione digitando sulla tastiera parole tanto cretine da diventare istantaneamente un classico nel loro genere.

Dopo aver letto questo capolavoro sono stata travolta da un turbine di sensazioni, tutte di pessima qualità.

In primis mi sono vergognata per me stessa, avevo interrotto l'atmosfera solenne della lezione di chitarra per una ciclopica minchiata. Quando ho spento il telefono le sopracciglia del maestro si sono animate nuovamente, assumendo questa volta una forma interrogativa. Solo grazie alla mia consumata abilità nel raccontare balle sono riuscita a dissimulare il vero motivo dell'imprevisto, chiamando in causa una commissione urgentissima da svolgere al termine della lezione.

In secondo luogo mi sono vergognata per mia sorella; possibile, mi domandavo incredula, che sia tanto stordita? Quando la smetterà di essere così perfettina, superficiale e rompiballe? La risposta aleggiava minacciosa nell'aria causandomi un brivido di terrore accompagnato da un sincero disgusto: forse mai. Forse sarà per sempre così e mi toccherà sopportarla nei secoli dei secoli. Amen.

Immagini diaboliche mi hanno attraversato il cervello come trailer al cinema. Certe cose, anche se sono irrealizzabili, è piacevole immaginarle. Così ho visto Sabrina in cima alla torre di Pisa e una mano dall'aspetto familiare che si appoggiava alla sua schiena e iniziava a spingerla giù, e poi, la stessa mano che svuotava una misteriosa fiala di liquido trasparente dentro un bicchiere e infine l'ombra di una ragazza - indovinate chi - dietro la tenda di una doccia e in primo piano una mano, la solita, che brandiva un coltello...

Smettete subito di preoccuparvi, stavo scherzando. Una cosa però mi sarebbe piaciuto davvero fare: entrare in camera di Sabrina tenendo in mano la maledetta sciarpa, l'avrei fatta svolazzare teatralmente sotto il naso di mia sorella e poi, con un gesto sprezzante, gliel'avrei scaraventata addosso urlando:

«E tieniti la tua cazzo di sciarpa!»

Purtroppo, come temevo, l'aveva già recuperata prima del mio ritorno.

Purtroppo, come temevo, l'aveva già recuperata prima del mio ritorno

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