21 - Soccorso

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Tra mezz'ora uscirò di casa per andare a compiere delle buone azioni. Non sto scherzando, pensate non ne sia capace? Invece sono davvero una buona samaritana coi fiocchi, alla faccia vostra. Il merito, o forse sarebbe meglio dire la colpa, è di Gianluca, il mio vicino di casa figo. L'estate scorsa, mentre ce la raccontavamo seduti nel giardino di casa mia è saltato fuori con questa idea meravigliosa:

«Ti andrebbe di fare la volontaria del soccorso?»

«Come funziona?» ho chiesto, e lui mi ha spiegato che prima di iniziare a uscire in ambulanza si devono seguire dei corsi di addestramento e superare degli esami, poi si entra a far parte di una squadra e si inizia l'attività vera e propria. L'aspetto eroico della faccenda mi aveva lasciato abbastanza indifferente, le mie antenne si erano drizzate per tutt'altro motivo: Gianluca dava per scontato che sarei stata in squadra con lui. Se questo non fosse bastato, i turni serali si svolgevano dalle 20 alle 7 del mattino dopo. Non so se mi spiego, si profilava la possibilità non solo di passare del tempo in compagnia di Gianluca ma addirittura di dormire sotto lo stesso tetto. Quando gli avevo chiesto strategicamente da chi era composta la squadra di cui avrei fatto parte lui aveva elencato i nomi di altri due ragazzi e di una ragazza descrivendoli come dei buontemponi simpaticissimi. Di tutto ciò che mi aveva detto con tanto entusiasmo io avevo registrato una sola informazione essenziale: Eleonora, la sua fidanzata, non faceva parte della lista. Con uno sforzo sovrumano avevo trattenuto le labbra dall'aprirsi in un ghigno di trionfo e, contando mentalmente fino a quindici, ero riuscita a fingere di pensarci su. Il mio stato d'animo era del tipo: Wow! Ditemi dove devo firmare.

C'è voluta un po' d'insistenza per convincere i miei genitori, tuttavia sapevo che quell'improvviso slancio di altruismo li avrebbe sorpresi ma anche inorgogliti. Infatti, alla fine hanno ceduto. Il corso l'ho fatto e mi è piaciuto, l'esame è stato superato e da sei mesi sono entrata in possesso della mia divisa blu, che tra l'altro non mi sta niente male. Quando siamo di turno, come questa sera, Gianluca suona il campanello, io mi precipito giù dalle scale e salgo in auto con lui poi passiamo a prendere Marzia, l'altra ragazza, e andiamo in sede. Non è mai successo niente ma stare in macchina cinque minuti sola con lui è un po' come sentire il profumo di una torta squisita prima che esca dal forno, è una tortura, intendo dire, ma allo stesso tempo è anche una bella sensazione.

Una volta arrivati a destinazione prendiamo possesso dell'ambulanza che ci hanno assegnato e aspettiamo. La maggior parte di questo lavoro consiste esattamente in questo: aspettare. Si gioca a carte, si cazzeggia allegramente oppure si guarda la tv in attesa che arrivi una chiamata. Le prime volte ero un po' tesa ma ho capito abbastanza in fretta che non avevo paura. Non voglio farvi credere che ogni turno somigli a una puntata di E.R. La verità è che la maggior parte delle volte si soccorre qualche vecchietto sgangherato o qualche tizio caduto in motorino ma anche quando sono successe cose più serie sono sempre stata in grado di svolgere il mio compito, il sangue non mi fa impressione e il dolore degli altri non mi paralizza. Ogni volta che posso racconto a Sabrina le situazioni che ho vissuto, a volte è lei stessa a chiedermelo, questo genere di cose la intrigano e la terrorizzano allo stesso tempo. Di solito uso questa tecnica: la prendo all'amo con una bella versione romanzata di uno degli interventi di soccorso, la fantasia, come sapete, non mi manca, poi inizio a esagerare sottolineando i particolari più raccapriccianti, lei allora si mette le mani sulle orecchie e mi prega di smetterla, ovviamente io continuo come se niente fosse, lei inizia a urlare e io la prendo trionfalmente per il culo.

Suona il campanello. Vado, non vorrete che faccia aspettare Gianluca.

 Vado, non vorrete che faccia aspettare Gianluca

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UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now