32 - Il prof

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Questo pomeriggio sono andata a scuola, volevo parlare con il prof Valeri e sapevo che l'avrei trovato lì. Valeri è l'unico tra tutti i miei prof che rispetto veramente, forse perché lui rispetta me e non mi considera una scema o una che lo vuole soltanto fregare. Ok non voglio difendere per forza la categoria degli studenti, molti di noi sono degli scansafatiche senza speranza e spesso mi comporto anch'io così, qualche volta mi capita anche di chiedermi perché. Immagino me stessa seduta sulla sedia di un popolare quiz e la domanda che appare sullo schermo davanti ai miei occhi è la seguente:

Perché quasi tutte le materie ti sembrano completamente inutili e scollegate dalla realtà?Il pacioso presentatore, dopo aver declamato la domanda, sorride della mia perplessità, si dondola sulla sedia girevole e inizia a elencare le quattro risposte alternative:a) È colpa tua, Ginevra, sei un'ignorante che non sa apprezzare la fortuna di poter ricevere un'istruzioneb) È colpa dei professori che non sanno rendere interessante ciò che insegnanoc) Quelle materie sono davvero inutili e scollegate dalla realtàd) Nessuna delle precedenti ma un po' di tutte quanteBastardi! Penso, nel mio sogno a occhi aperti. Che domanda difficile! Sarei tentata di chiedere l'aiuto da casa, l'ultimo che mi è rimasto, poi penso che al telefono risponderebbero i miei genitori e mi suggerirebbero di rispondere a). Non so perché ma la a) mi sembra proprio sbagliata. Io vorrei rispondere d) ma all'improvviso mi accorgo di avere già tra le mani un assegno da qualche migliaio di euro, allora mi alzo, saluto il presentatore e scappo a gambe levate con il prezioso foglietto ben stretto tra le dita. Piaciuta la parabola? È tratta dal vangelo secondo Ginevra (v minuscola, per carità, prima che qualcuno s'offenda per il paragone blasfemo).«Ciao, Claudio» lo saluto entrando nella solita aula dove so che al giovedì si ferma alla fine delle lezioni per sbrigare le sue faccende, tipo correggere verifiche o compilare scartoffie in attesa che inizi l'orario di ricevimento.«Ciao, Ginevra, come mai da queste parti?» mi accoglie lui, senza scomporsi. Sì, ci diamo del tu, avevo pensato di riportare semplicemente il nostro dialogo facendo finta di niente ma già vedo alcuni di voi, improvvisamente scomodi sulla poltrona, che si domandano come sia possibile dare del tu a un prof. Sarà un parente? Sarà amico di famiglia? Sarà uno sciocco che non si fa rispettare? Sarà un tipo in gamba che non si formalizza su queste cose?In questo caso l'ultima è quella giusta. Il primo giorno di scuola, tre anni fa, Claudio ha detto che l'unica forma di rispetto di cui gli importava era l'attenzione alle sue lezioni, il fatto che gli dessimo del lei o del tu non gli faceva né caldo né freddo. Dopo aver spiegato questo concetto, ha fatto l'appello nel modo più incredibile che si possa immaginare: passeggiava per la classe declamando versi a memoria, si fermava improvvisamente davanti a uno di noi e gli chiedeva a bruciapelo cosa ne pensasse del passo che aveva appena recitato, attendeva con pazienza che venissero formulati un parere e una motivazione almeno minimamente sensati, solo allora domandava nome e cognome poi ti fissava con lo sguardo di chi non dimentica. Arrivato al banco di Ghinazzi, un tizio assurdo con il destino della bocciatura tatuato in fronte, Claudio si trovò di fronte a un silenzio particolarmente insistito corredato da un'espressione perplessa del tipo Che cazzo vuoi da me? Senza scomporsi Claudio era sceso a un livello più vicino a quello dell'interlocutore: «Dalla tua espressione mi sembra di capire che queste parole abbiano su di te un effetto, per così dire, lassativo. Se è davvero così prova almeno a spiegarmi perché. Non chiedo altro.» Alla fine delle risate il povero Ghinazzi era stato costretto a cavare dal suo cervello una risposta, sono convinta si sia trattato della frase più lunga di senso compiuto che avesse mai pronunciato fino ad allora.Il primo compito che Claudio ci ha assegnato, quel giorno stesso, è stato di portare per la volta successiva un testo, qualunque testo che ci piacesse o ci emozionasse, purché stesse scritto sopra un unico foglio di qualsiasi forma o dimensione. Poteva essere una poesia, la pagina di un libro, un articolo di giornale, un fumetto, una lettera, una stampa da internet o qualunque altra cosa ci fosse venuta in mente.Ho portato due versi di Emily Dickinson, la poetessa preferita di mia madre, in lingua originaleA word is dead, when it is said
Some say I say it just begins to live
That daye ho strappato al Prof un sorriso leggero che mi ha fatto un immenso piacere.Un buontempone aveva stampato delle idiozie di sua invenzione usando un carattere microscopico ma quel giochino non doveva essere nuovo per Claudio che si era messo a rovistare nella borsa fino a estrarne una lente di ingrandimento per francobolli. L'umorista era stato costretto a leggere le sue imbarazzanti cazzate di fronte a tutta la classe, fino all'ultima parola.Insomma è così che ho conosciuto Claudio Valeri e sono diventata una delle sue allieve preferite, cosa di cui non mi vergogno affatto. Per dirla tutta, se ora state leggendo queste righe folli la colpa è soprattutto sua. È lui che negli ultimi due anni mi ha riempito di consigli e incoraggiamenti ogni volta che mi riconsegnava una verifica, facendomi sentire apprezzata fino al punto da arrivare a concepire il sogno delirante di cui voi siete testimoni: scrivere un diario presumendo che un giorno sarebbe stato pubblicato e la gente si sarebbe slogata una caviglia per correre in libreria a comprarlo.Per darvi un'idea di com'è Claudio: ha la faccia della forma e del colore della luna piena; gli piace mangiare, e si vede; suda troppo; a volte perde il controllo della voce e si mette a urlare senza accorgersene; è sposato, sua moglie è simpatica, l'ho conosciuta, ma non hanno figli.Se un giorno avrò un lavoro, con i tempi che corrono mi è parso di capire che non è poi così scontato, sarei felicissima di poterlo fare con metà della passione che Claudio mette nell'insegnamento.Torniamo nell'aula dove il Prof Valeri ha interrotto la correzione delle verifiche per ascoltare le mie domande.«Claudio, ma cosa diavolo ha di speciale quel ragazzo nuovo che è arrivato quest'anno?»«Chi? Vitali?» ha risposto, senza fingere di non aver capito cosa intendevo.«Sì, lui. Ci avete riempito di raccomandazioni sul fatto di accoglierlo come si deve e tutti quanti voi lo trattate come se fosse di cristallo.»Ha fatto un sospiro più lungo del solito, poi si è spinto gli occhiali in cima al naso, stava guadagnando tempo e per uno come lui era davvero strano.«Nessuno sa esattamente perché.» Era davvero sulle spine. «La preside ci ha chiamato prima che arrivasse, riunione straordinaria, e ci ha detto che questo ragazzo ha passato dei brutti momenti. Quando le abbiamo chiesto di cosa si trattava ha detto che per questioni di privacy non le sembrava giusto dire altro. Non so proprio cosa dirti Ginevra, io lo trovo un ragazzo in gamba, un po' taciturno ma ne ho visti di peggio, certo voi non state facendo molto per coinvolgerlo...» Non c'era nessuna accusa nella sua voce, si trattava di una semplice constatazione.«Il fatto è che non si sa come prenderlo, è davvero un tipo strano... Ma sono d'accordo, sembra uno in gamba.» Ero sincera e non avevo finito di dire quello che pensavo. «Forse anche il fatto che voi lo trattate con i guanti bianchi non gli fa guadagnare popolarità» ho azzardato.Claudio ha guardato dalla finestra come per cercare una delle sue risposte illuminanti da regalarmi ma tutto ciò che ha trovato là fuori è stata una domanda, quella che mi avrebbe fatto fin dall'inizio, se non fosse stato un amico, se non si fosse fidato di me.«Perché mi hai chiesto di Vitali?» ha detto senza nessuna malizia, solo per capire, e infatti ha aggiunto subito: «Scusa, è una cosa tua, mi dispiace non poterti dire di più ma so che farai buon uso del poco che hai saputo.»Sono tornata a casa con la testa piena di pensieri, per un pelo a un semaforo non mi ammazzo.


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