47 - Idea

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«Mi devi un favore» ho detto oggi a Mike e mi sono goduta la sua espressione perplessa. Da quando non sono più la sua ossessione lo sto rivalutando, non sono una vera scema? Era una domanda retorica con risposta incorporata: no. Se a qualcuno, in cuor suo, è scappato di rispondere sì, sappia che mi ritengo altamente offesa e, se potessi, gli impedirei personalmente di continuare a leggere.

«In che senso scusa?» Se avesse potuto guardarsi allo specchio si sarebbe vergognato della faccia da ebete che aveva in quel momento.

«Sì, insomma, ho sistemato le cose... Mi sono fatta da parte... Ho messo una buona parola...» Mentre dicevo queste minchiate sbattevo distrattamente le mani qua e là, come per aumentare il volume delle azioni da me compiute, in modo spontaneo e disinteressato, a favore della neonata ditta Mike&Sabrina.

Stare con Sabrina deve fargli bene anche al cervello perché, all'improvviso, da dietro le sue iridi ho visto distintamente filtrare la luce della lampadina che si era accesa al centro del suo cranio. Vi rendete conto? Mike ha capito quasi subito che era uno scherzo e, se questo non bastasse, è andato dritto al punto, proprio come fanno le persone in gamba.

«Cosa vuoi?»

Con grande soddisfazione mi sono incamminata verso la mia buona azione settimanale, che ci volete fare: più di una alla settimana non mi riesce proprio di farne.

«Quando inizia il torneo di calcetto del liceo?»

La luce dietro agli occhi del ragazzo di mia sorella - mi sono appena resa conto che da qui in avanti posso usare anche questa elegante perifrasi quando mi riferisco a Mike; rettifico all'istante, non la userò mai più, rileggendola mi sono resa conto che fa cagare.

Dicevo, il chiarore dietro agli occhi di Mike si è improvvisamente affievolito e delicate onde hanno increspato il lago immobile della sua fronte. Aveva bisogno di più indizi, poverino.

«Tra due settimane, perché?»

«Devi chiedere a Vincenzo di giocare» gli ho suggerito, usando il tono di chi sta illustrando una grande idea.

La luce si è spenta del tutto.

«Ma se quando facciamo fisica non vuole mai giocare, preferisce continuare a correre come un pirla attorno al campo.»

«Fidati» ho insistito, e me ne sono andata cercando di lasciarmi dietro un intrigante alone di mistero.

All'uscita da scuola Mike si è avvicinato con il tipico sorriso smagliante da presa per il culo.

«Vincenzo non vuole giocare, ha detto che non è capace» ho sperato intensamente che Mike mi risparmiasse la conclusione più scontata ma nel suo sguardo c'era tutta l'ottusità di un treno in corsa perciò mi sono preparata al peggio, che puntualmente è arrivato: «Te l'avevo detto.»

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UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now