30 - English

28 0 0
                                    


È venuto a piedi fino a casa mia oggi pomeriggio. Ho notato che si era messo i vestiti migliori, beh diciamo i meno peggio, tra quelli che gli avevo visto fino a quel momento. Ha superato l'esame allo scanner di mia madre senza nessun impaccio: educato, disinvolto, persino lievemente spiritoso. Allora, ho pensato, non sei sempre quell'orso che vuoi sembrare.

Ci siamo accomodati al tavolo della cucina e, per rompere il ghiaccio, gli ho concesso l'onore di rispiegarmi il moto del proiettile. Quando siamo passati a matematica devo ammettere che mi è stato davvero utile, c'erano esercizi che non riuscivo a risolvere e grazie al suo aiuto mi sono venuti tutti, non solo, li ho veramente capiti.

Quando è arrivato il mio turno di fare l'insegnante ho iniziato a sudare freddo, la sua pronuncia fa davvero schifo e lui è il primo a rendersene conto. A scuola, quando è interrogato, si capisce benissimo che se ne vergogna e allora inizia a sbuffare e si torce le mani. Abbiamo iniziato a fare degli esercizi scritti e mi sono resa subito conto che non sapeva un cazzo. Non c'era bisogno di essere laureate in pedagogia per capire che non aveva studiato le regole. Io credo che se uno inizia a pensare di essere negato per qualcosa finisce per diventarlo davvero e Vincenzo ormai aveva convinto séstesso di non poter imparare l'inglese. Infatti, dopo un po' mi ha guardato con la rassegnazione dipinta in viso e ha detto: «Non ti preoccupare, sono un caso disperato, anche Allegra ci ha provato ma non è servito a niente.»

Ho capito in quell'istante che l'unica speranza era una terapia d'urto; la verità, di solito, è un farmaco molto potente.

«Ok, Vincenzo, non starò a dirti cazzate. La tua pronuncia fa veramente cagare, quando sei interrogato mi viene la tentazione di tapparmi le orecchie per non ascoltarti. Su quello secondo me possiamo fare qualcosa ma non molto.» Ha emesso sonoramente il fiato come se l'avessi colpito in un punto molto delicato. Non gli ho dato il tempo di commiserarsi: «Ma lo scritto, cazzo, lo scritto è solo questione di studiarsi le cose, impararsi i vocaboli e usarli. Non sei un coglione, me lo hai appena dimostrato spiegandomi fisica e matematica, in italiano te la cavi bene, non è possibile che tu non capisca queste regolette del cavolo. Qui non sai le cose solo perché ti rifiuti di saperle. Puoi prendere sette in un amen se solo ti ci metti.»

Ha ascoltato la sentenza con sorpresa crescente, alla fine aveva la faccia di un pugile suonato ma, come speravo, non gli è sfuggita l'ironia della situazione.

«Va bene, capo» ha detto, con un'ombra di divertimento che gli rimbalzava tra gli occhi e le labbra, poi, per firmare la resa incondizionata ha sfoderato la maldestra imitazione di un comico della tv.

«Tu dimmi quello che devo fare e io lo faccio.»

Non è male insegnare, devo dire, e credo di essere abbastanza portata. I miei metodi brutali avevano già dato dei buoni risultati sia con Giova che con Sabrina. Mia sorella odia rivolgersi a me e lo fa solo quando proprio non può farne a meno ma il giorno in cui, dopo averle iniettato il siero della verità, le chiedessero se le sono stata utile, sarebbe costretta dire di sì.

Vincenzo è diventato docile e volenteroso. L'ho obbligato a imparare a memoria una sfilza di verbi irregolari e quando si è sentito sicuro, l'ho interrogato facendoglieli scrivere su un foglio per evitare a lui il supplizio della pronuncia e a me quello di ascoltarlo. Alla fine, quando si è reso conto di saperli, ha annuito con quell'espressione tipo: perché non ci ho mai pensato prima?

Quando ne abbiamo avuto abbastanza gli ho offerto una bibita e ho aperto in suo onore una torta confezionata del supermarket. Ho visto il suo sguardo un po' perplesso, quello di chi viene da una famiglia in cui la madre è una cuoca provetta e cucina tutto lei, ma l'ho ignorato senza alcuna difficoltà. Sì, forse se verrà ancora mi degnerò di preparare la crostata come mi ha insegnato Assunta ma per oggi andava bene così.

«Allora, sei stato nel castello?» gli ho chiesto, tra un sorso di Cocacola e l'altro. Ha capito al volo. «Sì, la villa della famiglia di Allegra è impressionante, bellissima.» Il mio vero obiettivo non era certo sapere come fosse quella casa, in un paio d'occasioni c'ero stata anch'io, ma da qualche parte dovevo pur cominciare. Vincenzo, però, mi ha risparmiato un sacco di fatica perché subito dopo ha aggiunto. «Un sabato che ci sono stato ho conosciuto anche il suo ragazzo, è un tizio alto, gioca a basket.»

«Simpatico?» sono riuscita a dire, evitando per un soffio di rovesciare il bicchiere che tenevo in mano.

«Sì, abbastanza, ma ci ho parlato due minuti. Comunque mi hanno accompagnato in macchina fino in piazza e poi sono usciti per i fatti loro...»

Era uno scoop di proporzioni gigantesche. Allegra non aveva mai detto a nessuno di avere il ragazzo. Già immaginavo la faccia di Manu e delle altre quando gli avrei raccontato quello che avevo scoperto, poi ho immaginato la faccia di Manu e delle altre se non glielo avessi raccontato per niente; la loro espressione sarebbe rimasta quella delle mucche in attesa di un nuovo pettegolezzo da ruminare mentre io, io sola, avrei custodito un segreto tanto prezioso e avrei avuto tutto il tempo di pensare cosa farne. Secondo voi, cosa ho deciso di fare? Ecco, bravi, avete indovinato.

 Secondo voi, cosa ho deciso di fare? Ecco, bravi, avete indovinato

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now