62 - Firenze

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Eccomi di ritorno con un monte di novità da raccontare. Non sto esagerando, questo capitolo del mio pseudo diario rischia di essere talmente ricco di eventi mirabolanti da non essere nemmeno credibile. Eppure è tutto vero, parola di Ginevra. Per il momento vi basti sapere che il mio stato d'animo è... Manco per sbaglio che ve lo dico adesso, mica sono così idiota da giocarmi tutta la suspense.

Portate pazienza: leggete e saprete.

Prima di iniziare a raccontare quello che è successo voglio rendere omaggio alle cose che ho visto. Ok, è vero, spesso le gite scolastiche si risolvono in uno stanco pellegrinaggio da un monumento all'altro. Noi ragazzi non ci capiamo niente, anzi, sembra quasi che più gli insegnanti si sforzano di coinvolgerci più ci divertiamo a mostrarci indifferenti. Non voglio dire che la nostra gita sia stata molto diversa dal solito, anche noi ci siamo sfiniti di cazzate sul pullman, anche noi ci siamo guardati bene dal mangiare a tavola e dal dormire la notte, anche noi ci siamo trascinati in giro come degli zombi facendo bene attenzione a non lasciar trasparire il minimo segno di interesse ma, per la miseria, c'è un limite a tutto. Non ero mai stata in questa città e quando sono entrata in Piazza della Signoria la bellezza è entrata dalle fessure dei miei occhi socchiusi, è passata attraverso tutti gli strati di ignoranza e pigrizia che circondano il mio cervello e, da lì, si è tuffata dritta dentro al mio cuore. Ci sono cose che non hanno nemmeno bisogno di spiegazione, sono talmente assolute da non lasciarti scampo. Anche se non rammenti le date e i nomi che qualcuno ha inutilmente cercato di far entrare nella tua zucca, mentre sei lì, in un luogo straordinario come quello, non puoi evitare di guardarti attorno e, mentre lo fai, all'improvviso ti senti orgogliosa di appartenere al genere umano. Lasciatemelo scrivere, anche ricordarsi di essere italiani, in quegli istanti, non è niente male. Lo so, non spetta certo a una come me parlare di queste cose ma, abbiate pazienza, questa città mi è piaciuta talmente tanto che mi sento proprio di alzare il ditino per attirare la vostra attenzione e urlare: Wow! Firenze è fantastica! Se ci siete già stati tornateci appena potete e se vi manca beh, fossi in voi mi darei una mossa!

Bene, adesso posso raccontare tutto il resto, già, ma da dove inizio? Forze è meglio partire proprio da quello che è successo in Piazza della Signoria dopo che mi sono ripresa da tanta meraviglia. Il punto è che non era una bella giornata, purtroppo, e proprio mentre eravamo in piazza è venuto a piovere. Io avevo l'ombrello portatile nello zainetto e mi ci è voluto un attimo per tirarlo fuori. Il temporale, quello stronzo, non ha avuto nessuna pietà e ha iniziato a rovesciarsi giù come se avesse fretta di finire il suo sporco lavoro. Mentre trafficavo per disseppellire il mio dannato ombrello, Vincenzo si è avvicinato e mi ha offerto un posto al riparo del suo. Gli ho fatto segno che potevo cavarmela ma, proprio in quel momento, una cascata di gocce grandi come palline da ping pong si è riversata in una sola volta dalle nuvole sopra di noi. Eccomi lì, allora, stretta a Vincenzo sotto il suo sgangherato parapioggia che, detto tra noi, minacciava di chiudersi sulle nostre teste da un momento all'altro. Siamo corsi sotto il loggiato, come quasi tutti gli altri che erano in piazza, e nel giro di pochi istanti ci siamo ritrovati all'asciutto ma pigiati in mezzo a una folla di persone più o meno infradiciate. Anche noi, in quei pochi metri di fuga avevamo fatto in tempo ad assorbire un bel po' d'acqua tra i vestiti e i capelli.

«Grazie» ho detto al mio salvatore e lui ha chinato il capo per accogliere quella parola come se fosse davvero preziosa, poi si è messo a ridere in modo così spontaneo che non ho potuto fare a meno di accompagnare la sua risata con la mia. Siamo rimasti lì a gustare quella felicità priva di senso, senza preoccuparci di nient'altro. Non saprei nemmeno dire quanto sia durato l'incantesimo ma ho il sospetto che, anche tra molto tempo, ogni tanto mi capiterà di ritrovare quella piccola perla in mezzo al casino dei miei ricordi. Dopo un po' abbiamo iniziato a valutare i danni dell'acquazzone, Vincenzo si strofinava i capelli come se quel gesto potesse asciugarli, in realtà è riuscito soltanto a scompigliarli abbastanza da sembrare un pirla. Un'altra risata si è impadronita di noi e abbiano dovuto attendere che si esaurisse prima di iniziare a guardarci attorno per cercare i nostri compagni. Anche l'altra gente era più o meno nelle nostre stesse condizioni, qualcuno tentava di rimediare alla bell'e meglio, altri fingevano di non essersi bagnati quando in realtà sembravano stracci per lavare il pavimento, quasi tutti, però, erano inspiegabilmente allegri, proprio come me e Vincenzo.

UNA RAGAZZAWhere stories live. Discover now