Capitolo 41- Scritto sulla mia pelle

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I giorni successivi sembrano passare così lentamente che ho l'impressione durino anni. Dal giorno della scelta non è passato che un mese o poco più, eppure queste settimane sono state così piene di avvenimenti che mi sembra di stare qui dentro da un anno.

Conosco Eric solo da poco più di un mese. L'ho odiato, l'ho temuto, l'ho imitato, l'ho osservato e ho imparato ad amarlo. Mi sono innamorata dell'unico ragazzo da cui mi ero ripromessa di stare distante. Ma non posso farci niente, è come una calamita per me.

Mi passo un braccio sulla fronte. Mi sto allenando con il sacco da boxe di Eric. Lui non c'è. Doveva sbrigare qualcosa su nel suo ufficio, spero che qualunque cosa sia non preveda la presenza di Ava. Meno gli sta intorno, meglio è.

Ormai allenarmi è diventata una routine, ogni giorno vi dedico un paio d'ore. Con o senza la presenza del mio ragazzo.

Voglio essere in grado di potermi difendere nel momento in cui dovessi averne bisogno.
Sono una Divergente, e Jeanine sta dando la caccia ai Divergenti.

Quattro e i suoi colleghi continuano a tenere d'occhio Derick e il suo famoso amico, ma non ho idea se ci siano novità. Eric non mi dice niente, con la scusa che non può parlarmi degli affari dei capifazione. Come se finora non avessi saputo più di quello che avrei dovuto sapere!

Continuo a tirare colpi al sacco da boxe, alternandoli ad alcuni calci. I primi giorni la sera mi buttavo a letto, distrutta. Ma un po' alla volta il mio corpo si è tornato ad abituare all'esercizio fisico, adesso mi alleno per un paio d'ore la mattina e altrettante il pomeriggio.
Anche perché non è che abbia chissà cosa da fare.

Noi ex-iniziati-ora-nuovi-membri non abbiamo ancora scelto i nostri lavori. Finora mi andava bene così. Diciamocela tutta, non è che io muoia dalla voglia di essere impegnata tutto il giorno... Ma comincio ad annoiarmi. Soprattutto quando il mio ragazzo di ghiaccio non c'è.

Anzi, dovrò proprio parlargliene. E chiedergli consiglio su che lavoro dovrei scegliere.
Tra l'altro, ancora non ci sono stati assegnati nemmeno gli alloggi.
Il che per me non è un problema, ma Zeliah e gli altri dormono ancora nei dormitori degli interni.

Tiro l'ennesimo pugno contro la pelle del sacco. I guantoni che Eric gentilmente mi presta attutiscono abbastanza i colpi, evitando alle mie mani di finire con le nocche rotte.

Mentre colpisco, il sole mi arriva addosso dalla finestra che si trova sulla parete di fronte a me.
Quasi senza accorgermene ho cominciato a canticchiare una canzone, che viene direttamente dalle terre dei Pacifici.
La cantavamo spesso con i bambini, seduti in cerchio nel prato.

«Non pensavo che qualcuno potesse cantare mentre si allena».

Giro di scatto la testa, trovando un Eric appoggiato al muro, del tutto rilassato e concentrato su di me.

«Eric! Non ti ho sentito entrare».
«Me n'ero accorto, Pacifica». Si stacca dal muro e fa qualche passo verso di me.
«Avrei potuto attaccarti alle spalle e tu non te ne saresti accorta». Il suo sussurro nel mio orecchio è quanto di più inquietante si possa sentire.
«La porta era chiusa a chiave, saresti potuto entrare solo tu» rispondo, non del tutto convinta.

«Non sottovalutare mai il pericolo» mormora lentamente «Il nemico potrebbe attaccare quando meno te lo aspetti».
E così dicendo appoggia le sue labbra sulla pelle del mio collo, facendomi sospirare e chiudere gli occhi.

«Se è un nemico così non è tanto male farsi attaccare» mormoro togliendomi i guantoni da boxe.
«Oggi pomeriggio ti alleno io» dice staccandosi e lasciandomi un senso di freddo addosso.
«Che prospettiva allettante» commento ironica. Quando mi allena, lui torna ad essere l'istruttore antipatico dei primi giorni.

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