Capitolo 29 - Il test finale

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Entro nella stanza sentendo già l'adrenalina scorrermi nelle vene.
Arrivo al centro e quello che mi sta intorno comincia già a cambiare.

Mi ritrovo in un letto, attorno a me compaiono un armadio, una scrivania e altri mobili. Riconosco la stessa stanza che ho visto nella prima simulazione e capisco subito cosa sto per affrontare.
Scendo dal letto e vado ad aprire la porta, per trovare solo fumo che riempie le scale.
Torno dentro e la richiudo, poi vado alla finestra. Per quanto sappia che si tratta di una simulazione sento comunque il battito furioso del cuore nel mio petto.

Spalanco la finestra ed esco, appendendomi alla grondaia. Mi arrampico esattamente come ho fatto nella prima simulazione e arrivo sul tetto. Cammino lungo il bordo fino ad individuare il covone di fieno. Faccio un respiro, spalanco le braccia e mi butto.

Invece di atterrare in mezzo al fieno mi ritrovo in una stanza vuota. Mentre mi guardo intorno mi accorgo che si sta rimpicciolendo a vista d'occhio.
La stessa paura che ho affrontato nello scenario di Lauren. Non pensavo mi si sarebbe presentata.
Aspetto che le pareti arrivino fino a toccarmi e prendo a spingere con tutte le mie forze.
Chiudo gli occhi e immagino siano di cartone, finché le sento cedere contro le mie mani.

Fuori due.

La scena cambia e mi ritrovo sbattuta contro una parete dura.
Mi sento mani addosso, nella confusione riesco a vedere due figure contro di me. Hanno i volti nascosti da un passamontagna.
La mia mente mi riporta a quella sera nel corridoio, ma subito dopo mi ricorda che si tratta solo di una simulazione.
Posso tranquillamente batterli, lo so. Mi riprendo e comincio a sferrare pugni finché entrambi cadono a terra. E spariscono.

La scena cambia di nuovo e prima che possa rendermene conto mi ritrovo in mezzo all'acqua. Le onde si alzano intorno a me, mentre in qualche modo riesco a rimanere a galla.
Non ho mai imparato a nuotare, non è mai stato necessario dato che in città il lago è prosciugato. Ma chissà come il mio corpo sa come farlo.
Cerco di capire dove sono e come posso uscire da questa situazione, mentre l'ansia mi attanaglia lo stomaco.
Per la prima volta sento il panico farsi strada in me.

Le onde diventano sempre più alte e furiose, mi si scagliano addosso mandandomi più volte sott'acqua.
Lotto per rimanere a galla e finalmente riesco a riprendere il controllo della situazione.

Tra le onde scorgo degli scogli non molto distanti da me.
Nuoto meglio che posso per raggiungerli, e quando sfioro la roccia ruvida con la mano tiro un sospiro di sollievo. Mi trascino fuori dall'acqua e cammino sugli scogli fino ad arrivare sulla terraferma. I piedi che affondano leggermente nella sabbia.

Mentre cammino però succede qualcosa di strano. I piedi cominciano ad affondare sempre più.
Abbasso lo sguardo, la sabbia di prima è sparita, ora tutto quello che vedo è melma. La stessa che c'è nella palude dove una volta c'era il lago.

Mi fermo per non affondare di più, poi alzo una gamba per estrarre il piede. Ma mi sento scendere e il piede invece di uscire rimane incastrato nel fango.
Smetto di lottare, perché ho capito che non servirebbe a niente e mi lascio inghiottire. Sento il fango entrarmi nei vestiti, incollarsi alla pelle. Quando rimane fuori solo la testa mi riempio i polmoni di ossigeno.
Dopo qualche secondo il buio.

Provo a muovermi ma le braccia e le gambe sono bloccate. Apro gli occhi, la palude è sparita. Sono in una piccola stanza buia.
Guardo le mie mani, sono legate ai braccioli della sedia su cui sono seduta. Le caviglie alle gambe della sedia, tramite una corda marrone.
Mi divincolo cercando di sfilare i polsi dalla stretta.
Sento un rumore fuori dalla stanza, passi che si avvicinano.
Faccio un profondo respiro e immagino che la corda si sbricioli.
Strattono i polsi e quella si rompe. Faccio lo stesso con le gambe e mi ritrovo libera.
Mi fiondo alla porta, la apro e scappo.

Continuo a correre. All'improvviso mi ritrovo in cima ad un grattacielo. Davanti a me Intrepidi armati con le pistole puntate verso di me. Si avvicinano lentamente.
Faccio un passo indietro, ma mi accorgo che dietro di me c'è solo il cornicione e poi il vuoto.
Guardo gli Intrepidi e provo a capire in cosa consista questa paura.
Non ho paura degli Intrepidi, nemmeno dell'altezza...

E poi capisco. Paura di morire.
Se avanzo loro mi uccideranno, se indietreggio cadrò e mi ucciderò da sola.

Chiudo gli occhi. È solo una simulazione.
Spalanco le braccia e faccio un passo indietro.
Sento il vento intorno a me, ma ad un certo punto smetto di cadere.

Apro gli occhi e mi ritrovo al buio.
La luce si accende e vedo Amineah dall'altra parte della stanza.
Insieme a lei ci sono mamma e papà.
Mi giro verso destra, ed ecco Eric.
I nostri occhi si incontrano, il suo sguardo è talmente freddo che per un istante mi mette paura. Poi sento la canna della pistola premere sulla tempia, e il peso di una pistola nella mano.

Faccio un sorriso alla mia famiglia, poi mi volto e alzo la pistola contro Eric. Ma il suo dito preme prima del mio. L'ultima cosa che sento è lo sparo.

Le luci si riaccendono. Sto tremando, non so quanto le gambe riescano a sorreggermi ancora.
Pian piano riprendo a respirare normalmente e sento il mio cuore rallentare.
La porta si apre lasciando entrare Eric, Max e gli altri capofazione.
«Congratulazioni Aimeen» dice Eric «Hai completato il test finale».

Cerco di sorridergli, ma non ci riesco. Sento ancora il metallo freddo premuto contro la tempia, il suo dito sul grilletto, lui che mi uccide.
«Grazie» mormoro.

«Bene, prima che tu te ne vada resta una cosa da fare» Max si avvicina e fa cenno ad uno degli altri.
Questo gli porge una scatola nera, lui la apre e ne estrae una siringa piena di un liquido arancione scuro.
Mi irrigidisco e guardo Eric. La sua fronte è corrugata.

«È un sistema di tracciamento, una precauzione. Hai l'onore di essere la prima». Il tono di Max è controllato, il suo sguardo puntato sui miei occhi, il suo ghigno terribilmente divertito.
Lui lo sa.
Sa che ho distrutto il siero.
Mi sta per iniettare quel siero.

Sposto gli occhi su Eric, spaventata. Sperando che lui faccia qualcosa.
Ma lo sguardo che mi rivolge è indifferente, non apre bocca, non reagisce nemmeno mentre l'ago mi entra nella pelle del collo.

Mi assicuro di fissarlo negli occhi, mentre Max mi sta facendo diventare un'assassina.
«Il banchetto è tra due ore. La classifica sarà annunciata allora. Buona fortuna» Max mi congeda ed io esco dalla stanza, come un automa.
Attraverso il salone di vetro, mentre mi sento gli occhi puntati addosso, mani che cercano di toccarmi, persone che mi dicono qualcosa.

Ma il mio cervello non registra niente, voglio solo allontanarmi da lì.
Cammino e continuo a camminare, scendendo dal palazzo di vetro e infilandomi nei tunnel.
Sbuco nel posto dove mi ha portata Eric, ma appena lo vedo vorrei andarmene.
Eric.

Mi ha mentito. O forse no.
Ma ha lasciato che Max mi iniettasse quella cosa.
Speravo davvero che fosse diverso, invece è esattamente come gli altri lo descrivono. Sono io ad essermi lasciata ingannare dal suo aspetto, a non aver voluto vedere la cattiveria che c'è in lui.

Salgo sugli scogli proprio mentre sento dei passi risuonare nel tunnel.
Sono sicura che sia lui. Ed io non ho la minima voglia di vederlo, e soprattutto di parlarci. Cammino sugli scogli, finché trovo una rientranza nascosta sulla parete.
La raggiungo e mi rannicchio lì.

«Aimeen?».
Lascio che la sua voce si disperda tra il rumore dell'acqua.
Chiudo gli occhi mentre lacrime silenziose prendono a solcarmi le guance.
Non so quanto tempo passi, ma dopo quella che sembra un'infinità lui finalmente se ne va. E io rimango a piangere coperta dallo scroscio dell'acqua.

Una scelta per sempreWhere stories live. Discover now