Capitolo 5 - L'inizio

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Eric si schiarisce la voce. Non che ci sia bisogno di attirare la nostra attenzione. Basta la sua presenza a farci passare la voglia di parlare.

«Allora, per prima cosa imparerete a sparare con la pistola. Dopodiché passeremo al combattimento corpo a corpo».
Eric passa tra noi e piazza in mano ad ognuno una pistola.

Ho dormito poco più di sette ore. E mi trovo già ad iniziare in quarta. Sono ancora mezza addormentata.

«L'iniziazione è composta da tre moduli. Misureremo i vostri progressi e vi classificheremo in base a come andrete in ciascuno dei tre. Non avranno tutti la stessa importanza nel punteggio finale».

Guardo la pistola che tengo in mano. Non ho mai impugnato una pistola, non ho mai sparato in vita mia.

«Ogni fase dell'iniziazione serve per affrontare uno specifico aspetto della vostra preparazione. Il primo è fisico, il secondo emotivo, il terzo mentale».
Eric cammina avanti e indietro, fissandoci «Dovete essere pronti a difendervi e a difendere gli altri. Ora» si ferma «guardatemi!».

Si volta verso la parete. Ci sono dei bersagli appesi di fronte a ciascuno di noi.
Lo guardo. I suoi muscoli sono così sviluppati che se provasse a stringermi un braccio me lo spezzerebbe con facilità.
Si sistema a gambe divaricate, stringe la pistola con entrambe le mani e spara.
Sobbalzo al suono dello sparo, non ci sono abituata.

«Pacifica! Non potrai saltare ogni volta che qualcuno spara» abbaia Eric.
Come cavolo...?
Ignoro la cosa e mi sporgo per vedere bene il bersaglio. Come sospettavo: un buco è comparso al centro perfetto.

«Ora mettetevi al lavoro».
Eric torna a voltarsi verso di noi.
«Forza!» sbotta.
Mi concentro sul mio bersaglio, poi mi prendo il mio tempo per imitare la posizione che Eric ha assunto prima.
Sistemo i piedi divaricandoli, raddrizzo la schiena, impugno bene la pistola con entrambe le mani.
Gli altri già stanno sparando.

«Pensi di farcela entro il prossimo mese?».
La voce di Eric mi fa sobbalzare, è troppo vicina a me.
«Sto cercando di imitare quello che hai fatto tu» rispondo.
«Muoviti!» tuona, a dieci centimetri da me.
Mi ci vuole tutta la forza di volontà che possiedo per non trasalire.

Ignoro la sua presenza, ripasso la posizione mentalmente, prendo la mira e sparo.
Il contraccolpo a cui non sono abituata mi fa scattare indietro le braccia, stavolta non ho fatto una piega al suono dello sparo.

Cerco il proiettile con gli occhi, e trovo un foro nel bersaglio. Non proprio vicino al centro, ma per una che non ha mai sparato non è male.

«Fortuna sfacciata» dice Eric dandomi le spalle e passando a qualcun'altro.
Gliela do io la fortuna sfacciata!
Riprendo la posizione e sparo di nuovo.
E continuo a farlo per le ore successive.

* * *

Quando arriva l'ora di pranzo le braccia mi fanno male e le dita sono indolenzite. Me le massaggio mentre osservo soddisfatta il mio bersaglio. Un po' alla volta ho preso la mano. I buchi si sono avvicinati sempre più al centro, finché sono riuscita a replicare il centro perfetto di Eric.

Non ha più aperto bocca con me.
Dentro di me esulto per averlo messo a tacere.

Ci dirigiamo alla mensa. Zeliah si congratula con me. Lei ha avuto qualche difficoltà, ma alla fine è riuscita perlomeno a centrare il pannello del bersaglio.
La mensa brulica di gente, ma riusciamo a trovare posto allo stesso tavolo dell'istruttore degli interni.

Mi siedo di fronte a Zeliah e mi prendo del cibo nel piatto. È strano che io e lei andiamo d'accordo. Di solito Pacifici e Candidi non tendono a parlare insieme. I Pacifici pur di mantenere la pace sono disposti a qualunque cosa, anche mentire.
E questo i Candidi non lo tollerano.
Ma ora siamo qui per diventare Intrepide.

«Come hai fatto ad imparare così in fretta a sparare? Lo sapevi già fare?» mi chiede ad un certo punto.
Scuoto la testa «Ho osservato Eric e ho cercato di imitarlo al meglio. A quanto pare è stato efficace».
«Quel ragazzo mi mette i brividi» mormora Zeliah, facendo una smorfia.
«Anche a me» confesso «Chissà per quale motivo è così scontroso e minaccioso».
«Non intendo scoprirlo, ma se tu vuoi si sta avvicinando» dice indicando dietro di me.

Mi volto pensando di vederlo a qualche tavolo da me, invece malauguratamente incrocio i suoi occhi, a qualche metro di distanza. La solita espressione dura.
Maledizione!

Mi giro e riprendo a mangiare, mentre spero con tutto il cuore che non venga da noi.
Sono sollevata quando lo sento parlare dall'altra parte del tavolo.
«Come vanno gli interni, Quattro?».

Quattro? Che nome strano.
Mi chiedo se ci sia un motivo dietro a quel nome.

«Bene Eric, non mi lamento. I tuoi?»
«Fanno pena. Ma ce n'è una, la Pacifica, che per chissà quale motivo è riuscita non solo a colpire il bersaglio, ma a fare un centro perfetto. Non so quanto durerà, ma almeno non se n'è scappata urlando al primo sparo».
Sono più che sicura che sappia che riesco a sentirlo. E probabilmente l'ha detto pure apposta.
«Se preferisci facciamo cambio» dice Quattro svogliatamente, ma percepisco fin qui la sua tensione.
«Assolutamente no» sbotta Eric «La sfida in ogni caso continua».

Quattro annuisce, rigido sulla panca. E quando Eric si allontana lo vedo rilassarsi. C'è tensione tra loro due.

Una tensione che colpisce anche me.
Eric approfitta del posto libero e si siede al mio fianco. Trattengo il respiro.
Magari è venuto solo a prendersi una fetta di torta al cioccolato, che è appena stata distribuita sui tavoli.

Io e Zeliah ci scambiamo uno sguardo. Poi torniamo ad abbassare gli occhi sui nostri piatti.
Finisco di mangiare e mi prendo una fetta di torta al cioccolato, cercando di ignorare il ragazzo al mio fianco.

Ma mi sento i suoi occhi addosso.
«Allora Pacifica. Come mai ci onori della tua presenza?».
Mi faccio coraggio e gli lancio un'occhiata.
Se non fosse così duro e malvagio, e con forse un po' meno piercing sarebbe un bel ragazzo. I suoi occhi incredibilmente azzurri sono uno spreco su una persona tanto cattiva.

Ma non dovrei nemmeno pensarle, queste cose.

Vorrei rispondere "Perché siete incredibilmente affettuosi" ma mi trattengo. Qualcosa mi dice che non la prenderebbe tanto sul ridere.
Alzo le spalle. «Credo di essere più Intrepida che Pacifica».
«Sono anni che un Pacifico non si fa vedere qui mi dicono, sicuro non ne sono arrivati da quando ci sono io».

Mi sto seriamente chiedendo per quale motivo mi stia parlando. Ho il timore che stia tentando di farmi dire qualcosa di sbagliato.

Sbircio Zeliah. Sta mangiando la torta mentre segue attentamente noi due. Esprime curiosità e qualcos'altro che non riesco a decifrare.

Mi volto e guardo Eric, nonostante mi costi uno sforzo incredibile.

«Sei un trasfazione? Quando sei arrivato?» chiedo prima di pensare.
Lui mi squadra per una decina di secondi. Il suo sguardo gelido mi penetra fin dentro le ossa. «Non che siano affari tuoi... ma sì. Quattro anni».
Annuisco e sbocconcello il mio pezzo di torta.
Quindi ha vent'anni circa, ho indovinato.

«Pacifici e Intrepidi sono l'esatto opposto» mormora.
«Lo so» rispondo «E so anche che riuscirò a superare l'iniziazione».
Mi sento i suoi occhi addosso, ma non ho il coraggio di guardarlo ancora.
«Buon per te» butta fuori. Poi si alza e se ne va.

Sospiro di sollievo e alzo gli occhi su Zeliah. Mi sorride.
«Mi stava per venire un attacco isterico» bisbiglio, nel caso fosse ancora nei paraggi. Mi giro e lo vedo varcare l'entrata della mensa. Grazie a Dio!
«Sei stata grande, io non sarei nemmeno riuscita a rispondergli».
Mi passo una mano sulla fronte «Devo riprendermi».

Zeliah ridacchia.
Io le lancio un'occhiataccia.
«Dai, è stato divertente».
«Se lo chiami divertente parlare con un papabile killer, la prossima volta lascio a te l'onore».
Zeliah ride, e stavolta mi unisco a lei. Devo scaricare la tensione.

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