Capitolo 26 - Lo scenario della paura

1.6K 64 1
                                    

«Ciao Aimeen!» Leah raggiunge me e Zeliah al tavolo e si siede con noi. Seguita dal fratello e da Ryan.
«Ho sentito la novità, quell'idiota deve avere qualche rotella fuori posto».
«Ciao ragazzi!» saluto con un cenno «Sono fortunata eh».
«È lui fortunato, perché non ci è permesso fargliela pagare, ma ho sentito che Eric ci è andato giù pesante con le parole» Ryan, seduto al mio fianco, mi lancia un'occhiata.
Annuisco.

«Fossi Derick mi guarderei le spalle d'ora in poi» borbotta Luke mentre sbocconcella un pezzo di pane.
«Non ha idea di cosa Eric sia capace di fare. Adam, nostro fratello più grande, ha fatto l'iniziazione con lui. Ha detto che non parlava con nessuno, li batteva uno dopo l'altro e combatteva con tutte le sue forze. Qui dentro Eric è il più temuto. Un anno dopo essere entrato già era capofazione... È lui ad aver cambiato l'iniziazione, a renderla così competitiva».
«Potevo scommetterci» mormora Zeliah.

«Quattro è una specie di leggenda per essere riuscito a batterlo nella classifica finale» aggiunge Leah. Un boccone di toast in bocca.
«Infatti lui e Quattro si odiano» risponde Ryan «Non so se avete notato come si comportano uno con l'altro».

«Comunque» riprende Leah «Oggi è il giorno dello scenario della paura».
«Attraverseremo il nostro?» chiedo tra un boccone di toast e l'altro.
Luke scuote la testa «Adam ci ha detto che di solito si attraversa lo scenario di uno degli istruttori. Ma non so quanto quei due siano disposti a mostrarci di cosa hanno paura».

Mi viene da ridere «Non lo farebbero nemmeno sotto tortura, immagino».
«Troveranno qualcun'altro, ci scommetto».

* * *

Eric ci aspetta con le mani sui fianchi fuori dal corridoio delle simulazioni, in compagnia di una ragazza dai capelli scuri e tre piercing d'argento nel sopracciglio destro.
«Lei è Lauren, oggi attraverserete il suo scenario della paura» tuona la voce di Eric. Fà un cenno alla ragazza e lei continua.
«Quattro anni fa avevo paura dei ragni, di soffocare, di rimanere intrappolata tra mura che mi si stringevano lentamente addosso, di essere buttata fuori dagli Intrepidi, di morire dissanguata, di essere investita da un treno, della morte di mio padre, di essere umiliata pubblicamente e di essere rapita da uomini senza volto».

«La maggior parte di voi ha tra le dieci e le quindici paure nel suo scenario, questa è la media» aggiunge Eric fissandoci uno a uno.

«Qual è il numero più basso che sia mai stato registrato?» chiede Zeliah.
«Negli ultimi anni, quattro» risponde Lauren.
Trattengo il fiato. Ho come l'impressione di immaginare a chi si riferisca. Quattro paure sono pochissime, tanto da diventare un soprannome. Ci credo che Quattro sia una leggenda tra gli Intrepidi!
E che Eric ne sia invidioso.

«Non scoprirete oggi quante ne avete. La simulazione è settata sul mio scenario, per cui vi troverete le mie paure» continua Lauren.
Io, Zeliah, Leah, Luke e Ryan ci guardiamo. Avevamo ragione. Né Eric né Quattro mostreranno le loro paure.

«Ma dato che lo scopo oggi è farsi solo un'idea di come funziona, ognuno di voi ne affrontera una soltanto».
Lauren assegna a ciascuno una paura a caso. A me capita quella di rimanere intrappolata. Bene.

Aspetto mentre gli altri attraversano le paure che gli sono capitate, e quando arriva il mio turno entro nella stanza.
Eric è qui ad aspettarmi, la siringa pronta nella mano.

Lo guardo, sollevata all'idea che quando mi sveglierò lui sarà qui. Ma sarà l'Eric istruttore, l'Eric che mi vedrà in una simulazione, l'Eric pericoloso.

Mi scosta i capelli e mi infila l'ago nel collo, facendomi una piccola carezza con il pollice sulla pelle appena bucata.

Dopodiché tutto quello che la stanza conteneva sparisce alla mia vista. Rimangono solo i quattro muri grigi, che si avvicinano a me a colpo d'occhio.
Quando arrivano a toccarmi, pianto le mani e i piedi sulle due pareti opposte e spingo con tutta la forza che ho.
Il cuore nel petto mi batte così forte che faccio fatica a sentire altri rumori.

Chiudo gli occhi e mi dico che le pareti sono di cartone. "Le pareti sono di cartone" mi ripeto.

Stringo i denti e con tutta la forza che ho in corpo spingo contro le pareti. Quelle si rompono e smettono di stringersi intorno a me.

Riapro gli occhi e sono di nuovo nella stanza delle simulazioni, lo sguardo freddo di Eric su di me.
Qualcosa nella sua espressione mi mette paura.
«Vai nel mio appartamento e aspettami» tuona, lanciandomi un mazzo di chiavi. Anche la sua voce ha un ché di sinistro. Mi fa quasi paura.

Annuisco e mi volto, scappando fuori dalla stanza e lontano da lui.
Passo per la mensa, è ora di pranzo. Ne approfitto e cerco di buttare giù qualcosa, anche se non si rivela per niente facile. Sono troppo sottosopra.
Una decina di minuti più tardi sto percorrendo i tunnel.
Raggiungo l'appartamento di Eric, apro la porta e mi richiudo all'interno.

Dovrei mettermi in testa che Eric per me è pericoloso. Fino a che punto sono in grado di farlo ragionare? E se stesse solo fingendo di voler fermare il piano, se in realtà mi avesse preso in giro solo per farmi restare con lui?

Se quello che ha detto è vero non restano che pochi giorni prima che il siero venga iniettato a tutti gli Intrepidi.
Le opzioni sono due. O fermano tutto, oppure dovremo trovare il modo di avvisare gli Abneganti o distruggere il siero. O entrambi.

Giro per la stanza persa così tanto nei miei pensieri che mi sembra siano passati solo dieci minuti quando sento bussare alla porta.
Vado ad aprire, improvvisamente nervosa.

Eric entra spedito e si richiude la porta alle spalle, poi mi inchioda con i suoi occhi di ghiaccio «Sei una Divergente».
Sostengo il suo sguardo «Sì, lo sono».
«Perché diavolo non me l'hai detto prima?» sbotta avanzando nella stanza.
«Perché non lo sapevo nemmeno io, finché non me l'hai spiegato tu. E a quel punto, be', sicuramente non eri la persona giusta a cui dirlo» rispondo seccata. Lui parla di cose non dette, quando praticamente sta pensando di tradire la sua intera fazione.

«Senti, Eric. Se hai intenzione di consegnarmi a Jeanine dimmelo subito. Sono stufa di doverti spremere per sapere cosa ti passa per la testa» incrocio le braccia sul petto e lo fisso.

Eric mi osserva, poi si lascia cadere sul divano «Non lo so cosa mi passa per la testa».
Vado a sedermi vicino a lui.
«Finora non mi è mai importato molto di ciò che è giusto, non ho mai avuto qualcuno di cui preoccuparmi. Mi piaci, Pacifica. Ma questo sta facendo crollare le mie certezze».

È la prima volta che si dichiara così apertamente.

«Non si tratta di me, si tratta di te. Devi capire che uomo vuoi essere. Un traditore spietato e crudele o un capofazione di cui andare fieri?» suggerisco.
«Anche io sono confusa. Mi piaci, ma è difficile avere a che fare con te. Posso passare sopra alla tua sete di potere, alla tua indole scontrosa, ma non ti appoggerei mai se tradissi questa fazione. Non lo dico per convincerti a non farlo, o forse anche sì, ma quello che mi preme è farti capire cosa sono e soprattutto cosa non voglio essere».

«Max dice che ormai non possiamo tirarci indietro» dice solo.
«E tu? Cosa vuoi fare?» chiedo.
Eric mi guarda «Non lo so».

Faccio un sospiro. «Ok, sai dov'è nascosto il siero?».
Annuisce e mi spiega dove lo tengono.
Mi dice anche che non è sorvegliato, in quanto nessuno tranne loro sa della sua presenza.
Questa è una cosa positiva.

«Devo andare da Quattro» decido alzandomi.
Eric mi imita «Cosa?».
Il suo sguardo si fa freddo.
«Non è il momento di essere geloso. Ho bisogno di qualcuno di cui fidarmi, qualcuno che non sia un capofazione. Meno ne sai meglio è» mi metto davanti a lui e lo guardo negli occhi «Promettimi che non ci metterai il bastone tra le ruote. Se qualcuno ci trova dirò che vi ho sentito parlare mentre percorrevo un corridoio. Poi penseremo a fermare Jeanine».

«Non dirò niente, Aimeen. Puoi fidarti di Quattro, è abile e veloce, e saprà chi altro coinvolgere. Ma ti prego, stai attenta» alza la mano e me la posa sulla guancia.
«Mi fido di lui, e mi fido di te» allaccio le mani dietro il suo collo e avvicino il viso al suo.
I suoi occhi si scuriscono e lui si china a baciarmi.

Lo stringo a me, sentendo i suoi muscoli sotto le dita. E pensare che solo qualche giorno fa mi ero convinta che non avrei più avuto niente a che fare con lui.

Quando le nostre labbra si allontanano lo abbraccio. Non è abituato al contatto umano, lo sento nella rigidità che assume ogni volta che lo tocco. E mi viene voglia ogni volta di abbracciarlo di nuovo.

«Ti voglio bene, Eric» mormoro e sciolgo l'abbraccio.
Lui mi riprende e mi tiene davanti a sé «Pacifica, stai attenta».
Annuisco e lo guardo un'ultima volta. Poi esco, diretta all'appartamento di Quattro.

Una scelta per sempreWhere stories live. Discover now