Capitolo 20 - Casa mia

1.7K 81 11
                                    

Quando riapro gli occhi e torno alla realtà mi ritrovo sulla sedia reclinabile di metallo, il respiro affannato e le mani che mi si sfregano addosso in cerca di scacciare delle fiamme, che però non ci sono.
Mi manca il fiato, sento ancora l'odore del fumo nelle narici.

«Aimeen, calmati. Va tutto bene, è finita» mi rassicura Quattro avvicinandosi.
Mi poggia una mano sulla spalla, stringendola.

Lo ignoro, mi prendo la testa tra le mani e mi concentro sulla respirazione finché riesco a calmarmi un po'. Ma sento ancora l'ansia attanagliarmi lo stomaco, un senso di panico diffuso. Forse l'effetto del siero non svanisce subito.

«Vieni Pacifica, ti faccio uscire di qua» Quattro mi aiuta ad alzarmi e mi guida verso una porta diversa da quella da cui sono entrata.
«Per favore, non chiamarmi così anche tu» mormoro mentre camminiamo.
Lui fa un cenno.

«Quattro?».
«Sì?» si volta a guardarmi mentre entrambi ci fermiamo.
«Grazie per avermi salvata quella sera» mormoro incontrando i suoi occhi.
Il suo sguardo si addolcisce «Sono felice di averlo fatto».

«Sei andata bene, Aimeen. A domani» aggiunge mentre apre la porta e gentilmente mi spinge fuori.

Esco nel corridoio buio e mentre lui richiude la porta mi fermo a prendere fiato. Mi stringo nelle braccia cercando di calmare il mio battito cardiaco. Il senso di pericolo è ancora diffuso nel mio corpo, sento ancora il calore del fuoco sulla pelle, la gola che brucia a causa del fumo acre.

«Pensavo di doverti aspettare di più, Pacifica» tuona una voce che conosco fin troppo bene.
Sobbalzo e vedo Eric uscire dall'oscurità.
«Forse non sono così tanto inutile come pensi» ribatto piccata.
Ne ho abbastanza di lui e dei suoi cambiamenti di umore. Almeno con me.

Mi avvio lungo il corridoio ma lo sento raggiungermi e tenere il mio passo.
«Non intendevo quello. Ci hai messo meno di quasi tutti gli iniziati alla loro prima volta» replica.
«Quanto? Quanto è durato?» chiedo fermandomi di colpo.
Lui si ferma davanti a me.
«Calcolando il tempo di iniezione e la spegazione di Quattro, direi circa quattro o cinque minuti. Qualunque cosa tu abbia fatto ha funzionato».

Cinque minuti? A me sono sembrate ore.
«Comunque andrà ogni giorno meglio» aggiunge.
«Ogni giorno?» chiedo sgomenta.
Annuisce.
«Questa è una tortura. E scommetto che dietro ci sei tu» mormoro riprendendo a camminare.

«Sarà sempre la stessa paura?» chiedo seccata.
«Attraverserai una alla volta tutte le tue paure, forse rimarranno le stesse, forse cambieranno. Ma è impossibile non avere paura, il nostro scopo è insegnarvi a controllarla e a non esserne condizionati».
«Comunque raramente la tua paura è la stessa che ti si presenta nella simulazione» aggiunge.

«Sì be', non so se ho paura del fuoco, ma di saltare da una grande altezza sicuramente no» rispondo lanciandogli un'occhiata.
«E tu che cosa hai visto nella tua prima simulazione?» chiedo.
«Cosa ti fa pensare che io te lo voglia dire?» ribatte tagliente.
Sospiro «Non lo so, Eric. Ormai non ti capisco più. A volte sei gentile, a volte sei odioso».

Lui non risponde.
«Puoi tornare indietro. Dove devo andare?» chiedo quando arriviamo ad un bivio.
«Quattro se la può cavare anche senza di me» dice seccamente «Di qua».
Mi afferra il polso e mi guida, o meglio mi tira, lungo un tunnel ancora più buio del precedente.

«Ho appena affrontato una simulazione, probabilmente il siero sta facendo ancora effetto e tu mi porti in un tunnel che mette i brividi» dico sottovoce mentre ci addentriamo nell'oscurità «Hai deciso di volermi uccidere, alla fine?».
«L'avrei già fatto, Pacifica» risponde.
«Buono a sapersi».

«Come ti sei classificato nella tua classe?» chiedo cercando di distrarre la mia mente.
«Secondo» risponde con rabbia.
«E chi si è...» comincio a domandare. Ma poi mi blocco «Ah aspetta, Quattro?».
Eric stringe la presa sul polso, facendomi quasi male.
Ho indovinato.
«Per questo sei così ben disposto nei suoi confronti?» sogghigno.
Lui sbuffa.

«Quindi presumo abbiano offerto a Quattro il tuo posto e che lui abbia rifiutato. Tu invece sei crudele, adatto al ruolo. Fila tutto. Però sei comunque secondo e non ti va giù» continuo, riflettendo ad alta voce.

«Se non chiudi quella bocca te la chiudo io» minaccia aumentando il passo.
Fatico a stargli dietro ora, e ad ogni passo rischio di inciampare. Tra bivii e tunnel vari non saprei tornare indietro.
«Eric, rallenta o mi verrà un attacco di panico» lo avviso sentendo l'ansia crescere in me. Questo percorso al buio non mi aiuta.
«Non sto scherzando» aggiungo sottovoce.

Lui rallenta davvero e io sospiro di sollievo.
«Siamo arrivati» annuncia mentre sbuchiamo in un posto talmente rumoroso che inizialmente non capisco dove siamo.
Ma poi vedo l'acqua. Siamo vicini al fondo dello strapiombo, la corrente produce uno scroscio che supera tutti gli altri rumori.

Osservo gli scogli e l'acqua che si abbatte su di essi. In qualche modo è affascinante. E terribilmente pericoloso.

Eric mi lascia il polso ma poi mi porge la mano.
Lo guardo, guardo quei suoi occhi azzurri che come calamite catturano i miei.

«Aimeen, prendi la mia mano e fidati di me» mi incoraggia.
«Fidarmi di te? Un giorno sei quasi simpatico, il giorno dopo mi deridi davanti agli altri trasfazione. Perché dovrei fidarmi di te?» chiedo scettica, incrociando le braccia sul petto.
«Era per evitarti problemi. Vorresti che gli altri pensassero che in qualche modo ti aiuto? Oppure che il temibile Eric ti odi tanto quanto loro?». I suoi occhi non si staccano dei miei.

Non voglio credergli, ma so che ha ragione. Se lui fosse gentile con me, o perlomeno meno crudele del suo solito, e se dovessi in qualche modo avere buoni risultati penserebbero che mi stia aiutando.
Il che non è affatto vero. In realtà mi confonde.

«Tu non mi aiuteresti mai» mormoro scrutandolo «Non è nella tua natura».
«Cosa ne sai?» ribatte.
Alzo le spalle, poi mi arrendo e allungo la mano per metterla nella sua.
Mi sorride, o almeno cerca di farlo.

Si fa strada tra gli scogli, aiutandomi a seguirlo.
Si ferma su un masso più grande degli altri e abbastanza liscio, si siede. Io lo imito, sedendomi così vicina a lui che le nostre spalle si sfiorano.
Un brivido mi percorre, e so per certo che non si tratta di un brivido di freddo.

«Quando ho voglia di allontanarmi da tutti vengo qui» dice facendo un cenno con la testa verso l'acqua davanti a noi.
«È bello, pericoloso ma affascinante» dico guardando l'acqua salire e scendere, i suoi spruzzi bagnare la roccia.
«Un po' come te» sussurro pianissimo.
Le sua mano si muove e le sue dita si intrecciano alle mie. Mi giro a guardarlo, i suoi occhi mi osservano curiosi. Ha sentito.
Arrossisco.

«E come te» scandisce lui.
Ci guardiamo senza dire niente.

«Io non sono pericolosa, e nemmeno affascinante» rispondo infine.
«Sei imprevedibile. Una Pacifica che sceglie gli Intrepidi, che salta per prima, che sfida il suo istruttore è imprevedibile, e quindi pericolosa. E affascinante per lo stesso motivo» spiega.

«Io non sono imprevedibile» dico facendo una smorfia «Me ne sono andata proprio perché non era il posto giusto per me, spero lo sia qui».
«Questa è casa tua» dice lui.
Mi giro a guardare l'acqua. «Questa è casa mia» confermo appoggiando la testa sulla sua spalla.

«Non ho mai voluto sfidarti» dico dopo un po' «In realtà avevo paura di te e allo stesso tempo non volevo averne».
«Però è divertente stuzzicarti» aggiungo osservando le nostre mani intrecciate.
«Quanto per me lo è terrorizzarti» risponde.

«Non ho più paura di te» confesso alzando la testa e voltandomi per vedere i suoi occhi.
«Credo che tu non abbia mai avuto paura di me, Pacifica» mormora inchiodandomi con lo sguardo.

Stacco con fatica gli occhi dai suoi e osservo il suo volto. Alzo la mano e titubante la avvicino al suo viso, sfiorando il piercing che ha sul sopracciglio.
Eric non mi ferma, ma chiude gli occhi. Sembra quasi vulnerabile ora.
Scendo ad accarezzargli la guancia e poi passo alle labbra. Sfioro il cerchietto freddo di metallo che ha sul labbro inferiore.

Eric spalanca gli occhi e li fissa nei miei.
Un brivido mi percorre quando la sua mano, quella che non sto stringendo, si posa sul mio collo.
Un istante dopo la mano che stringeva la mia si stacca e va a posarsi sul mio fianco. Leggera.

Osservo il suo viso avvicinarsi piano al mio. Mi lascia tutto il tempo per allontanarmi, ma io non lo faccio.
Chiudo gli occhi e aspetto quel contatto che tanto desidero.
E quando finalmente le sue labbra si posano sulle mie, scopro che Eric sa baciare con una delicatezza che mai gli avrei attribuito.

Una scelta per sempreWhere stories live. Discover now