Capitolo 29. (Sequel)

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Jason's pov.

La meta che stai cercando di raggiungere, a volte può risultare la più grande fatica che tu possa affrontare in tutta la tua vita.
Non è sempre così semplice, ammettere a se stessi di aver bisogno di qualcuno che ogni tanto ci tiri su, ci dia una mano a risalire da questo grande buio che sembra non voler mai andare via.
La luce, lei non si fa mai trovare da me. Sembra giocare a nascondino, sembra volermi mettere alla prova. Ma questo dolore, per quanto ancora mi trapasserà il cuore?

Osservo molto attentamente la vista che mi si presenta davanti agli occhi: una magia.
Inspiro profondamente, chiedendomi quale sia la cosa giusta da fare e continuando ad osservare l'imbrunire.
Volto lo sguardo verso il cielo, chiudendo gli occhi e godendomi la piacevole brezza di vento che mi sfiora il viso.
Li riapro di colpo, pensando a colei che in questo momento sono quasi certo mi stia guardando.
Perché, mamma, non mi hai mai detto nulla? Perché hai tenuto nascosta a tuo figlio una cosa simile? Ma forse me lo merito, me lo merito per tutto il male che ti ho fatto.
E te lo devo. La chiamerò, mamma. La chiamerò per te. Non so come si evolveranno le cose, ma mi hai sempre insegnato a non mollare. Non lo farò proprio adesso, non adesso che abbiamo entrambi bisogno l'uno dell'altra.

Dopo interminabili minuti, estraggo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Digito molto lentamente quelle cifre, che mi paiono così infinite. Premo il tasto verde per avviare la chiamata: le dita tremano, la gola è secca.

«Pronto? Chi parla?» la flebile voce dall'altro capo del telefono assomiglia così tanto alla sua. Rimango in silenzio, non sapendo cosa dire.

«C-ciao» è un suono tremolante, insicuro.

Attimi di silenzio regnano. «Jason, sei proprio tu?»

Inspiro profondamente. «Sì, ehm...»

«Amanda...» si ferma. «È il mio nome.» sussurra poco dopo.

Un lieve sorriso compare sulle mie labbra. «È davvero un bel nome, Amanda.»
Mi sento come se tutta la rabbia avuta fino a quel momento fosse svanita tutto d'un tratto.

«Samantha deve averti dato il mio numero, a quanto pare.»

Sospiro, sentendo pronunciare quel nome. Quel nome così maledetto, ma anche quello stesso nome che porta una persona importante: la mia salvatrice da una vita intera.
Se non ci fossimo conosciuti quel giorno, prima o poi sarebbe comunque successo, è il nostro destino.
Me la ricordo ancora, con quel maledetto vestito con motivi floreali, così orrendo. Eppure, lei era bellissima comunque. Lo è sempre stata. Era bella, bella davvero. Era bella nella sua semplicità.
E non posso lasciarmela scappare, ma prima ho alcune cose da risolvere, devo completare i pezzi del mio puzzle.

«Sì... Dove ti trovi esattamente?» chiedo incerto.

Non appena mi riferisce la posizione in cui si trova, salgo sulla macchina, facendomi forza e continuando a sperare.
Il viaggio è insolitamente calmo, la velocità è costante, forse fin troppo lenta. Lenta per via dei pensieri che mi tormentano, che gettano la mia mente in qualche lato buio della mia anima.

Arrivato, dopo un tempo che mi è parso interminabile. Osservo molto attentamente la piccola casetta che mi si presenta davanti: è bianca, molto accogliente anche all'esterno, con un giardino colmo di fiori a circondarla.

Sei sempre stata così vicina, eppure non ti ho mai avuta realmente vicino.

Prendo un lungo respiro, ripetendo a me stesso che andrà tutto bene, che tutto ciò non è un sogno, ma la realtà. È la mia felicità.

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⏰ Last updated: Jun 27, 2017 ⏰

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