Capitolo 24.

5.5K 301 2
                                    

Samantha.

Qualcuno mi scuote la spalla. Apro lentamente gli occhi, e vedo Logan, davanti a me, più agitato del solito.

Avrei voluto che non mi svegliasse, non ho dormito per niente bene, i pensieri e gli incubi continuavano ad aggrovigliarsi fra di loro, e sembrava come se si attaccassero al cervello, e non volevano più sapere nulla di andare via.

Mi alzo diritta, e osservo Logan negli occhi, aspettando che mi dica qualcosa.

A quanto pare non si decide ad aprire la bocca.

«Sei stato qui tutta la notte?» chiedo.

«No... Cioè si... Per poco.»

Non faccio in tempo a chiedergli spiegazioni, che lui riprende fiato e continua.

«Sono stato in corridoio, con Kriss, e devo dire che non si è per niente ripresa.»

Oh.

«Mi... Mi dispiace.» cerco di dire con il tono più sicuro possibile.

In questo momento mi sento una persona orribile. Non avrei dovuto permettere che lei soffrisse così tanto, e mi chiedo ancora se Jason si è ridotto così davvero per colpa mia.

Faccio un lungo sospiro, e mi alzo dirigendomi verso la sedia vicino al letto di Jason, prendendogli la mano e portandomela alla guancia.

Una strano sensazione mi ripercorre lungo la schiena, non avevo mai sentito un suo tocco così delicato. Semplicemente perché lui... Beh, perché lui non è il tipo da "tocchi delicati", ecco tutto.

Logan non ha più detto nulla, dopo pochi minuti è uscito dalla stanza, probabilmente stava andando da Kriss.

Mi avvicino all'orecchio di Jason, vorrei dirgli talmente tante cose da rimanere senza fiato, e vorrei permettere alle lacrime di poter scorrere liberamente lungo il mio viso, ma non posso.

Mi resta solo da sperare che si riprenderà.

«Resti con me?» gli sussurro.

Si apre la porta, mi volto di scatto, e osservo l'infermiera che si avvicina a piccolo passi.

«Non si è ancora svegliato?» chiede in tono indifferente.

Faccio di no con la testa, lei punta i suoi occhi freddi sui miei, e dice : «Forse dovrebbe riposarsi un po', signorina.»

Annuisco lentamente, stacco la mano da quella di Jason e mi dirigo verso la porta. Gli do un'ultima occhiata prima di richiuderla dietro di me.

Posso immaginare il mio aspetto in questo momento. Se mia madre fosse qui mi direbbe che non è questo il modo di porsi al pubblico.

E che pubblico, poi.

Faccio un lungo sospiro, e osservo le diverse sedie posizionate in file da cinque, tutte quante di colore giallo, e tutte quante rovinate. La plastica non è in ottima forma.

Mi siedo su una di esse, e in poco tempo mi riaddormento.

Jason.

Il cuore ricomincia a battere come prima, il sangue inizia di nuovo a circolarmi nelle vene.

Sento come un fiore sbocciarsi dentro di me.

Apro gli occhi, molto lentamente, quasi per paura di sapere che cosa mi aspetta, in questo schifo di mondo.

Osservo l'orologio appeso al muro. Sono le dieci.

La mia vista è ancora annebbiata, cerco di passarmi una mano agli occhi, e poi noto tutti quei fili, e capisco dove sono.

Tutto torna alla mente.

-

«Forza Jason, se continui così ti ucciderai. Potresti semplicemente scopare con me, al posto di ubriacarti.»

«Vattene Jenny. Non penso che questi debbano essere problemi tuoi.

«Fa' come ti pare.»

Porto una, due, tre, quattro bottiglie alla bocca. Le vedo finire, una dopo l'altra, e a ogni lungo sorso che mandavo giù, buttavo una pillola in gola. Faceva così... Male.

Avevo appena perso Samantha, ma non avevo pensato solo a lei. Era la seconda persona che perdevo in vent'anni, ma questa volta risultava ancora più doloroso.

Poi caddi a terra, e vidi il buio.

-

La porta si apre lentamente.

Un grande crocchia spettinata compare sulla soglia, insieme a un volto consumato.

Cerco di sforzarmi di capire chi è. Mi stropiccio gli occhi e la vedo.

Il mio cuore manca un battito, e il fiato mi si blocca in gola.

«Samantha.» la bocca è asciutta, la voce è più roca del solito, e sento le corde vocali spezzarsi.

Lei rimane impietrita, immobilizzata, e d'un tratto la vedo sbiancare, come se avesse appena visto un fantasma.

Fa un lungo, lunghissimo passo verso di me. Ma poi si ferma di colpo.

Allunga una mano verso di me, come per constatare se sono vero oppure no.

Cerca di ritrarla subito, ma io gliela afferro.

«Vieni qui, ti prego.» dico con l'ultimo filo di voce che mi è rimasto.

Sembra incerta, come se avesse paura. Si avvicina lentamente, e ancora di più.

Quando è a mezzo metro da me scoppia a piangere, i suoi occhi si riempiono di lacrime, che le rigano le guance. Non voglio vederla così.

La avvicino di più a me, permettendole di posare la sua testa sul mio petto.

I suoi capelli mi provocano solletico al mento, ed emanano un profumo di vaniglia.

Inspiro più a fondo, voglio imprimermi il suo profumo nella mente, così quando sentirò la sua mancanza, e lei non sarà con me, mi sembrerà di sentire il suo profumo, sempre e ovunque.

Ricordatelo Jason, prima o poi se ne andrà, anche lei. Devi starle lontano.

Samantha sembra aver smesso di piangere, e con la voce spezzata riesce a dire : «Devi riposarti. Ma promettimi una cosa.» dice stendendosi nel letto vicino a me.

«Cosa?» chiedo spaventato.

Riappoggia la testa sul mio petto, e mi fa sentire pieno di vita.

«Che quando mi sveglierò sarai ancora qui, come la prima volta che sei rimasto. E che affronteremo tutto insieme, tutto

Sento tremarmi le mani, mentre la abbraccio. Le sue parole sono così profonde, ma anche così... Impossibili da realizzare.

Vorrei tanto poterle dire che cosa mi passa per la testa, ma sono sicuro che la farei soffrire ancora di più, e che questa sarebbe la volta buona per farla scappare da me.

Deglutisco con fatica, e annuisco.

Dopo pochi secondi il suo riposo si fa sempre più pesante. Appoggio la testa sulla sua.

«Ti proteggerò, te lo prometto.» le sussurro.

Mi addormento, col suo profumo in testa, e i nostri corpi a contatto l'uno con l'altro.

Perfettamente sbagliatoWhere stories live. Discover now