Capitolo 2. (Sequel)

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Avanzo decisa fra tutti i tavolini, col mio lungo vestito ingombrante.

Jason si alza e mi viene incontro. È davvero carino con lo smoking, e mi ritengo fortunata a poterlo vedere vestito così. L'unica volta in cui l'ha indossato in mia presenza è stato al matrimonio di mia madre, e tuttora gli sta maledettamente bene.

Lo abbraccio all'istante, inspirando parte del suo profumo.

«Sei bellissima.» sussurra vicino al mio orecchio, procurandomi una lunga scia di brividi.

«Grazie, anche tu.» dico timidamente.

Mi prende delicatamente la mano, trascinandomi fino al tavolo ordinato da lui.

È decorato perfettamente : due candele al centro separate da una rosa immersa in un piccolo vaso di vetro. I tovaglioli e i piatti hanno diverse decorazioni floreali, e lo stesso vale per i bicchieri.

«Non ti credevo così romantico.» dico ridacchiando.

«Beh, sono romantico soltanto con le persone che amo.»

Il mio cuore manca un battito, è sempre così dolce. Ripenso al discorso che mi ero formulata durante il tragitto fino a qui, con l'aiuto di Kriss.

La cosa sembra non aver funzionato, perché mi sento come se la mia mente abbia dimenticato tutto.

Faccio un lungo sospiro, prima di riconcentrarmi su di lui.

Sta torturando il colletto della camicia, ed è terribilmente teso.

«Tutto bene?» chiedo con un velo di preoccupazione.

Annuisce, mostrandomi un sorriso tirato.

«Ho ordinato anche per te.» dice cercando chiaramente di cambiare argomento.

«Sei sicuro di stare bene?»

Annuisce di nuovo, prima di abbassare la testa.

«È solo che... Uhm, dovrei parlarti.»

Non so se preoccuparmi e iniziare ad agitarmi, oppure mostrare tutta la calma possibile.

Lo incito a parlare gesticolando con le mani, ma la cosa non mi rasserena per niente.

Apre la bocca, per poi richiederla all'istante, appena la cameriera si fa strada con i piatti in mano.

Perché in questo momento?

Jason le mostra un grande sorriso, e io gli lancio uno sguardo truce, anche se sembra non accorgersene.

Osservo il cibo che mi ha appena posato sotto il naso, e solo a sentire parlarne mi viene la nausea.

Appena la ragazza torna sui suoi passi Jason inizia ad accennare qualcosa.

«Okay, non so come dirtelo, ma... non ci girerò troppo intorno.» dice per poi fermarsi e guardarmi negli occhi.

«Mi hanno offerto un lavoro, e verrei pagato anche bene.» aggiunge.

«Wow, è grandioso. E perché sei così agitato?» chiedo senza distogliere il mio sguardo dal suo.

Inizio a mangiucchiare qualcosa della strana pietanza che ho nel piatto.

«C'è un problema...» inspira profondamente. «Non si tratta di un semplice lavoro qualsiasi. Mi hanno messo a capo di un'azienda, e... Insomma, dovrò trasferirmi, e si tratta di un paio di chilometri.»

Rischio quasi di soffocarmi a quelle parole.

«Trasferirti?» chiedo retorica.

«Sì. Si tratta di Londra.»

«Cosa!?» spalanco la bocca. «Jason ma ti rendi conto? Saranno più di 2000 chilometri di distanza! E poi quando dovresti partire?»

Lui sospira di nuovo. «Tra due giorni.»

«E quando pensavi di dirmelo? Dai, non credo che ti abbiano fatto questa proposta ieri, o addirittura oggi.»

Fa cenno di no con la testa. «No, infatti. Me l'hanno detto circa un mese fa, ma potremmo andarci insieme, e...»

Lo interrompo prima che lui possa finire la frase. «È uno scherzo, vero? Io non andrò da nessuna parte con te, non in queste condizioni! Non puoi arrivare due giorni prima di partire e dirmi addio. Perché lo sai che non posso venire con te... io qui ho tutto, e senza contare che devo oltretutto finire gli studi. Non puoi chiedermi questo, Jason.»

Senza rendermene conto mi sono alzata dal mio posto, e le lacrime hanno iniziato a scendere sul mio viso, rovinando così tutto il duro lavoro di Kriss.

Non mi importa di tutti gli sguardi che ho addosso. Non mi importa di chi mi sta guardando con pietà. Vorrei soltanto svegliarmi e capire di essere stata in un brutto sogno.

«Samantha, fammi parlare... non dovrai venirci adesso. Potrai finire gli studi con calma, e appena sarai pronta potresti venire a trovarmi, e stare lì con me per sempre.» dice con un velo di speranza sul volto, come se io possa davvero accettare tutto ciò.

«Non se ne parla, Jason. Non verrò con te per allontanarmi da tutto quello che ho qui.»

Sembra essersi rassegnato. «Io ci ho provato, ma se non vorrai venire non ti costringerò.»

«Quindi le nostre strade si dividono qui?» chiedo ancora tra le lacrime.

Non ricevendo una sua risposta non aspetto un solo attimo di più per fiondarmi fuori da questo maledetto posto.

Voglio solo andare a casa, dormire e riflettere su tutto quello che mi ha detto.

Due giorni, ho ancora due giorni per pensarci.

Il cuore mi piange ulteriormente, se solo penso che credevo che avremmo potuto creare un nostro futuro, ma mi sbagliavo. E non sono nemmeno riuscita a dirgli che aspetto un bambino.

Ma forse è stato meglio così, perché so che non lo accetterebbe mai. Ha già tutta la sua vita divisa nei minimi dettagli, schematizzata. A quanto pare io non ne faccio parte.

L'aria fredda circola in tutte le ossa del mio corpo. Non ho nemmeno una giacca per coprirmi.

Vorrei chiamare Kriss, per maledirla in tutte le lingue per avermi obbligata a venire. Poi magari le chiederei anche un passaggio fino al dormitorio, ma non ho il telefono con me.

Faccio un lungo sospiro, prima di convincere me stessa che dovrò andare a casa a piedi, e non so nemmeno quando arriverò.

Mi guardo intorno, e intravedo una macchina che mi è familiare.

Mi avvicino lentamente, e quando il finestrino si abbassa sussulto un attimo, ma mi rilasso subito alla vista del conducente.

«Travis...» dico quasi in un sussurro.

Sono più di due mesi che non ho più sue notizie, non l'ho nemmeno più visto in giro e neanche a scuola.

«Ciao, Samantha.» dice sorridendo.

Lo osservo ancora per qualche secondo, notando quanto si sia fatto terribilmente bello, anche se già prima avrebbe fatto invidia a tutti.

«Come stai?» chiedo rompendo il silenzio.

«Oh, io bene. Tu invece?»

Faccio spallucce, perché non so cosa dire. È come se le parole mi si siano spezzate.

Non voglio ammettere che sto male, sarebbe come pugnalarmi al petto.

Fingo un falso sorriso, prima di dire : «Beh, è stato bello rivederti. Ciao.»

Faccio per girarmi, per rimettermi sui miei passi, quando un braccio mi ferma.

Mi volto di scatto sobbalzando a quel contatto. «Ti accompagno a casa.» dice mostrandomi un sorriso enorme.

Annuisco, prima di salire sulla sua macchina.

Sono stata stupida a lasciarlo andare via così, per rimpiazzarlo a Jason. Forse lui mi avrebbe potuto dare tutto quello di cui avevo bisogno.

Perfettamente sbagliatoWhere stories live. Discover now