Sessantuno.

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Quindici luglio.
Aereo per Los Angeles.

"Fa' la brava, piccolina."
"Sì mamma, sarò in buone mani questa settimana."
"Lo spero. Attenta a lui."

Intendeva Shawn, ma non doveva preoccuparsi. Ero sicura di poter sistemare tutto.

Il viaggio durò pochissimo: solo il tempo di addormentarmi.
Chiusi gli occhi ancora a Roma e li aprii ad una mezz'oretta dall'atterraggio.

Addormentarmi in aereo ormai era di routine. Addormentarmi in genere. Dormivo dappertutto.
Ma dettagli.

Arrivata a terra, ritirai la mia valigia e mi diressi fuori dall'aeroporto, impegnandomi a non perdermi in quella massa di gente.

La jeep di Nash mi aspettava fuori, allo stesso posto.
Lui uscì velocemente e corse verso di me.

"Nash!" Lo abbracciai forte, rischiando di cadere.
"Mi sei mancata un casino!" Disse lui strofinandomi la schiena, come sempre.
"Pure tu. Che cosa asfissiante!" Sorrisi.

Cameron scese dal lato passeggeri e Hayes dallo sportello di dietro.

"Coetaneo!" Urlai saltandogli addosso.
"Cosa hai fatto ai capelli?" Mi urlò lui.
"Li ho tagliati."
"Grazie a non sai cosa."
"Tu mi fai domande sceme."
Scoppiammo a ridere come due deficienti.

Sentii cingermi i fianchi.
"Ma buongiorno."
"Cameroooooon!" Gli scoccai un bacio sulla guancia e lo abbracciai.
Lui mi strinse forte a sé.

"Ti porto a casa, così ti cambi." Sorrise Cameron.
Ma quanto era bello.

Saremmo stati tutti e quattro a casa di Cameron per una settimana, perché non volevano che io stessi in hotel da sola.
Che teneri.

~

"Ma è immensa!"
"Beh mi fa piacere che ti piaccia la mia umile dimora."
"Fai meno il cretino." Risi.

Salii nella mia camera e andai in bagno a farmi una doccia.
Appena chiusi l'acqua sentii suonare il campanello, ma non ci diedi peso.
Avevo bisogno di rilassarmi.

Indossai un paio di pantaloncini a vita alta, una canotta nera e le Superstar e mi avvicinai alla porta.

Nell'aprirla sentii una voce di ragazza mai sentita prima.
"Prima di partire ho chiesto a Shawn di portarmi da voi per salutarvi. Ci vediamo tra due settimane."

Era una voce stridula, gracchiante. Dava fastidio alle mie orecchie.
Ma andiamo oltre.

"Non dovevi, Amy, davvero." Riuscii a percepire da lì lo sforzo di Nash di sorridere.
Evidentemente questa Amy gli stava antipatica.

"Beh, Shawn, amore mio, mi accompagni alla stazione?"
"Certo amore."

Quella voce.
Quelle parole.
L'ultima volta, dal vivo, le aveva dette a me.

Rientrai nella mia stanza sbattendo la porta, forse un po' troppo forte.
Mi buttai a peso morto sul letto.

Non piansi, ma ero tentata.
Shawn si era fidanzato.
L'avevo perso per sempre.

No promises. [S. M.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora