Sette.

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"Vuoi bere qualcosa?"
Shawn interruppe l'imbarazzante silenzio che era calato tra noi. Silenzio di parole, perché la musica era fortissima e dovevamo aprire la bocca come dei ritardati per capirci.

Era lì, di fronte a me, che percorreva con lo sguardo tenue le righe grigie che spiccavano dal marmo nero del bancone. Era spento. Strano.

Non sembravo una di molte parole, ma non fraintendiamo: parlavo tantissimo e a raffica, di solito, ma con le persone che non conosco sembravo davvero timida.

"No, grazie. Non bevo."
Ero astemia. Non ho mai condiviso il bere, il fumo, la droga. Amavo così tanto la vita che, avvelenarsi in quel modo, mi pareva più doloroso del suicidio. Almeno quello durava pochi istanti.

"Nemmeno io." Rispose Shawn mentre prendeva in mano il suo braccialetto. La domanda sul perché mi avesse chiesto di bere quando lui non mi avrebbe comunque fatto compagnia mi aleggiò nella mente.

Mi soffermai ad osservare quel ragazzo tanto strano.

Era bello. Aveva un ciondolo a forma di plettro, come quello attaccato alla collana che non mi toglievo mai.

Lo guardavo.
Non riuscivo a non farlo. Avevo occhi solo per lui.
La bellezza gli usciva dai pori della pelle anche quando se ne stava lì, a far nulla.

Non lo nascondo, stavo iniziando a fantasticare su una nostra impossibile amicizia, su una nostra impossibile affinità.

Il lavoro avrebbe potuto unirci, doveva in qualche modo unirci.

"Qualcosa non va?" Interruppe, con una scintilla negli occhi che li rendeva ancor più belli.
"Perché non dovrebbe?"
"Mi guardi in modo strano..."
Se n'era accorto. Merda.
"Non volevo. Stavo pensando a cose stupide."

Non lo erano però. Era ciò in cui speravo di più in quel momento.
Anche lui mi stava guardando, mentre mi giustificavo.

"La collana." Disse.
Non lo capivo.
Sembrava strano, molto più imbarazzato rispetto alla mattina.

Quello era lo Shawn della vita reale, quel ragazzo timido e impacciato. Non lo Shawn Mendes sicuro di sé e tranquillo, ed esibizionista sul palco.

"La collana?" Chiesi.
"Sì, ha un plettro, suoni la chitarra? Parlami di più di te."Avevo capito. Cercava di aggrapparsi a qualcosa per parlare. Dovevo agganciare qualche discorso.

"Beh sì, da quando avevo dieci anni. Canto anche un po' ma non ai tuoi livelli, ovviamente."
Brava Angelica, leccagli il culo così si schifa, mi rimproverai.

"Dovrebbe dirlo una persona esterna che se ne intende. Tipo me."
"E come vorresti fare ad ascoltarmi?"
"Oh, si potrebbe uscire, fare due passi, o incontrarci nella mia stanza d'hotel. La mia chitarra alloggia nella mia stessa stanza d'hotel."

Mi aveva indirettamente proposto di rivederci. Ma non colsi subito quella sfumatura. Pensavo scherzasse. Pensavo volesse prendermi in giro.

La porta della stanza insonorizzata cigolò. L'omone di colore ci fece cenno di entrare. Shawn si alzò in piedi, si abbassò il lembo della maglietta e si voltò verso di me, facendomi segno di seguirlo.

No promises. [S. M.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora