«Apollo, lascia che le donne parlino da sole» aggiunse.

«Come desideri» annuì, per poi camminare in un'altra direzione.

«Divina Afrodite» salutai.

Per quanto fosse una dea che reputavo di poca importanza, era una delle poche che non mi aveva mai dato fastidio.

«Oh, Harper, che impresa è stata» esclamò «Quanto dolore, quanta paura... e quanto amore!».

Corrugai immediatamente le sopracciglia.

«Amore?» ripetei, incredula.

«Ma certo, mia cara. Ci vuole amore per compiere certi gesti» sorrise.

E, come se si chiamassero, lo sguardo mio e di Percy si incrociarono. I suoi occhi verdi si tuffarono nei miei, scuri come il terriccio bagnato. Rimanemmo interdetti a guardarci, io mentre parlavo con Afrodite, lui con Apollo.

«Dovresti dirglielo, sai» mi disse la dea.

«Di che cosa parla?» domandai, anche se conoscevo già la risposta.

«Del fatto che ti piace» concluse lei.

Strabuzzai gli occhi.

Certo, me ne ero resa conto, ma sentirlo confermare da qualcun altro - dalla dea dell'amore, poi! - era tutt'altra cosa. Lo rendeva più... reale.

«Coraggio, cara, va'» mi spinse Afrodite.

Le lanciai un ultimo sguardo, che lei ricambiò con un sorriso rassicurante.

Allora mi decisi: glielo avrei detto.

Inizia a camminare verso Percy, che intanto aveva smesso di parlare con il dio del sole. Lo notai girarsi e iniziare a venirmi incontro, anche lui con un'espressione seria sul volto.

Ma, prima che potessimo raggiungerci, entrambi venimmo intercettati dai nostri padri.

Ares, con tutta la sua possente stazza, mi si piazzò davanti, coprendomi del tutto la visuale del figlio di Poseidone. Provai a carceralo con lo sguardo alle spalle di mio padre, ma mi fu impossibile visto tutto lo spazio che occupava.

«Sei stata brava, Nanetta» mi disse.

«Non voglio parlare con te» ringhiai.

Cercai di fare qualche passo avanti, superandolo, ma lui mi afferrò per le spalle e mi tenne ancora al pavimento.

«Toglimi le mani di dosso» dissi a denti stretti.

Lui fece come aveva detto, gli occhi sempre nascosto dietro alle lenti degli occhiali da sole. Non aveva nemmeno il coraggio di guardare dritto nei miei, senza alcuno strato a proteggerlo.

«Nom credevo che saresti riuscita davvero a sostenere il peso del cielo» ammise «Mi hai sorpreso. Questo dimostra solo di più che sei proprio mia figlia».

Sorrise, con quei denti accecanti per quanto erano bianchi.

Mi sentii accapponare la pelle, mentre un formicolio fastidioso mi invadeva i palmi delle mani.

𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓𝐁𝐔𝐑𝐍,    percy jackson ¹ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora