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Erano passati cinque giorni dal compleanno di Tim e i telegiornali, in diretta sulle televisioni accese in ogni casa, parlavano di diminuire le restrizioni, abbassare le difese, fare di nuovo capolino alla vita, ma senza perdere totalmente quella prudenza che aveva permesso nei limiti del possibile di contenere la diffusione del virus.

Di lì a qualche giorno probabilmente avrebbero permesso le visite ai coniugi, o comunque ai familiari chiusi in case diverse dalle proprie.

Emma ascoltava con la testa posata sulle gambe di Tim, intento a fumarsi una sigaretta dopo cena sul divano.

"Sembra che la situazione stia migliorando." Mormorò lui, con gli occhi fissi sulle immagini alla televisione.

"Dici?" rispose la ragazza, voltandosi verso Timothée, dando le spalle al notiziario, rifugiandosi tra le carezze delle dita di lui che si infilavano nei suoi capelli sciolti sulle ginocchia.

Il ragazzo spostò l'attenzione su quel piccolo viso accostato al suo ventre, la pelle, leggermente colorita dai pomeriggi passati in terrazzo a prendere il sole, era spruzzata di lentiggini insolenti che le davano un ché di infantile. Anche Tim si era riscoperto con il naso invaso da piccole macchioline marrone chiaro che si mescolavano ai suoi nei. Come se quei mesi chiusi in casa avessero avuto il potere di bloccare lo scorrere del tempo, facendoli tornare due bambini che si scoprivano per la prima volta.

"Che c'è, Lombardi?" chiese, scorgendo il velo di preoccupazione che aveva increspato le sopracciglia di Emma sopra la fronte.

Lei sospirò, stringendosi un po' di più contro di lui, inalando il suo profumo per infondersi quella calma che soltanto lui sapeva donargli. Cercò di accostare l'orecchio alla sua pelle, per distinguere quello che si muoveva all'interno del corpo del ragazzo, per cercare il battito del suo cuore, metronomo costante che scandiva lo scorrere della sua vita.

"Vorrei poter restare così per sempre. Non voglio tornare alla normalità."

"Ne abbiamo già parlato..."

Ne avevano parlato per delle ore, mentre Timothée cercava di frenare le crisi di panico che assalivano Emma ogni volta che la minaccia del mondo reale tornava a insinuare i suoi sogni e i suoi pensieri.

"Lo so. Ma non posso farci niente." Disse chiudendo gli occhi e scacciando dalla mente quel fatidico giorno in cui tutto sarebbe cambiato.

Tim le passò una mano sulla guancia, sfregando il pollice contro il suo zigomo liscio e vellutato.

"È soltanto l'idea del cambiamento a spaventarti, Emma. Vedrai che il giorno che temi tanto sarà una passeggiata in confronto a tutte le fantasie che ti affollano la testa. Ci faremo una grande risata quando ripenseremo a tutte queste cazzate."

Lei alzò gli occhi su di lui, e lui sorrise. Se avesse saputo che quello era uno degli ultimi sorrisi che avrebbe visto, forse Emma gli avrebbe dato molta più importanza, soffermandosi un po' di più in quella pieghetta che faceva l'angolo della bocca contro il neo sulla pelle, o quell'irresistibile fossetta beffarda che si formava sulla guancia. Invece, come per ogni cosa data per scontata, lo lasciò andare facilmente, abbassando lo sguardo sul collo di Tim, toccandogli la gola, subito sotto il mento, con i polpastrelli della mano e contando ad uno ad uno l'insieme di piccoli nei, che si spandevano sul lato. Le sue dita saltellarono come un paio di gambe che attraversano un ruscello, balzando su piccoli sassi a pelo d'acqua.

"Questi nei sembrano la costellazione dell'Orsa Maggiore." Disse sovrappensiero, davanti agli occhi un cielo nero stellato.

"Lombardi! Mi sorprendi sempre di più! Tu conosci le costellazioni?" la sbeffeggiò, punzecchiandola con la mano sui fianchi e rubandole una risata.

TOUCHWhere stories live. Discover now