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Emma non riusciva a credere alle parole di sua madre. La sentiva lontana, nella minuscola cassa che immaginava essere all'interno del suo iPhone ultima generazione, dove la voce di sua madre sembrava trasformarsi in qualcosa di irreale e robotico, quasi metallico. Forse quello che sentiva non era reale, forse faceva tutto parte di un gigantesco scherzo messo in piedi apposta per lei. Uno scherzo che non la faceva sorridere neanche un po'.

"Emma, non preoccuparti..."

"Come fai a dirmi di non preoccuparmi? Mio padre ha il covid e non dovrei preoccuparmi? Come sta?"

"Non mi permettono di vederlo, tesoro..."

"Ma che stronzata è questa? Tu sei la moglie, perché cazzo non te lo fanno vedere?"

Avvertì la voce di sua madre cominciare a cedere. Stava iniziando ad incrinarsi, battuta dai singhiozzi che premevano forte in gola per uscire.

"È complicato, Emma. È in terapia intensiva, non respirava bene..."

"Ommioddio..." la ragazza nascose il viso tra le mani, abbandonando il cellulare sulle gambe piegate, mentre seduta per terra cercava di allontanare questo incubo dalla sua vita. Sentì la voce di sua madre in lontananza, come provenire da un altro mondo. Afferrò di nuovo il telefono, portandolo all'orecchio; percepiva le braccia prive di forza, come fossero fatte di gomma sciolta.

"Gli ho detto che lo odiavo." Bisbigliò fissando un punto indefinito davanti a sé.

"Lo sappiamo che non lo pensavi." La tranquillizzò sua madre. Ma non sapeva che in quel momento Emma lo aveva pensato davvero e adesso il senso di colpa stava cominciando a divorarla da dentro, sgranocchiando pezzo per pezzo ogni osso del suo corpo.

"Ti chiamo appena so qualcosa di più. Ti prego, Emma, cerca di stare tranquilla. Vedrai che risolviamo tutto. Andrà tutto bene."

"Sì." Chiuse la conversazione con la madre prima di aggiungere: "Ma nel frattempo porca troia."

Si raggomitolò per terra, stringendosi le braccia al petto, provando ad imprimere sulla pelle una sorta di abbraccio, quell'abbraccio che aveva sentito fuori sul terrazzo, ma che adesso si era dissolto con la chiamata di sua madre. Non poteva pensare all'idea di suo padre, solo in un letto di ospedale, con la maschera dell'ossigeno a tappargli il viso, un viso così simile al suo. Come provava a chiudere gli occhi, quell'immagine la ossessionava e le faceva sobbalzare il petto per i singhiozzi.

Si alzò da terra, si mosse a passi svelti verso la cabina armadio dei suoi genitori, spalancò le ante e rovistò tra i maglioni di suo padre, perdendosi nel suo odore di tabacco e sambuco. Nascose il suo esile corpo all'interno di quelle maniche larghe e provò di nuovo a ritrovare quella sensazione di calore provata con le parole di Timothée. Ma non riusciva ad afferrarla. Non più ormai. Sentì il cellulare squillare più volte, ma non se la sentiva di parlare con nessuno. Voleva soltanto allontanare questa sensazione di angoscia che le mordeva le viscere. Avrebbe voluto riavvolgere il nastro, non ricevere mai la telefonata di sua madre. Voleva rimanere a cantare sul balcone insieme ai suoi vicini.

Aprì il frigo, cercando di mangiare più schifezze possibili, tutte quelle che riusciva a trovare. Prese il Philadelphia e iniziò a spalmare la crema al formaggio sui crostini finché la scatolina non risultò vuota, raschiata fino al bordo. Poi svuotò la scatoletta della pancetta a cubetti, quella che aveva preso per farsi una carbonara bella saporita. Dopo fu il turno dei biscotti alla nutella, e dei Togo.

Tutto per riempire quel vuoto che sentiva e che non riusciva a colmare con niente. Niente era sufficiente, niente poteva farla sentire meglio.

Svuotò una bottiglia di birra velocemente, con abbondanti sorsate. E subito dopo ne svuotò un'altra. Fino a che sentì lo stomaco ribellarsi, come una marea, come quando un lavandino s'intasa e l'acqua non riesce più a scendere. Si sentiva un vulcano pronto ad esplodere e le gambe fecero appena in tempo a piegarsi in ginocchio davanti alla tazza del cesso, per svuotarsi completamente di tutto quello che aveva pigiato a forza dentro di sé. Sentì gli occhi lacrimare per lo sforzo, mentre i pezzi di quello che aveva appena masticato percorrevano la strada opposta, strusciando sulle pareti della sua gola in fiamme.

TOUCHWhere stories live. Discover now